Michele Uva, UEFA: «La crescita del calcio europeo passa attraverso responsabilità e sostenibilità»

Michele Uva è stato tra i primi dirigenti sportivi italiani ad aver capito l’importanza della sostenibilità in ambito sportivo.

Michele Uva, UEFA
Image credit: Paolo Bruno/Getty Images

Michele Uva è il dirigente sportivo che ha portato la sostenibilità nel calcio europeo. Le prime esperienze lo vedono nel mondo del volley, maschile e femminile, prima di approdare al calcio a fine anni ’90 dirigendo Parma e Lazio. Dopo una parentesi nel basket di due anni come direttore generale della Lottomatica Virtus Roma, nel 2013 viene chiamato a svolger il ruolo di  direttore generale di CONI Servizi.

Nel 2014 è stato nominato Direttore Generale della Federcalcio. Nello stesso periodo inizia ha dato il via alla sua collaborazione con le istituzioni calcistiche internazionali, che lo hanno portato nel 2017 a diventare Vice President di UEFA e nel 2021 Direttore della Sostenibilità.

Domanda. La presentazione del Report a consuntivo chiude la pagina ESG legata a Euro 2024 dopo 100 giorni dalla sua finale: è un punto di arrivo o un punto di partenza per le prossime manifestazioni UEFA?

Risposta. «Assolutamente è un punto di partenza. Sono stati tre anni fatti di lavoro in cui le tre dimensioni della sostenibilità si sono perfettamente integrate. Non siamo partiti da zero, la matrice ESG che abbiamo utilizzato arriva dall’esperienza operativa di tre anni sugli altri eventi UEFA. Abbiamo testato oltre 450 azioni di sostenibilità ogni anno, una sorta di allenamento prima di giocare la grande partita. Un percorso entusiasmante condiviso con tutti i colleghi UEFA che hanno partecipato all’organizzazione del terzo evento sportivo al mondo per dimensioni. Ora continueremo a sviluppare la matrice a tutti i livelli UEFA ma la sfida è quella di farla applicare anche a livello di federazioni nazionali, leghe e club».

D. In ambito olimpico esiste un “libro bianco” che gli organizzatori delle varie edizioni si passano di mano in mano, come un enorme manuale di istruzioni per trarre ispirazione, evitare errori e affrontare criticità organizzative: esiste qualcosa del genere in ambito UEFA?

R. «È la matrice ESG di cui parlavo prima, una linea guida per non tralasciare nessun aspetto della sostenibilità quando si programma e si organizza un torneo o una singola finale. Dimostriamo anche come le azioni sociali si integrano con quelle ambientali e a quelle di buona governance. La chiave del successo è farle dialogare e renderle strutturali. Nel frattempo abbiamo creato anche un Event Sustainability Performance System che ci permette a posteriori di far verificare a una parte terza e indipendente se abbiamo raggiunto l’obiettivo di evento sostenibile. È quel che è successo anche per Euro 2024. Chiamiamola trasparenza. Infine, stiamo predisponendo un manuale pratico che possa essere applicato non solo a un grande torneo ma anche e soprattutto a tornei più piccoli come dimensione e singole partite. Il tutto è supportato dalle nostre sei linee guida già pubblicate: infrastrutture, accessibilità, economia circolare, catering, protezione dei minori e protezione dei diritti umani».

D. Nell’evento di Francoforte, Maher Nasser, delle Nazioni Unite, ha fatto più volte riferimento alla visibilità che il calcio ha a livello globale. Lei è un manager attivo nel mondo dello sport da quasi 40 anni e del calcio da oltre 25: come ha visto cambiare l’attenzione dello sport verso i temi della sostenibilità?

R. «Nel 2010, nella mia posizione di direttore dello sviluppo della FIGC, propongo di fare il Bilancio di sostenibilità. Mi guardano come se fossi un marziano o un pazzo, ma me lo lasciano fare, per questo ringrazio l’allora presidente Giancarlo Abete e il direttore generale Antonello Valentini. Nel 2012 la FIGC è la prima federazione al mondo a pubblicare il rapporto sia in italiano che in inglese. Dal 2010 a oggi l’approccio ai temi della sostenibilità si sono evoluti e innovati: le azioni di puro charity sono scomparse lasciando posto alla dimensione ESG  e alla necessità di avere cinque fasi chiare di processo: risorse umane dedicate, strategia definita, piano di azione concreto, misurazione degli indicatori di performance e infine pubblicazione dei risultati».

D. Andiamo sul tecnico riprendendo un tema più volte citato a Francoforte: il superamento delle politiche di offsetting. Piantare alberi per compensare emissioni non va bene? È vista come una “scorciatoia” per non affrontare altri aspetti interni alla “catena del valore”?

R. «Esatto. Serve focalizzarsi sulla riduzione dell’impatto creato dalla catena di valore. Solo così riusciremo a diminuire le emissioni fino a farle arrivare al minimo possibile. Sono un fautore, controcorrente, del fatto che lo “zero” non potrà mai esistere, ma ciò non toglie che dobbiamo fare di tutto per raggiungere il “metabolismo basale” delle nostre emissioni. Per Euro 2024 ho ideato il climate fund, un fondo per finanziare i club amatoriali tedeschi che investono sull’efficientamento energetico. Oltre sette milioni investiti con una riduzione di 60.000 tonnellate di CO2. Un sistema che sarà una best practice e che verrà utilizzato anche per tutti gli altri eventi UEFA».

D. Da direttore generale FIGC è stato uno degli artefici della crescita del calcio femminile in Italia: la norma che ha permesso a squadre professionistiche maschili di rilevare il titolo sportivo di società dilettantistiche femminili è stato un primo mattone; l’obbligo per i Club di Serie A di dotarsi di una divisione di calcio femminile un approccio “top-down” necessario a invertire il paradigma. Da Nyon oggi come vede l’evoluzione del calcio femminile in Italia dopo l’introduzione del professionismo?

R. «Mi faccia rispondere su scala europea e non italiana. Nel 2018 ho scritto anche un libro con Moris Gasparri sul calcio femminile. Uso una similitudine: per far crescere un albero bisogna piantare il seme e prendersi cura di tutte le fasi della sua crescita. Va innaffiato, potato, seguito sempre e con amore. Così è stato in UEFA. Innaffiare vuol dire investire: soldi e idee, servono entrambi. Questa la chiave del successo del calcio femminile a livello europeo consolidato da Unstoppable, la nuova strategia appena lanciata. Abbiamo un grande “giardiniere”, Nadia Kessler e un importante finanziamento a supporto».

D. La Serie A è stata scelta da UEFA come lega pilota in cui definire una chiara strategia di sostenibilità. Quali sono gli interlocutori di UEFA?

R. «UEFA prima di tutto interagisce con i propri membri ovvero le 55 federazioni nazionali. Oggi tutte hanno una propria strategia ESG approvata e un loro manager della sostenibilità. FIGC è stata brava a seguire il nostro percorso ed essere fra le prime in Europa. Lavoriamo poi anche con i nostri football stakeholder ovvero leghe, club, organizzazioni dei giocatori e dei tifosi. Quella della sostenibilità deve essere necessariamente una azione collettiva e coordinata».

D. Perché la Serie A e non altri campionati?

R. «Il ruolo delle leghe è determinate per raggiungere più facilmente i club, soprattutto quelli di vertice. Abbiamo fatto una call a tutte le leghe e la Serie A si è proposta come pilota. Abbiamo apprezzato la disponibilità e abbiamo lavorato insieme. Hanno una strategia, hanno applicato la nostra matrice ESG nella finale di Coppa Italia e ora devono fare il salto di qualità mettendo a terra azioni coordinate e concrete».

D. In che misura l’approccio ESG di UEFA può influenzare altre istituzioni su scelte e sistemi di rendicontazione più efficaci? Il vostro Report è stato certificato da Dekra; per restare in ambito calcistico, i Mondiali in Qatar, anche a prescindere dall’enorme tema dei diritti umani, hanno avuto risultati ESG messi in discussione da diversi soggetti.

R. «Collaboriamo con FIFA, così come con altre organizzazioni sportive e istituzioni globali perché è giusto mettere insieme le idee, le buone pratiche, le risorse. Cerchiamo di essere di ispirazione per gli altri e dagli altri cerchiamo ispirazione, soprattutto dai nostri partner commerciali che stanno accelerando su tutti i temi, anche perché sollecitati dalle nuove direttive europee ed internazionali. È un percorso affascinante e di pura responsabilità perché l’impatto che riusciamo ad avere con le nostre idee su miliardi di tifosi nel mondo è enorme. Questo è il senso del nostro lavoro».

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