Giorgia Meloni ha annunciato nella serata di ieri di essere indagata per favoreggiamento e peculato. La Premier ha ricevuto – insieme ai ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano – l’avviso di garanzia per la gestione del caso del comandante libico Najeem Osema Almasri Habish, arrestato e poi rilasciato e riportato in Libia con aereo di Stato dei servizi.
Una notifica che è arrivata dal procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi. Immediata la reazione di tutto il centrodestra che, sul tema giustizia, dai tempi di Silvio Berlusconi parla con una voce sola: si tratta di una «ripicca» per la separazione delle carriere che giusto oggi riprenderà il suo cammino in Senato, che non fermerà la riforma, come dicono quasi all’unisono Antonio Tajani e Matteo Salvini.
E di «giustizia a orologeria» parla proprio la figlia di Silvio Berlusconi, Barbara. Si tratta di un’azione che sarà un boomerang, si dicono sicuri nel centrodestra, e che non è affatto dovuta, il ragionamento che si fa ai piani alti del governo, visto che ci sono «tanti esposti» nei confronti di ministri che non hanno seguiti, ad esempio «sulla condizione delle carceri».
Due degli interessati, peraltro, erano attesi in Parlamento proprio per riferire su Almasri. La premier, descritta da chi le ha parlato come molto arrabbiata, li vede insieme a Mantovano dopo la riunione lampo del Consiglio dei ministri, che fila via rapida e senza commenti particolari sul caso. La novità giudiziaria, analizzata nel mini-vertice, porta infine alla scelta di far saltare, almeno per il momento, la presenza di Piantedosi e Nordio, che già nei giorni scorsi hanno dato loro versioni sulla scarcerazione e sul rimpatrio del libico.
La scarcerazione è stata disposta dai magistrati, è la posizione ribadita anche da Meloni, che però punta di nuovo il dito in direzione della Corte penale internazionale che, dopo «mesi di riflessione», ha emesso il mandato di cattura nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli «proprio mentre stava per entrare in Italia» mentre «per 12 giorni aveva serenamente soggiornato in altri tre Stati europei».
Ma «non sono ricattabile», ha ripetuto ancora una volta la premier (che la prima volta usò questa espressione proprio mentre si formava il suo governo, nei confronti di Berlusconi), «è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi». Ma «vado avanti a testa alta e senza paura», ha chiuso la premier, incassando il sostegno di tutto il centrodestra.
Giorgia Meloni indagata, la posizione dell’Anm
Il clima che si è creato nella serata di ieri dopo la notizia, ha spinto l’Anm (Associazione nazionale magistrati) a replicare: «C’è un totale fraintendimento. La procura di Roma non ha emesso, come è stato detto impropriamente, un avviso di garanzia, ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto».