Fabrizio Vettosi, managing director di Vsl Club Spa Investment & Advisory nonché uno dei banchieri di investimento più apprezzati sul mercato italiano, ha esaminato in maniera accurata la storia economica del Napoli dal 2004 ad oggi, ovvero gli anni dell’era De Laurentiis, in cui i partenopei sono passati dalla Serie C allo storico terzo scudetto del club che sta per essere festeggiato.
Una gestione, quella di De Laurentiis, in cui l’equilibrio economico-finanziario è sempre stato al centro. Partendo dai ricavi, dal ritorno in Serie A il Napoli ha registrato ricavi ricorrenti (a prescindere quindi dalle plusvalenze) pari a circa 146 milioni di euro, con una media dei ricavi complessivi attestatasi sui 181 milioni di euro. Ricavi su cui la componente diritti tv è sempre stata la voce più corposa (pari al 49% aggregato), portando a riflessioni anche sulla gestione della società da parte di De Laurentiis: se i diritti tv sono la voce più importante, non serve quindi né un corporate staff particolarmente costoso (tanto che il Napoli ha un struttura circa sette volte inferiore alla Juventus in termini di staff) né investire in onerose ed inutili infrastrutture come gli stadi, difficili da rendere redditizi nel calcio italiano.
Napoli, i costi legati all’area tecnica
Più che sui ricavi in quanto tali, la leva cruciale è probabilmente rappresentata dalla gestione dell’area tecnica, proprio dove il patron del Napoli ha puntato maggiormente sull’attenzione e sull’equilibrio. Eppure, i costi operativi per il club partenopeo nell’ultimo decennio sono più che raddoppiati, mentre i ricavi sono nel momento di picco massimo del 40%. L’unico frangente in cui l’attenzione è calata è stata nel periodo tra il 2017 e il 2021 (nella gestione tecnica Ancelotti), con un significativo impatto negativo sul Margine Operativo Lordo, tanto che per la prima volta nel 2021 il Napoli ha conseguito un EBITDA negativo.
Da qui quindi la scelta di De Laurentiis di tornare alla strategia del passato, fatta di attenzione ai costi più che ai Ricavi, investire limitatamente al EBITDA prodotto e su asset calcistici prospettici in età inferiore ai 26 anni: il focus sulla parte sportiva ha consentito al club di attenuare gli effetti negativi della strategia nel periodo di Ancelotti e di riprendere la strategia perseguita nel passato, ritornando all’equilibrio economico attraverso la gestione operativa corrente. Tanto che per il 2023 le stime parlano di un ritorno ad un Margine Operativo Lordo in positivo derivante dalla gestione corrente (escluse plusvalenze)e un EBIT che si avvicina al positivo.
Sempre guardando all’utilizzo delle risorse, il Napoli nell’era De Laurentiis ha investito circa 962 milioni di euro nei calciatori, a fronte di un cash-flow generato pari a 985 milioni di euro: significa che oltre il 95% delle risorse finanziarie prodotte è stata investita in calciatori.
Nell’analisi, inoltre, si guarda anche al confronto tra il club partenopeo e una big come la Juventus: negli ultimi cinque anni, il Napoli ha generato dall’operatività corrente oltre 100 (Ebitda corrente cumulato) a fronte dei -22 milioni della Juve; inoltre i bianconeri hanno assorbito risorse per oltre 650 milioni di euro, mentre nello stesso periodo i partenopei hanno assorbito solo circa 55 milioni mantenendo una cassa “positiva” e realizzando molti investimenti con forte upside potenziale (come Osimhen e Kvaratskhelia tra gli altri).