Bertoldi (Università di Torino): «Il club granata può valere tra i 130 e i 170 milioni»

Il club granata è di proprietà di Urbano Cairo dal 2005 e le voci di una vendita si fanno sempre più insistenti. E il colosso Red Bull sembrerebbe in prima fila.

Torino cessione club e stadio
Urbano Cairo (Foto: Insidefoto.com)

Il futuro societario del Torino di Urbano Cairo è ormai da alcune settimane al centro di indiscrezioni. E, nonostante le smentite del patron granata, il passaggio di società a un colosso come Red Bull continua a mantenere viva l’attenzione sull’evolversi della situazione.

Un investimento nel calcio italiano sembra ormai essere stato studiato e approvato dal colosso austriaco, che nel calcio ha già investito in diversi club in giro per il mondo. Quindi non solo il Torino, ma dalla Francia alcune settimane fa si parlava di un interessamento concreto anche per il Genoa, messo in vendita ufficialmente da 777 Partners.

Ma quanto può valere il Torino di Cairo? Da un’analisi del professor Bernardo Bertoldi, docente di Strategia all’Università di Torino (Economia e gestione delle imprese), per Tuttosport, la situazione del club granata gioco forza deve partire dall’ultimo bilancio disponibile, quello relativo alla stagione 2023/24.

Quanto vale Torino Cairo – Il bilancio 2023/24 in rosso

Il Torino ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2024 con un rosso di 9,6 milioni di euro con ricavi in leggera contrazione rispetto agli anni precedenti, nonostante siano sopra i 100 milioni. «Si arriva a questa cifra i ricavi derivati dal trading, dal calciomercato: 24,8 milioni, dei quali 23,2 di plusvalenze – ha commentato Bertoldi –. I costi, invece, sono ammontati a quasi 110 milioni, grossomodo una decina in meno rispetto all’anno prima. E qui la voce grossa la fanno gli stipendi che deve pagare il club: 55,6 milioni… appunto 10 milioni in meno rispetto al 2022… quasi tutti relativi ai giocatori della prima squadra. Gli ammortamenti si sono invece attestati a quota 28,7 milioni».

Quello del 2023/24 è il sesto bilancio consecutivo in rosso per il Torino di Cairo: «Ma il problema più grande, a mio parere, non sono le perdite, comuni a quasi tutte le società di Serie A, il difetto per me fondamentale che emerge è che non c’è niente che genera cassa. Non vedo nulla nel bilancio che mi faccia dire: il Torino sta generando redditi, sta creando ricchezza. Dal punto di vista economico il Torino non produce utili».

«Stipendi e ammortamenti affossano la gestione del reparto calciatori e si mangiano abbondantemente i ricavi dalle televisioni – continua il professore nella sua analisi –. Per intenderci: con gli stessi risultati sportivi, se il Toro giocasse in Inghilterra avrebbe tra i 40 e i 100 milioni di utili. Questo è il danno creato anche dalla suddivisione dei diritti sportivi decisa in Italia, che resta ancora molto sperequata».

Quanto vale Torino Cairo – Patrimonio societario, parco giocatori e marchio

Analisi che ora si sposta sul patrimonio societario: «Dal punto di vista patrimoniale, il Toro potrebbe valere circa 4 milioni, ovvero il suo patrimonio netto. Che tre anni fa, peraltro, era di 31 milioni. Il dato del reparto calciatori non tiene conto del prezzo di mercato dei giocatori. Oggi, che non ci sono più Buongiorno e Bellanova, venduti in questo 2024, il noto sito Transfermarkt determina il valore della squadra in 172 milioni. Il che, al netto dell’impatto fiscale, porterebbe una plusvalenza di circa 75 milioni. Questo fa passare il valore possibile del Torino da 4 a 79 milioni. Chi li dovesse pagare, però, dovrebbe credere di poter realizzare parte del valore del parco giocatori, migliorando allo stesso tempo i risultati sportivi ed economici: altrimenti le perdite annuali dovrebbero essere coperte erodendo il valore patrimoniale».

Una situazione che nel prossimo futuro costringerà il proprietario del Torino, Cairo o qualcun altro, a dover mettere a segno delle plusvalenze per inseguire il pareggio di bilancio: «Non avendo lo stadio di proprietà o altre fonti di ricavo regolari consistenti, è così. È poi interessante notare che il valore patrimoniale del Torino è tenuto in piedi dal valore del marchio, che è stato inserito in bilancio attraverso una rivalutazione nel 2020».

Quanto vale Torino Cairo – Situazione debitoria e stima finale

Per quanto riguarda i debiti del club granata, invece, «dal punto di vista finanziario, chi comprasse il Torino per un valore patrimoniale di 79 milioni dovrebbe far fronte, in base a quanto risulta a bilancio, al pagamento di un flusso di debiti fino al 31 dicembre del 2028, ovvero nei canonici 5 anni post chiusura del bilancio: complessivamente, 133,3 milioni di debiti. Per ripagarli, non si potrebbe puntare nemmeno troppo sulla vendita con plusvalenza di calciatori in rosa, che a oggi, se venissero venduti tutti, genererebbe circa 75 milioni di plusvalenze. Non granché, insomma. E stiamo parlando per assurdo. La morale è che l’acquirente del Torino dovrebbe quindi pensare di dedicare all’investimento, oltre ai soldi per l’acquisto del club, un buona dotazione di capitale per ripagare nei prossimi 4 anni, fino al ’28, i debiti creati nel passato».

In sintesi, l’analisi del professor Bertoldi si traduce così: «Il valore del Torino dal punto di vista della redditività è zero, se non addirittura negativo. Dal punto di vista patrimoniale potrebbe attestarsi tra 4 e 79 milioni, ma ricordando sempre che chi lo acquista avrebbe poi debiti da ripagare già oggi a bilancio per 133 milioni. E ora proviamo a individuare un prezzo realistico del Torino».

«Quale sarebbe a questo punto del ragionamento un prezzo del Torino dipenderebbe da quale di quegli archetipi si presentasse per l’acquisto. Una forchetta possibile, considerato il bilancio e le transazioni simili, oscillerebbe probabilmente tra i 130 e i 170 milioni. La forchetta dipende anche dalle motivazioni di chi vuole comprare e da quelle di chi vuole vendere. Direi che restiamo dentro a parametri già emersi nel caso della Fiorentina, pagata da Commisso circa 170 milioni nel 2019, o del Genoa, comprato da 777 nel 2021 per circa 150 milioni», conclude il professor Bertoldi.