Tiene banco in questi mesi il dibattito sulla riforma delle competizioni europee per club. Dalla Champions League, con l’ipotesi della creazione di una Super Lega tra i migliori club, all’Europa League, economicamente marginale rispetto alla sorella maggiore.
Quel che è successo negli ultimi anni in Europa è sotto gli occhi di tutti. CF – calcioefinanza.it ha analizzato da diversi punti di vista l’evoluzione della competitività tra i diversi club a livello europeo.
Un fattore decisivo è stato certamente il fatto che dalla Legge Bosman in poi il mercato dei calciatori è diventato europeo, consentendo così la concentrazione di campioni in poche squadre e divaricandosi rispetto alle competizioni che sono rimaste strutturate su base nazionale, con l’Europa come aggregatore anzichè come realtà unica.
A questo sistema non ha mai corrisposto un sistema europeo delle competizioni che, proprio come quello nazionale, premiasse il merito “europeo” dei singoli club.
Champions ed Europa League alla luce del mercato e delle regole attuali, sono l’equivalente di una Serie A, non con le 20 migliori formazioni ma costruita pescando ad esempio le 6 migliori di A più le 5 migliori di B le 4 di C e cosi via…
Se la si pensa in questo modo si può trovare nelle richieste dei grandi club europei, che evidentemente suonano come una prevaricazione dei più ricchi nei confronti dei poveri, una qualche ragione.
L’UEFA è stata posta sin da gennaio 2016 davanti a un bivio: rinnovare le competizioni a partire dalla Champions o rassegnarsi a vedere la nascita di una Super Lega chiusa.
Ma il calcio europeo ha una doppia tradizione: quella dei campionati nazionali e quella del livello europeo, che oggi è economicamente l’ambito più ghiotto, e potenzialmente quello che si può sviluppare di più.
E’ possibile una soluzione rispettosa degli interessi di tutti così come della tradizione? Probabilmente si. L’unica premessa è che bisogna guardare con occhio disincantato la situazione attuale e pensarla in divenire.
Tornare oggi alla vecchia Coppa dei Campioni sarebbe noioso, oltre che anacronistico, ma anni fa questa era una ragione che in molti sostenevano.
La soluzione può essere la creazione di un sistema piramidale del calcio europeo, esattamente come esiste in ogni nazione, dove le squadre di Serie A partecipano sempre alla serie A eccezion fatta per alcune retrocesse, e cosi via di livello in livello.
Quanto segue è un’ipotesi, ma chiaramente rappresenta una linea guida e i numeri, benchè discutibili fin che si vuole, non sono pensati a caso.
Un sistema europeo piramidale potrebbe partire da una struttura su 3 competizioni (che qui chiameremo per semplicità C1, C2 e C3), con 100 squadre ammesse nelle coppe ogni anno.
Il sistema si realizzerebbe al meglio se i campionati nazionali dei principali paesi passassero a 16 squadre (30 partite all’anno) a cui andrebbero a sommarsi impegni europei fino ad un massimo di 20 gare.
La struttura a 100 squadre.
C1: 20 squadre. C2: 32 squadre. C3: 48 squadre.
Di fatto sono previste 20 squadre in più rispetto a quelle che attualmente prendono parte ai gironi di Champions e Europa League, e di fatto sarebbero tutte squadre minori.
C1, perchè 20 squadre? La necessità dei grandi club non è solo quella di poter partecipare stabilmente alle coppe, ma anche quella di avere il maggior numero possibile di supersfide europee. Le 32 squadre attuali di Champions limitano questa ipotesi. Limitare la C1 a 20 darebbe invece più scontri di alto livello.
Prendiamone una a caso: il Real incontra Dortmund nei gironi e poi se gli va bene ne trova 1/2 tra Bayern, Barcellona, ManCity o le altre top nei playoff. Con il rischio di uscire subito.
Si può dire che la Champions attuale premia realmente il migliore?
Non dimentichiamo che i tifosi sono attratti ovviamente da partite tra squadre di maggior blasone e con più pathos competitivo, mentre ovviamente le tv hanno tutto da guadagnare nel vedere più Juventus – Barcellona e meno Dinamo Zagabria – Juventus.
Pensiamola così: 20 squadre divise in 4 gironi da 5, che ammettono alla seconda fase le migliori 4 di ogni girone mentre le quinte retrocedono in C2.
Dopo la seconda fase le prime 8 danno vita ai playoff, con abbinamenti creati non per sorteggio ma in base a tutti i risultati ottenuti fino a quel punto (la prima trova l’ottava, la seconda la settima e cosi via…) in modo da valorizzare al massimo ogni singolo match.
Anche dal punto di vista dei calendari la C1 lascerebbe più spazio agli altri: ogni settimana ci sarebbero un massimo di 8 partite, distribuite su diverse fasce orarie.
In totale quindi una C1 da 19 partite massimo (8+6+5) per la quale servirebbero 21 date (i gironi a 5 prevedono 10 giornate). Ovviamente le 8 date in più rispetto al formato attuale sarebbero ricavabili dalle minori partite dei campionati nazionali, con l’abolizione dei turni infrasettimanali e pure la possibilità di sfruttare 4 week end, una interessante novità per avvicinare i mercati asiatici, attualmente esclusi dalla Champions che da loro si gioca di notte.
Come si scelgono le 20 partecipanti?
1° anno: 20 migliori del ranking
2° anno: 16 qualificate alla seconda fase più 4 promosse dalla C2.
IMMAGINANDO UNA COPPA DEL GENERE SULLA BASE DEL RANKING 2016 QUEST’ANNO SI POTREBBERO AVERE QUESTI GIRONI:
A: Real Madrid – Chelsea – Juventus – Zenit – Bayer Lev
B: Bayern M – Benfica – Arsenal – Sevilla – Basilea
C: FC Barcelona – PSG – ManCity – Porto – Shalke
D: Atletico M – Borussia DTM – Valencia – Napoli – ManUtd
Non male vero?
Alla seconda fase ovviamente bisognerebbe evitare gli incroci della prima fase (e nei limiti del possibile tra squadre dello stesso paese).
La C2 sarebbe invece formata da 32 squadre, con 8 retrocessioni ed 8 eliminazioni.
Dopo una prima fase con 8 giorni da 4 (6 partite), la seconda fase avrebbe 20 squadre: le prime 2 più le eliminate della Champions. A quel punto sulla base di 5 gironi da 4 si qualificherebbero le prime 5 e la migliore seconda, mentre le altre seconde spareggerebbero per giocare i quarti.
Quarti di finale che diventerebbero già decisivi perchè le 4 vincitrici oltre che semifinaliste sarebbero anche promosse alla C1 della stagione successiva.
Criteri di selezione:
1° anno: 32 squadre tra il 21esimo e il 52esimo posto nel ranking
2° anno e successivi: 16 squadre che l’anno precedente hanno giocato la seconda fase (ovvero tutte meno le 4 promosse) + 8 promosse dalla C3 + le 8 squadre con il miglior ranking europeo che non hanno diritto a giocare in C1 o C2 (potenzialmente potrebbero esserci squadre che hanno ben figurato in C3 senza ottenere la promozione).
IMMAGINANDO UNA COPPA DEL GENERE SULLA BASE DEL RANKING 2016 QUEST’ANNO SI POTREBBERO AVERE QUESTI GIRONI
A Shaktar – Villareal – Dnipro – Sp Braga
B AtBilbao – Ajax – Anderlecht – Salisburgo
C Tottenham – Inter – Rubin – Malaga
D Olympiakos – Galatasaray – Sporting L – Bruges
E Milan – PSV – CSKA Mosca – Borussia M
F Dinamo Kiev – Fiorentina – Marsiglia – Hannover96
G Lazio – Liverpool – Viktoria Plzen – Fenerbahce
H Lione – Wolfsburg – AZ Alkmaar – Roma
In sostanza per C1 e C2 non ci sarebbe più qualificazione su base nazionale (quindi addio ai 4 posti o 3 posti fissi dei campionati) ma solo sulla base del ranking, che – ricordiamolo – considera i risultati europei delle singole squadre negli ultimi 5 anni.
Ovviamente la C2 (ma anche la C3) si giocherebbero poi fino alla fine per avere una vincente, ma anche per far guadagnare ulteriori punti ranking alle squadre vincenti che in questo modo avrebbero una posizione più vantaggiosa nella stagione successiva.
La C3 avrebbe a questo punto 48 squadre e lo svolgimento sarebbe esattamente come l’attuale Europa League. 12 gironi da 4 con 2 qualificate che accolgono ai sedicesimi le 8 retrocesse dalla C2.
La novità: gli ottavi di finale sarebbero già decisivi perchè le vincenti verrebbero promosse in C2.
Da lì alla finale i punti sarebbero comunque fondamentali per il ranking.
Chi partecipa alla C3? Ogni paese qualifica lo stesso numero di squadre attualmente previste per l’Europa League più le eventuali squadre non incluse in Champions.
Nel caso dell’Italia quindi sarebbero 3 le qualificate alla C3. Ma bisognerebbe considerare che 7 squadre italiane sarebbero già qualificate per C1 e C2.
I grandi paesi dovrebbero continuare comunque a qualificare le loro squadre alla C3 per rendere effettiva la competizione, fino ad un massimo di 10 totali tra le varie Coppe per ogni paese.
Prendiamo invece un paese “minore” come la Danimarca: al momento il Copenhagen non avendo un ranking adeguato sarebbe fuori dalla C1 e anche dalla C2. La Danimarca porterebbe quindi 4 squadre alla C3.
Ovviamente per scremare le 48 partecipanti alla C3 bisognerebbe strutturare un sistema di preliminari. La novità potrebbe essere l’ammissione di diritto ai gironi di 24 squadre campioni dei rispettivi paesi non incluse in C1 e C2.
Una ulteriore suggestione potrebbe essere la rinascita della Coppa delle Coppe come torneo estivo. Un po’ come una volta esisteva l’Intertoto. Si tratterebbe di separare le 54 squadre vincenti delle coppe nazionali e creare un torneo in stile FA Cup a gare uniche e eliminazione diretta che ammetterebbe le semifinaliste alla C3.
Le finaliste potrebbero poi disputare una final four in un grande evento agostano abbinato anche alla Supercoppa Europea.
Alla fine quindi le 48 di C3 sarebbero le 24 squadre campioni escluse da C1 e C2 più le 4 della Coppa delle Coppe, più 20 squadre dai preliminari.
Chiaramente una squadra, pur partendo dalla C3, potrebbe consolidarsi e arrivare a giocare anche la C1. Peraltro con un sistema del genere che di fatto riconoscerebbe un blasone europeo nel tempo sarebbe più facile anche per investitori internazionali andare a scommettere su piazze importanti anche di paesi attualmente fuori.
Sarebbe questo l’effetto più interessante dell’adozione del ranking europeo come criterio di ingaggio.
Un conto è doversi giocare ogni anno l’accesso all’Europa League, un conto è poter costruire un ranking adeguato e sapere di poter giocare ogni anno una C2 che potrebbe anche garantire 12 partite sicure di livello europeo alla propria squadra.
Un sistema del genere avrebbe numerosi vantaggi:
- alzerebbe il livello competitivo delle tre competizioni rispetto alle 2 di adesso
- avrebbe molte più partite incerte, molti più obiettivi, di fatto in ogni momento dell’anno creerebbe dei verdetti: le retrocessioni a novembre-dicembre, le promozioni a marzo-aprile, le vincitrici a maggio
- garantirebbe l’utilità di ogni singola partita perchè tutto farebbe classifica in chiave ranking (che ad oggi serve solo per stabilire le urne dei sorteggi)
- aumenterebbe le potenzialità dei mercati locali garantendo a 20 squadre che ad oggi sono escluse di partecipare alle coppe europee
- garantirebbe posti europei alle squadre campioni che spesso oggi sono escluse
- permetterebbe alle squadre di costruirsi una storia europea: oggi infatti ci sono club che si qualificano all’Europa, magari fanno anche bene (prendete, una a caso, il Midtylland dello scorso anno, o il Dnepr di due anni fa) ma che poi nella stagione successiva vengono esclusi. Lo stesso Leicester: tutto bello, la favola, gli ottavi di Champions, ma dall’anno prossimo sarà fuori e le coppe le vedrà con il binocolo a meno di nuovi miracoli. Così invece potrebbe costruirsi una sua storia, consolidarsi, diventare squadra di rango anche europeo, ovviamente iniziando a giocare contro avversari “minori”, ma con l’ipotesi di crescere e – a meno di clamorose eliminazioni – poter giocare le Coppe Europee stabilmente nei prossimi anni.
Tutto come detto è contestabile di questo sistema ma ci sono alcuni principi di fondo:
- meno squadre in C1 per aumentare il livello competitivo e il numero di big match, ma anche per alzare il livello della seconda coppa
- passaggi da un livello all’altro meglio se infrastagionali per aumentare il valore di alcune partite solitamente secondarie (tipo un quarto di finale di C2 o un ottavo di C3)
- allargamento del numero di partecipanti annuali ai gironi
- adozione di un sistema piramidale fortemente basato sul ranking
- nessun tipo di ammissione per meriti storici (se non quelli legati ai risultati degli ultimi 5 anni previsti dal ranking)
- ragionare su eventi (vendibili) e obiettivi per rendere ogni passaggio non banale e ogni sfida in qualche modo decisiva.