Due giorni dopo il sequestro dei suoi device a Coverciano, Sandro Tonali ha deciso: si autodenuncerà alla Procura federale, ammetterà delle responsabilità e quindi è probabile che confessi di aver puntato su partite di calcio. La strada è stata aperta da Nicolò Fagioli, l’uomo da cui tutto è nato con l’inchiesta dei pm di Torino per scommesse sui siti illegali, diventata in un amen uno tsunami sul calcio italiano.
Tonali con i suoi legali e l’agente hanno deciso di fare tutto il possibile per rimediare, soprattutto pensando alla carriera del giocatore. Per evitare la squalifica di tre anni prevista dal codice di giustizia sportiva – parliamo del minimo – Tonali ha capito che l’unica strada è patteggiare per dimezzare la pena. Da qualche ora i suoi legali hanno aperto una linea con il procuratore federale Giuseppe Chinè: sarà ascoltato prossimamente.
In ogni caso Tonali nel fascicolo di Chinè era già iscritto: è il nome che avrebbe fatto Fagioli, spiegando che proprio l’ex milanista lo avrebbe aiutato a installare sul telefono l’applicazione per giocare. E tutto questo – spiega La Repubblica – lascia spazio al giocatore del Newcastle per provare ad alleggerire la propria posizione, collaborando con i pm della Federcalcio, per poi rompere il silenzio anche pubblicamente.
Sullo sfondo della vicenda, iniziano a materializzarsi anche rischi più seri. Perché la violazione del divieto di scommessa corre sul filo di una fattispecie molto più seria: l’illecito sportivo. E non è necessario aver combinato una partita per incorrere in una accusa come questa: basterebbe ad esempio aver puntato su una propria ammonizione, e poi essere stato effettivamente ammonito, per essere accusato di aver «alterato lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione».
Una accusa che espone un calciatore al rischio di una squalifica non inferiore ai quattro anni. Stesso discorso per un calcio d’angolo, o qualsiasi altra azione che incida sullo svolgimento della partita.