Milan, l'ex ad Fassone fece pedinare quattro giornalisti

Enrico Currò e Luca Pagni di Repubblica, Carlo Festa de Il Sole 24 Ore e Tobia De Stefano di Libero, sono questi i nomi dei quattro giornalisti fatti pedinare dall’ex ad del Milan, Marco…

Benevento - Milan

Enrico Currò e Luca Pagni di Repubblica, Carlo Festa de Il Sole 24 Ore e Tobia De Stefano di Libero, sono questi i nomi dei quattro giornalisti fatti pedinare dall’ex ad del Milan, Marco Fassone, da un’agenzia investigativa privata per capire quali fossero le fonti delle notizie finanziarie pubblicate sul club rossonero nei mesi scorsi.

La notizia dell’indagine privata sui quattro giornalisti emerge dalle carte della causa davanti al Tribunale del lavoro di Milano che vede opposti Fassone, assistito dagli avvocati Francesco Rotondi e Luca Failla, al Milan, assistito dall’avvocato Claudio Morpurgo. Causa avviata dallo stesso Fassone chiedere il reintegro dopo il licenziamento avvenuto a metà agosto.

Secondo i resoconti riportati su alcuni quotidiani, tra cui la stessa Repubblica, Fassone ai tempi della proprietà cinese del Milan avrebbe data incarico a un’agenzia investigativa privata, la Carpinvest srl, con l’obbiettivo di arginare una presunta fuga di notizie e per capire come i cronisti fossero in grado di pubblicare notizie sulle mosse finanziarie del club.

Tutto sarebbe comincia nel gennaio 2018. Le notizie uscite sui giornali avrebbero fatto infuriare gli allora vertici del Milan, convinti che a fornire le informazioni ai giornalisti sarebbe stata una talpa nel club.

Sulla carta stampata escono infatti dettagli economici e piani industriali della società: sono i giorni in cui i guai finanziari del Milan di Yonghong Li cominciano ad affiorare.

Si inseguono indiscrezioni sulla possibile ricerca di un nuovo socio, si parla di fondi di investimento arabi interessati.

Si inizia a mettere in dubbio che Yonghong Li abbia le risorse per far fronti agli impegni presi: sia per finanziare il Milan ( che ha 8-10 milioni di perdite al mese), sia per restituire al fondo Elliott quasi 380 milioni avuto in prestito per comprare il Milan dal gruppo Fininvest, prima della fine del 2018.

A fine gennaio esce l’indiscrezione secondo cui l’uomo d’affari cinese avrebbe bussato alla porta della banca d’affari americana Merrill Lynch per trovare un fondo che gli prestasse dei soldi o anche un nuovo socio per il club rossonero.

I giornali ne scrivono e la cosa non passa inosservata. Il mandato agli investigatori viene dato durante una riunione in sede, in cui sarebbe stato chiesto di fare “monitoraggio dinamico” (cioè pedinare) i quattro cronisti dal 19 febbraio al 2 marzo.
Controllati anche i dipendenti
Al centro delle attività investigative finiscono anche alcuni dirigenti del Milan, sospettati di aver parlato con i giornalisti. In particolare vengono fatte indagini di digital forensics, ovvero controlli su notebook, tablet e smartphone del personale dirigente della società (con la loro autorizzazione) per capire se le notizie fossero uscite da lì.

Viene anche inviata una richiesta alla Telecom per verificare i tabulati di quattro utenze telefoniche aziendali a disposizione di altrettanti dirigenti: si tratta di Agata Frigerio, Giuseppe Mangiarano, Giovanna Zian e Angela Zucca.

Il timore che alcune conversazioni possano essere spiate porta gli ex vertici dell’azienda a chiedere anche una bonifica ambientale negli uffici di Casa Milan. Tutte queste attività di controllo, si legge nella lettera, avrebbero avuto esito negativo.