Tra incertezza sulla classifica e lo scarso peso dei big match: luci e ombre della nuova Champions

Al giro di boa della prima fase della competizione, è possibile tirare le prime somme sul nuovo format, che lascia più di qualche perplessità.

Champions League partita in chiaro
FOOTBALL AFFAIRS

La Champions League, modificata quest’anno nella formula, è giunta al giro di boa della parte più nuova: ovvero quella iniziale che prevede una serie di partite in cui le 36 squadre partecipanti incontrano altre otto squadre e tutte quante competono in una classifica unica. Di qui poi, le prime otto in graduatoria si qualificheranno direttamente per gli ottavi, le ultime otto saranno eliminate (senza più la “ciambella di salvataggio” dell’Europa League) e quelli piazzatesi tra il nono e il 24esimo posto si incontreranno in un doppio incontro di playoff, che selezionerà le altre otto squadre per gli ottavi.

Essendo giunti a metà percorso della fase più nuova, è quindi lecito tirare qualche somma. E in questo quadro non bisogna aver paura di dire che se questo nuovo modello presenta molte luci, mostra anche numerose ombre.

Entrando nello specifico, non va scordato che il nuovo regolamento venne adottato dalla UEFA nel tentativo di assecondare i desiderata dei grandissimi club che non più tardi di tre anni e mezzo orsono avevano inizialmente votato per la Superlega (ovvero per un campionato sostanzialmente all’italiana nella fase iniziale).

Non a caso, il nuovo modello consente, tra gli altri:

  • un numero di partite in casa superiore a quello precedente (otto contro sei in totale e quindi quattro in casa rispetto alle precedenti tre, con un incasso sicuro in più);
  • la possibilità di aumentare abbastanza agevolmente le entrate economiche in termini di premi UEFA nei confronti del modello precedente;
  • la quasi sicurezza per le grandi squadre di arrivare almeno a primavera ancora in lizza per la coppa (almeno nei play off), visto che in tabellone è presente almeno una decina di club di campionati minori che sono abbordabili da un punto di vista tecnico (nella fase a gironi nel modello precedente, invece, un gruppo di ferro spesse volte ha eliminato squadre blasonate);
  • l’assenza del sorteggio per la compilazione del tabellone finale, il quale sarà invece organizzato in base alla graduatoria. E in questo senso non vanno dimenticate le perplessità al di fuori dell’Italia quando nella stagione 2022/23 i quarti videro tutte le squadre favorite (Bayern Monaco, Manchester City, Real Madrid e Chelsea) sorteggiate da un lato del tabellone e le potenziali outsider (Benfica, Inter, Milan e Napoli) dall’altra.

L’impatto economico della nuova Champions

Analizzando per prima cosa i dati economici, pare non esserci dubbio che il modello stia dando gli esiti sperati. Per verificarlo è sufficiente confrontare gli incassi nella prima parte della competizione in termini di premi UEFA (quindi al netto degli incassi da stadio) delle uniche due squadre presenti sia l’anno passato che nella stagione corrente: ovvero Inter e Milan.

I nerazzurri in tutta la fase a gironi della Champions League 2023/24 incassarono in premi UEFA 56 milioni di euro. Quest’anno, invece, pur essendo solo a metà del percorso della prima parte, il dato ha già superato quella cifra, avendo la società di viale della Liberazione intascato oltre 57 milioni. Qui sotto le voci:

  • Bonus partecipazione: 18,62 milioni di euro;
  • Posizione in classifica: 275mila euro (quota minima);
  • Quota europea: 24,02 milioni di euro;
  • Quota non europea: 7,36 milioni di euro;
  • Bonus risultati: 7,0 milioni di euro;
  • TOTALE: 57,28 milioni di euro.

Discorso simile per il Milan che nella stagione 2023/24 (giungendo terzo e quindi sceso poi in Europa League) incassò nella fase a gironi 48 milioni di euro. Una cifra di poco superiore a quella intascata sinora quest’anno, nonostante si sia solo a metà percorso della prima sessione. Le cifre dei ricavi durante questa Champions League sono le seguenti:

  • Bonus partecipazione: 18,62 milioni di euro;
  • Posizione in classifica: 275mila euro;
  • Quota europea: 17,3 milioni di euro;
  • Quota non europea: 4,16 milioni di euro;
  • Bonus risultati: 4,2 milioni di euro;
  • TOTALE: 44,56 milioni di euro.

Per quanto concerne Juventus, Atalanta e Bologna, ovvero le altre italiane in Champions League, va detto che i bianconeri sinora hanno incassato 54 milioni di euro. E questa cifra segnerà una plusvalenza completa per il bilancio visto che l’anno scorso i bianconeri non giocando le coppe non percepirono nulla dalla UEFA. Lo stesso dicasi per gli oltre 30 milioni di euro messi nei propri conti dal Bologna. L’Atalanta invece ha incassato oltre 50 milioni di euro sinora e la cifra è già superiore a quanto ottenuto nell’intero girone dello scorso anno in Europa League.

Champions League, le ombre del nuovo modello

Però, come si diceva, questo nuovo modello presenta anche molte ombre. Tra le principali c’è quella sensazione di disorientamento tra i tifosi per una classifica in cui sono presenti 36 squadre, ma che viene compilata solo incontrando otto avversarie (e non tutte le partecipanti come nei singoli campionati nazionali): al netto delle rivalità storiche interne ai singoli Paesi, nessuno sa bene quali risultati delle altre squadre possano convenire alla propria, per quale società “gufare” o per chi avere una simpatia. Oppure ancora quali siano i veri pericoli per il club di cui si è tifosi nell’ottica di piazzamento conclusivo.

È palese che queste nebbie si diraderanno con il passare delle partite, ma sinora questo è. Nella formula precedente, invece, essendo gironi a quattro squadre, era semplice orientarsi e si capiva sin da subito quali fossero i veri pericoli per la qualificazione.

Questo, va notato, al netto di alcune partite eclatanti di per sé. Una su tutte quella del Milan in casa del Real Madrid di Carlo Ancelotti, oppure anche quella dell’Inter contro l’Arsenal. In quest’ultima, in particolare, cogliere il significato dell’importanza dell’incontro era chiaro. I londinesi sono un competitor dei nerazzurri per la corsa alle prime otto posizioni e avere portato a casa i tre punti ha un significato enorme per la squadra di Inzaghi.

Il caso del Milan però è più significativo. E non solo per la portata dell’impresa. Al di là della consapevolezza e dell’entusiasmo che la partita del Bernabeu potrà portare all’ambiente, il trionfo in terra spagnola è importante osservando il calendario dei rossoneri. Avendo ancora da giocare contro quattro squadre non temibilissime (Slovan Bratislava, Stella Rossa, Girona e Dinamo Zagabria), l’exploit non solo consente al Milan di pensare di qualificarsi agevolmente per i playoff, ma anche di poter puntare direttamente alle prime otto, saltando un turno pericolosissimo.

Però anche qui non si può non notare una grande differenza con le passate stagioni: se fossimo ancora con il modello a gironi, l’impresa contro il Real Madrid (che in quel caso sarebbe stata la squadra di prima fascia, in quanto campione d’Europa nonché di Spagna) avrebbe avuto un peso specifico ancora superiore. Visto che praticamente avrebbe significato una ipoteca (al netto del match di ritorno) sul primo posto nel gruppo o quantomeno la qualificazione agli ottavi. Ora invece è valsa “solo” tre punti, per quanto importanti.

Insomma, se prima ogni incontro del girone era uno scontro diretto e quindi i punti valevano doppio, ora, salvo in casi rari, viene a mancare la drammaticità del punto di non ritorno. Si pensi a una squadra che pareggia: prima guadagnava un punto, ma significava che anche una concorrente diretta ne perdeva due, ora invece ne porta a casa uno ed è difficile capire se la squadra avversaria sarà quella contro la quale ci si giocherà la qualificazione.

Per altro, per spiegare meglio il “cuscino” di cui godono adesso le grandi, si ipotizzi il contrario. Ovvero che il Milan, come era nei pronostici, avesse perso in Spagna. La squadra si sarebbe trovata con soli tre punti in quattro partite. Ebbene, nonostante questo percorso disastroso, il club avrebbe avuto notevoli ragioni per poter pensare di giungere ai playoff, visto che il calendario prevede ora Slovan Bratislava, Stella Rossa, Girona e Dinamo Zagabria. Squadre contro le quali i rossoneri possono tranquillamente pensare di ottenere se non 12 quantomeno dieci punti.

La UEFA insomma ha istituito una prima parte di torneo che prevede la partecipazione di 36 squadre, in cui vengono disputate 144 partite, ma per eliminare soltanto otto club. E all’interno delle partecipanti vi sono almeno una decina di squadre che non fanno tremare le gambe in quanto a valore tecnico, quali per esempio Young Boys, Sturm Graz e Salisburgo. È evidente che si tratta di un modello che non fa selezione. E quindi toglie di sapore a molte partite.

Turnover e stadi, gli effetti per i club

È palese, come si accennava prima, che l’introduzione di questo modello è stata una concessione ai mal di pancia delle grandissime società che non volevano più rischiare di terminare la Champions League in inverno. E in questo senso tra i primi ad avere intuito questa mancanza di punto di non ritorno ci sono gli allenatori.

Questi, se da un lato sanno di potersi permettere di non arrivare tra le prime otto nella massima competizione europea (al limite si giocheranno i playoff), dall’altro molto spesso prediligono il campionato essendo consapevoli che nell’ipotesi contraria non possono rischiare di perdere molti punti, magari staccandosi già da subito dalla vetta nel proprio torneo nazionale.

In questo senso è illuminante il caso dell’Inter. L’allenatore Simone Inzaghi si è lamentato che i nerazzurri abbiano sempre avuto partite importanti dopo i turni di Champions League. In questa sede non interessa dire se il tecnico di Piacenza abbia torto oppure no, anche se non si può non notare che i match di campionato di cui parla Inzaghi sono stati in due casi su tre (l’unica eccezione è quello di domani contro il Napoli) contro squadre che anch’esse disputano il massimo torneo continentale, ovvero Milan e Juventus. E quindi lo stesso problema lo avevano sia il Diavolo che la Vecchia Signora.

Qui invece importa evidenziare un’altra cosa: ovvero che nel dubbio Inzaghi ha sempre preferito schierare la formazione migliore nel turno di campionato invece che in quello di coppa. L’Inter, pur avendo incontrato colossi quali Manchester City e Arsenal, in Champions League non ha mai schierato la formazione ideale dal primo minuto, quella per intenderci che prevede Lautaro e Thuram in avanti. Invece il francese e l’argentino sono stati schierati insieme in campionato anche contro il Venezia in casa.

Inzaghi, d’altronde, sa benissimo che sarà meglio centrare un piazzamento europeo tra le prime otto, ma nessuno gli chiederà il conto se l’Inter dovesse qualificarsi solo per i playoff. Invece dai piani alti si mugugnerà non poco se in campionato il percorso non sarà quello previsto: in cima alla classifica o a pochi punti dalla vetta.

In questo scenario però il punto è che i tifosi, per quanto appassionati, non sono stupidi e hanno anche lo svantaggio di dover pagare per vedere le partite (se non anche quello di chiedere permessi di lavoro per poter lasciare la professione in tempo per andare allo stadio). E anche qui l’esempio di San Siro è emblematico.

Inter e Milan riempiono nel campionato italiano quasi sempre il loro impianto tanto da essere prima e seconda nella classifica degli spettatori. In Champions League invece il Milan non ha ottenuto il tutto esaurito né contro i modesti belgi del Brugge né, dato allarmante, contro il blasonatissimo Liverpool (anche se molti si sono lamentati per i costi elevati dei tagliandi).

Discorso simile per l’Inter. I nerazzurri, dopo non essere andati oltre i 56mila spettatori contro la Stella Rossa (dove c’era l’attenuante di limitazioni all’ingresso per motivi di ordine pubblico), hanno visto il sold out contro l’Arsenal, ma questo è giunto solo nell’immediato pre-match. E questo nonostante la partita potesse essere vista quale uno scontro diretto per il piazzamento nelle prime otto.

È evidente che non trattandosi di scontri dove i punti valgono doppio, si toglie drammaticità all’evento. E per avere una idea basti pensare quale fosse invece il pathos nel doppio confronto tra Inter e Barcellona nella fase a gironi dell’edizione 2022/23. Era nei fatti uno scontro da dentro o fuori per il secondo posto, visto che quel gruppo comprendeva anche il Bayern monaco schiacciasassi di quel tempo (oltre ai modesti cechi del Viktoria Plzen).

In questo quadro sarà curioso vedere il comportamento dei tifosi al Meazza nelle prossime gare. Da un lato vi sarà l’elemento negativo che giungeranno a Milano squadre non certo dal pedigree nobilissimo: l’Inter ospiterà il Lipsia e il Monaco mentre il Milan sfiderà Stella Rossa e Girona. Dall’altro vi sarà una classifica più strutturata che magari permetterà di capire meglio la situazione nel suo complesso e quindi anche se quel determinato match sarà decisivo oppure no.