Da Starlink a Tesla, la missione italiana di Musk: la mappa degli affari

L’interesse commerciale a livello di telecomunicazioni è tangibile, al punto da creare già controversie e qualche malumore all’interno stesso delle strutture dello Stato.

Elon Musk affari in Italia
(Foto: Sarah Stier/Getty Images)

Dall’idea di Hyperloop all’ipotesi di una fabbrica di Tesla da aprire in Italia. E ancora il ricorso a lanciatori spaziali di SpaceX per i vettori italiani ed europei. Sono tante le idee che legano il futuro dell’Italia al miliardario Elon Musk, ma nessuna di queste tecnologie – scrive Il Corriere della Sera – ha la concretezza che hanno per il nostro Paese le sue mosse nelle telecomunicazioni.

Qui l’interesse commerciale è tangibile, al punto da creare già controversie e qualche malumore all’interno stesso delle strutture dello Stato. È Starlink, la rete di satelliti controllata da SpaceX per la fornitura di internet veloce, l’infrastruttura centrale degli affari dell’uomo più ricco del mondo. Lo è almeno nella prospettiva di un futuro prossimo e lo è anche fuori dagli Stati Uniti, Italia inclusa: la banca d’affari Morgan Stanley stima che al 2040 Starlink potrebbe fatturare nel mondo fino a 250 miliardi di dollari l’anno.

Cinque o sei degli oltre seimila satelliti di Starlink lanciati nell’orbita bassa da SpaceX assicurano già oggi l’accesso a Internet veloce nel nostro Paese. I prezzi del servizio salgono al riempimento della capacità, che oggi sull’Italia viaggia ai minimi termini: si stima che la rete di Musk connetta circa 40-50 mila famiglie. I satelliti di Starlink hanno senz’altro, dalla loro parte, la loro unicità tecnologica: al massimo da circa 800 chili l’uno ma anche piccoli fino a poche decine di centimetri di lato, si trovano ad un’altezza fra duecento e trecento chilometri dal suolo.

Il costo dell’investimento per SpaceX dunque è fisso e relativamente limitato, rispetto al duro lavoro di portare la banda larga via terra nelle zone interne più remote e spopolate degli Appennini o della Sicilia centrale. Per questo il sottosegretario di Stato all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, ha detto a Il Sole 24 Ore il mese scorso che il governo «sta valutando con Starlink la tecnologia satellitare» visti «i ritardi degli operatori» tradizionali nel portare la banda larga nelle aree remote grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa.

Ma non tutto è necessariamente così semplice. Intanto perché un’articolazione pubblica come Cassa depositi e prestiti è impegnata nella posa della banda larga indirettamente tramite Fibercop e direttamente come azionista di Open Fiber, e non è detto ché apprezzi il rischio di essere spiazzata da un soggetto esterno che stringe un nuovo accordo con il governo, così come non lo apprezzerebbero grandi investitori esteri del settore come Kkr o Macquarie.

Inoltre, la qualità della connessione di Starlink sembra non essere ideale e soprattutto il gruppo di Musk non è soggetto agli stessi obblighi legali dei concorrenti, per esempio quello di fornire intercettazioni all’autorità giudiziaria: forse logico dopo che Musk stesso ha definito la magistratura italiana «un’autocrazia non eletta».