Nel suo giro di visite a Torino, fra cui l’Università per parlare ai giovani di sviluppo sostenibile e alla Continassa, il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha affrontato vari in una lunga intervista al quotidiano La Stampa.
Si parte da quello più caldo, visto il susseguirsi delle udienze in tribunale a Milano per il processo ultras che vede coinvolti gli ex esponenti di spicco del tifo organizzato di Inter e Milan. «Vedo ancora squadre che si recano sotto la curva alla fine della partita per parlare con gli ultras (l’ultimo esempio è la Lazio dopo il netto ko a Bologna, ndr). Si tratta di un comportamento vietato dalle norme, e non da oggi. Gli Slo (i referenti per le tifoserie, ndr) devono portare la squadra negli spogliatoi. Altrimenti, ho chiesto di far rispettare il codice di giustizia sportiva, che prevede squalifiche per chi si presta a quella che è, a tutti gli effetti, una gogna».
Poi ci sono le misure da mettere in campo per evitare gli scontri tra tifoserie, che coinvolgono anche le forze dell’ordine. Un esempio è il pre-Daspo: «Si tratta di una misura che impedisce l’accesso alle partite a chi ha commesso reati, anche se non all’interno dello stadio o nelle sue immediate vicinanze. Si chiama tecnicamente “Daspo fuori contesto” ed è già in vigore. Il capo della Polizia sta collaborando con le Questure e ringrazio i ministri Piantedosi e Abodi per il loro impegno nella lotta alla violenza».
A proposito di stadi, un altro tema caldissimo sono gli Europei 2032 che l’Italia è chiamata a co-organizzare con la Turchia: «Questo torneo apre la questione degli stadi, facendoci capire, quasi provocatoriamente, quanto siamo rimasti indietro. Entro il 1° ottobre 2026 dovremo consegnare all’UEFA l’elenco dei cinque impianti selezionati, con l’avvio dei lavori previsto per marzo 2027. Questo vale sia per noi sia per la Turchia, con cui condivideremo l’organizzazione dell’evento. Per accelerare le procedure, il governo nominerà a breve un commissario straordinario e, secondo quanto discusso con il ministro Abodi, si sta valutando l’istituzione di un fondo per finanziare queste infrastrutture».
Al momento Milano, Torino e Roma sembrano essere in prima fila, ma dietro c’è molto fermento fra le altre città: «Questi tre sono in pole position e richiedono solo alcune riflessioni. Inoltre, Firenze si è candidata con forza e ha già avviato i lavori, Palermo è molto attiva, Cagliari è quasi pronto, Bologna e Udine mostrano grande dinamismo, così come Bari. I cinque stadi selezionati dovranno essere tra i migliori d’Italia».
Attualmente il campionato è fermo per la pausa nazionali, dove l’Italia è adesso chiamata a rimontare la Germania per passare alle Final Four di Nations League per il terzo anno consecutivo e avere anche un girone di qualificazione ai Mondiali sulla carta più agevole: «A Dortmund nel 2006 è successo qualcosa che resterà dentro di noi per sempre e ora ci torniamo con grande fiducia: a Milano ho visto una Nazionale viva, capace di esprimere bel gioco a tratti. Una sfida come Italia-Germania non si prepara, si gioca. Sono certo che Buffon (capo delegazione della Nazionale, ndr) troverà le parole giuste per toccare il cuore dei ragazzi e far rivivere loro ciò che quella generazione ha vissuto quasi vent’anni fa. Inoltre, Spalletti ha alzato il livello qualitativo della squadra e le nostre ambizioni».
Un passaggio del turno significherebbe poi potersi candidare a ospitare nuovamente le Final Four in Italia, con Torino come candidata principale: «Sarebbe un evento mai visto prima: una città, due stadi, tutto concentrato qui. Torino vanta due squadre storiche, una delle quali, la Juventus, è un modello per gli investimenti nelle infrastrutture, nel calcio femminile e nel settore giovanile. Mi dispiacerebbe non raggiungere questo importante traguardo».
Verso il rush di finale della stagione si sta parlando molto di arbitri e di possibili novità, come il VAR a chiamata: «Ho letto i dubbi espressi dal designatore degli arbitri europei Rosetti e rispetto la posizione dell’UEFA. Tuttavia, su episodi decisivi come gol o rigori, l’intervento della tecnologia deve essere garantito. Per tutto il resto, potrebbe esserci spazio per una o due chiamate da parte delle squadre».
Poi c’è il VAR definito “leggero”: «Vedremo come andrà la sperimentazione in Lega Pro e nel calcio femminile professionistico. L’idea è quella di un VAR a chiamata con monitor a bordo campo. Il calcio è fantasia ed evoluzione, ma quest’ultima non deve mai soffocare la prima. Gli 0-0 sono noiosi. Perché non rivedere la regola del fuorigioco? Penso ai gol annullati per un alluce oltre la linea. L’adozione del concetto di “luce” potrebbe preservare alcune piccole grandi magie del calcio».
«Arriveremo anche agli arbitri che spiegano le decisioni in diretta, altrove è già realtà – ha aggiunto Gravina –. Ma non ancora in Italia. Si tratta di una questione culturale. In Spagna e Germania funziona, ma in un nostro derby potrebbe essere complicato. Non siamo ancora pronti».
Sulle eventuali tensioni in questo finale di stagione dove è ancora tutto in gioco: «Parliamo degli arbitri, ma con equilibrio. Se si superano certi limiti, ci sono le sanzioni. Il calcio vive di errori, e proprio questi lo distinguono da un videogioco. Tensione fra le società? No, per nulla. Ma ascolto commenti che fatico a comprendere. Un esempio? Un fallo di mano di Gatti o un rigore non concesso al Torino sono stati descritti come un fine settimana nero per gli arbitri. Parliamo di due episodi su 20 partite. Pensare che un direttore di gara debba essere infallibile è fuori dalla realtà».
Una battuta su Daniele Orsato e la Juventus: «Di sicuro non è in panchina! Sta formando i giovani arbitri e li segue. Rocchi ha un incarico biennale che scadrà nel 2026. La Juve è sempre stata un modello, lo ripeto da anni. È un club all’avanguardia e ora è tornato a essere protagonista nei processi decisionali».
Sul movimento giovanile: «Dobbiamo restituire ai bambini il piacere del gioco. Oggi si distinguono solo per il colore delle casacche, mentre una volta ci si riconosceva per le qualità tecniche. La formazione è importante, ma non bisogna esasperarla. Una soluzione potrebbe introdurre un certificato di qualità per allenatori e strutture giovanili. Non è accettabile che chi allena i ragazzi lo faccia solo come secondo lavoro nel tardo pomeriggio. Per questo abbiamo avviato programmi di formazione specifica. Un esempio? Il preparatore atletico deve avere anche competenze in pedagogia, perché lavorare con i giovani significa conoscerne le esigenze».
Sul futuro del calcio italiano: «Abbiamo un futuro azzurro come poche volte in passato. Posso sbilanciarmi? Il Mondiale tra tre o cinque anni sarà il nostro Mondiale…».