Ferri (Sky Sport): «La pirateria è un dramma per i club e per i broadcaster»

«Il calcio è un’industria, ma non può ignorare che l’industria si basa sul gioco e senza gioco scompare l’industria. Noi dobbiamo parlare del gioco, raccontare il gioco».

Ferri pirateria Sky
(Foto: Sebastian Widmann/Getty Images)

Nell’ambito dell’affare “Prospettive di riforma del calcio italiano”, si sono tenute oggi in Commissione Senato le audizioni di alcuni rappresentanti delle principali emittenti impegnate sul mondo del pallone in Italia. Tra gli interventi, oltre a quello di Romano Righetti (External and public affairs director Europe di DAZN) (si registrano anche le parole del direttore di Sky Sport, Federico Ferri.

«Il risultato non può descrivere alla perfezione lo stato di un movimento sportivo», ha esordito parlando del calcio italiano. «E questo vale anche per i club nelle competizioni europee nelle ultime due stagioni. Nella prossima Champions ci saranno cinque squadre italiane, una in più di campionati ritenuti superiori al nostro, ma questo non garantisce uno stato di salute buono per il movimento, e sappiamo che non lo è».

Ferri ha spiegato che «è vero che ci sono tanti stranieri e pochi italiani e che per Spalletti ci sono poco più di 200 giocatori selezionabili, troppo pochi, ma dobbiamo dire che in Premier League la possibilità di attingere a calciatori per Southgate è il 32% inferiore all’Italia. A fare la differenza è il livello di talento, ma soprattutto l’esperienza all’estero che per gli italiani è di poco conto».

Secondo il direttore di Sky Sport «produciamo pochi giocatori di alto livello, sia italiani o stranieri, non abbiamo uno Yamal, ma non riusciamo ad arrivare vicino alla formazione e all’educazione di giocatori del genere e non andiamo a cercarli nel bacino di nuovi italiani come fa invece l’atletica leggera italiana. Dai numeri sembra che i bambini e i ragazzi giochino meno a calcio e questo è quello sollevato da Zola, che diceva come da piccolo lui giocasse 6-7 ore al giorno, mentre ora le stesse ore le giocano in una settimana».

«E questo – ha continuato – è dato dal fatto che chi vuole giocare lo fa nelle scuole calcio che vanno sempre sostenute. Ma l’assenza dei cortili e degli oratori fa scendere le ore della pratica del calcio, che non viene fatto nemmeno a scuola perché il calcio non viene considerato sport in grado di formare, mentre negli Stati Uniti è considerato tale specialmente fra le bambine e in Italia c’è un problema legato al femminile».

Non solo. Per Federico Ferri «il sogno del calciatore è sceso dai primi posti fra i bambini che ora sono cresciuti e seguono meno il calcio. Bisogna anche pensare alla riforma sociale del calcio. Abbiamo ora il migliore momento del tennis italiano, la nazionale di atletica più forte di tutti i tempi, due nazionali di volley fra le più quotate per i giochi, nuoto e scii. Il tema centrale è che questi campioni sono stati in grado di creare un meccanismo ispirazionale che il calcio in questo momento difficilmente riesce a creare».

«E qui nasce un problema anche a livello economico, perché questi campioni creano praticanti e affezione nei confronti di altri sport. Basti pensare agli ascolti televisivi. A Sky, per esempio, se andate a vedere i titoli di Sky Sport 24 sugli altri sport, questi sono cresciuti in maniera esponenziale. L’età dell’oro degli altri sport deve dare al calcio un insegnamento. Il calcio deve ripartire da dei valori e soprattutto dalla comunicazione che dà di sé all’esterno», le parole del direttore di Sky Sport.

«Il calcio è un’industria, ma non può ignorare che l’industria si basa sul gioco e senza gioco scompare l’industria. Noi dobbiamo parlare del gioco, raccontare il gioco. Dobbiamo portarlo nelle case per far appassionare di nuovo i ragazzi al calcio. Da questo punto di vista, togliere strumenti a club e broadcaster attraverso il parassita della pirateria è drammatico per il sistema calcio italiano».

In chiusura Ferri ha aggiunto che «sulla scuola c’è un altro aspetto relativo alla formazione degli atleti. L’istruzione è fondamentale per costruire un percorso di solidità mentale e psicologica, per affrontare il mondo del professionismo. L’abbandono della scuola è un tema anche legato al mondo del calcio e la sua sottovalutazione porta dei problemi per gli atleti in ambito comunicativo e di come si reagisce alle pressioni».