Ricavi monstre, equilibrio, immagine: come il Real Madrid è diventato un gigante dell'economia

Il Real Madrid è un gigante economico. Non solo sportivo. I numeri parlano chiaro: i ricavi lordi (che comprendono quindi anche le plusvalenze) superano nettamente la barriera dei 600 milioni…

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Il Real Madrid è un gigante economico. Non solo sportivo. I numeri parlano chiaro: i ricavi lordi (che comprendono quindi anche le plusvalenze) superano nettamente la barriera dei 600 milioni di euro, mentre quelli netti sono di 578 milioni. Nel mondo, non c’è nessuna squadra di qualsiasi sport in grado di guadagnare tanto.

Eppure, fino all’inizio dello scorso decennio, il club era sì stato nominato dalla Fifa come squadra del secolo, ma le vittorie sul campo non corrispondevano allo strapotere economico. Come ha fatto il Real a conquistare tale primato, diventando di fatto una multinazionale?

Il contro economico e il trend dei ricavi

Il club ha registrato un fatturato di 577,6 milioni di euro. Nel dettaglio, i ricavi sono composti per 151,4 milioni da ricavi da stadio e soci, 51,5 da amichevoli e gare internazionali, 163,4 ricavi da tv, 211,1 i ricavi commerciali. I costi del personale ammontano a 289 milioni, gli altri costi a 153 milioni. Il risultato dal mercato è di 68 milioni, l’EBITDA è di 203,4 milioni. Gli ammortamenti ammontano a 139 milioni, il risultato operativo è di 63,7 milioni. Al netto delle imposte, il Real può registrare un utile di 42 milioni di euro. 

Il totale del fatturato è una prima buona notizia, per il club della capitale spagnola, visto che la stagione 2013/14 aveva registrato un fatturato di 549,5 milioni di euro, che era valso ancora una volta il primo posto nella classifica specializzata Football Money League, stilata come ormai ogni anno da Deloitte.

Un dominio incontrastato, quello dei Blancos: parliamo del primo club europeo per ricavi dal 2004/05, anno in cui il club registro un fatturato di 270 milioni di euro. Da quel momento, la crescita è stata costante: si è passati dai 292 milioni del 2005/06 ai 366 del 2007/08, dai 439 del 2009/10 ai 578 attuali, che registrano un incremento di 28 milioni (+5,1%) rispetto a quello già sostanzioso dello scorso anno. In tutto, parliamo di un tasso medio di crescita dell’11% annuo dal 1999 ad oggi.

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Bilancio Real Madrid, il trend dei ricavi registra un tasso di crescita medio annuo dell’11%

La stabilità economica attraverso la diversificazione dei ricavi

Guardando alla composizione del fatturato, è possibile suddividerlo in tre grandi aree più una: marketing, stadio, amichevoli e competizioni internazionali più i soci. Nella torta non comprendiamo i ricavi dal calciomercato. Nella stagione passata, il club ha potuto basare i propri enormi ingresos contando soprattutto su stadio e marketing. Non è un caso che l’Informe Economico del Real spieghi in maniera chiara che “Per quanto riguarda l’evoluzione futura, il rafforzamento dell’immagine del club attraverso investimenti
in grandi giocatori e il loro sfruttamento commerciale attraverso lo sviluppo di linee d’espansione del business e internazionale continua, essendo uno dei principali vantaggi del club di mantenere la propria competitività e la sua posizione come punto di riferimento nel mondo del calcio“.

Un lavoro sull’immagine, dunque, che ha avuto come effetto primario quello di portare sempre più verso l’equilibrio tra le fonti di ricavo del club. Per capirlo, si può cominciare facendo un confronto tra l’odierno fatturato e quello della stagione 1999/2000. All’epoca, i ricavi totali del club erano di 118 milioni di euro. Nel dettaglio, il 26% proveniva dal marketing, il 34% dai diritti tv e il 40% da stadio e dai soci.

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Bilancio Real Madrid, l’evoluzione dei ricavi va verso l’equilibrio

Nel corso del tempo, il club ha intrapreso una politica economica volta alla riduzione del peso dei ricavi da broadcasting: una scelta che potrebbe rivelarsi in effetti vincente, considerato il nuovo corso della ripartizione dei proventi da tv che verrà attuata in Spagna, anche se tale effetto verrà almeno inizialmente ammortizzato: parte di tali ricavi verrà stabilito in base alla posizione in classifica delle ultime stagioni e in questo senso il Real (così come il Barça) non avrà di che lamentarsi.

In generale, avere fonti di ricavi molto vicine fra loro come quantità ha un vantaggio: quello di creare una sorta di cuscinetto in caso di minori entrate conseguenti a prestazioni minori sul campo rispetto all’anno precedente. L’ultimo bilancio, confrontato a quello dell’anno precedente, ne è un esempio lampante. Nel 2014 il Real Madrid ha vinto la decima Champions League, arrivando a ottenere ricavi da gare internazionali (nel conto il club inserisce anche le remunerazioni sulle amichevoli) per 72 milioni di euro. Nel 2015 tale dato è stato di 51 milioni, visto che il club non è riuscito a ripetersi in Europa, ma la flessione su questa voce di ricavo non ha influito sul fatturato, che come visto è anzi aumentato: i ricavi commerciali, nel 2014 di 174 milioni, sono arrivati a 211 milioni nel 2015.

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Secondo il bilancio del Real Madrid, il rapporto tra costi del personale e i ricavi è al 50%, ben al di sotto della soglia raccomandata del 70%

Dunque l’aspetto più importante è quello che riguarda la stabilità economica del club attraverso la diversificazione dei ricavi. Che nel 2014/15 sono così composti: 37% marketing, 28% diritti tv, 26% stadio e soci, 9% amichevoli e competizioni internazionali. E che consentono al club, accompagnandola ad una decisa campagna di attenzione per i costi, di risultare più equilibrata, quindi virtuosa. Per arrivare a quest’ultima conclusione, si utilizza un metodo internazionalmente riconosciuto: quello del rapporto tra ricavi e costo del personale (289,2): più si è al di sotto del 70%, così come raccomanda l’Eca (l’Associazione europea dei club), più è alto il valore di eccellenza del club. Quello del Real Madrid è al 50%. 

Un lavoro d’immagine

Come detto, le voci relative a marketing e stadio sono quelle che hanno contribuito di più alla crescita del club. Una nuova veloce occhiata al conto dei ricavi dice già molto: 140 milioni ha ricavato il club dallo stadio nel 2014, contro i 151 del 2015. Ancora più alti i ricavi commerciali: 211 contro 174 milioni dell’anno precedente.

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Bilancio Real Madrid, gli investimenti operati dal club dal 2000 ad oggi

Due voci che hanno in comune la voglia del club di lavorare sulla propria immagine. Perchè una squadra può vincere tutto sul campo, ma deve anche essere portatrice di un “messaggio”. Un discorso che al Manchester United hanno saputo monetizzare al meglio: nonostante il club abbia subìto sul campo l’addio di Alex Ferguson, per via di un’immagine consolidata negli anni è riuscita ad aggiudicarsi il mega-contratto da 94 milioni di euro con Adidas, che si sono aggiunti ai 60 di Chevrolet.

Che ci sia qualcosa in comune tra il Bernabeu e il marketing, lo dimostrano prima di tutto gli investimenti fatti. Cominciamo dallo stadio: negli ultimi 15 anni, il Real ha speso 213 milioni di euro (che si aggiungono ai 184 per la Ciudad Real Madrid) per modernizzare il Bernabeu e “migliorane la funzionalità e qualità per gli spettatori”, come spiega il bilancio. Il che significa avere un ritorno economico. In due modi. Il primo è portare sempre più gente allo stadio, puntando non solo sui biglietti ma sui servizi che potremmo definire “premium”. Ovvero lavorando sull’area Vip, che ha visto nell’ultima stagione aumentare le presenze da 14mila a circa 17mila, per un’incisione su ricavi da stadio del 19%. Si tratta di presenze strategiche: nei 540 posti destinati a vip ci sono rappresentanti di diverse multinazionali.

Ed è qui che nascono gli affari, cioè il secondo modo per fare affari con lo stadio. Come quello che ha portato il club a stringere un accordo con Ipic, sigla che sta per Abu Dhabi’s International Petroleum Investment Company, che altri non è che il fondo sovrano di Abu Dhabi nato per operare investimenti nel campo energetico e poi espanso negli anni. Da notare che il chairman è Mansour bin Zayed bin Sultan bin Zayed bin Khalifa Al Nahyan, lo stesso che è a capo dell’Abu Dhabi United Group, società veicolo nata per acquisire il Manchester City nel 2008.

L’accordo, siglato il 28 ottobre 2014, prevede una partnership con il Real che prevede i naming rights del museo del club e la sovvenzione delle scuole calcio della Casa Blanca. Non solo: l’accordo prevede che il Bernabeu diventi “Il luogo dedicato allo sport più bello al mondo”: le cifre non sono state rese note, ma Ipic contribuirà alla ristrutturazione totale dello stadio, prendendone i naming rights (probabilmente attraverso la controllata Cepsa) per circa 500 milioni di euro. Magari il prossimo accordo verrà sancito al Real Madrid Cafè di Dubai, inaugurato un anno fa.

Gli investimenti riguardano anche la parte commerciale. Perché non si tratta solo di incassare soldi tramite contratti di sponsorship (alcuni dei quali andranno ridefiniti, come quello con Adidas), ma anche di acquistare giocatori che possano essere sfruttati per la parte commerciale e non solo sul campo. L’ultimo grande esempio in questo senso è stato quello di James Rodriguez. Il club conferma che il colombiano è stato, al primo anno in rosa, il giocatore “con la maggiore attività commerciale”, grazie al suo essere diventato sponsor, nell’ordine, di Toyota, Huawei, Fuji TV, Dentix, Pepsi.

Non è l’unico, ovviamente: Keylor Navas è testimonial di Movistar in Costa Rica, Garteh Bale per la Sony in Spagna e Regno Unito. Il tutto si unisce ad una metodica gestione del merchandising, per cui Adidas riserva al club un trattamento speciale: per fare un esempio, nel mega store della casa tedesca sugli Champs Elysées, a Parigi, il Real è l’unico club che ha diritto ad avere i manichini personalizzati al centro del negozio, al piano terra. I grandi brand lavorano così.