AgCom, Capitanio su Piracy Shield: «Errore serio. Ma Google non collabora»

«Vogliamo negare che se io digito streaming sulla piattaforma di Google e sul PlayStore mi compaiono almeno 20 applicazioni con cui io posso commettere un reato?».

Capitanio errore Piracy Shield
(Foto: Paolo Bruno/Getty Images)

Piracy Shield, la piattaforma nazionale contro la pirateria, è intervenuta sabato 19 ottobre per bloccare diversi accessi a domini che trasmettevano contenuti illegali. Tuttavia, tra i diversi domini bloccati, stavolta c’è stato anche quello di un colosso come Google, in particolare di Google Drive che in Italia ha avuto dei problemi a partire dalla serata di sabato e che sono proseguiti anche nella mattinata di domenica 20 ottobre.

Nel dettaglio, il blocco in questione ha reso impossibile accedere al dominio e scaricare i file salvati sul servizio cloud. E non sono mancate anche segnalazioni di problemi per YouTube, visto che è stata bloccata una delle cache del servizio video di Google.

Sul tema è intervenuto nella serata di ieri il commissario dell’AgCom Massimiliano Capitanio, durante una diretta di Matteo Flora. «Non sta a me dire chi abbia fatto la segnalazione, AgCom funziona in maniera rigorosa e normativa. Noi come board dell’AgCom diamo solo degli indirizzi. È abbastanza plausibile immaginare chi l’abbia fatto, i grandi segnalatori sono tre: la Lega Serie A, Sky o DAZN», ha esordito.

«Non tocca a me fare il nome ma non c’è nemmeno tutta questa opacità di cui si parla. Se venisse ravvisata una responsabilità civile o penale in quello che è stato fatto verrà acclarato. La legge parla in maniera chiara. La legge istituisce il diritto sacrosanto di estirpare questo maledetto cancro della pirateria dalla rete. Non è assolutamente una questione di fare gli sponsor della Lega Serie A o altro, è rendersi conto che c’è un fenomeno gravissimo nella rete e che ci sono strumenti che proteggono dei criminali. In Italia li chiamiamo mafia e camorra, sono stato a Miami dove li paragonano ai trafficanti di cocaina, quindi stiamo parlando di questi soggetti», ha proseguito.

«È irrilevante chi abbia fatto la segnalazione che non doveva essere sbagliata. Dovremo partire da un assunto fondamentale valido per tutti: questa è una guerra alla criminalità organizzata e a una forma mentis devastante che toglie risorse al Paese che potrebbero essere destinate ad altro e toglie posti di lavoro. È in corso un incendio di proporzioni devastanti, è ovvio che vorremmo che i vigili del fuoco quando arrivano spengano solo l’incendio senza mandare acqua o schiuma sulle altre cose», ha aggiunto Capitanio.

Secondo il commissario dell’AgCom «quello che è avvenuto ieri sera è grave, anche perché lo reputo un qualcosa di più di una distrazione. Tant’è che l’autorità secondo me nella sua autonomia e indipendenza potrebbe anche valutare che chi fa le segnalazioni e non si attiene rigorosamente a quanto previsto dalla legge, se qualcuno dovesse disattendere in maniera continua un certo rigore potrebbe essere anche escluso».

«In questo contesto il sistema funziona perché ieri si è verificato un baco dovuto a una errata segnalazione da parte di uno dei detentori dei diritti, ma nella stessa giornata di ieri sono stati complessivamente disabilitati oltre 200 indirizzi IP senza alcun tipo di problematica. Certo, quella con Google Drive è stata una problematica seria. Quello che voglio capire anche io è perché sia trascorso così tanto tempo dalla presentazione alla revoca del ticket, quello lo dobbiamo verificare».

I problemi però, secondo Capitanio, riguardano anche la stessa Google: «Non posso usare complicità come termine o connivenza o corresponsabilità, ma c’è una mancanza di collaborazione piena da parte di due soggetti come Google e Cloudflare. Costruire un percorso insieme può essere utile. Se si è verificato questo problema, e non è una scusante per quello di grave che è accaduto, è perché nonostante la legge imponga a tutti i fornitori di servizi media-audiovisivi di iscriversi alla piattaforma, i signori di Google e di Cloudflare, hanno deciso di non iscriversi alla piattaforma e non iscrivendosi alla piattaforma per esempio Google non ha potuto comunicare la whitelist. Che esiste, ne è stata fornita una dall’agenzia nazionale della cyberiscurezza e poi ci sono le whitelist da chi ha partecipato al tavolo».

 

«Se dobbiamo risolvere il problema, vogliamo negare che in questo momento se io digito streaming sulla piattaforma di Google e sul PlayStore mi compaiono almeno 20 applicazioni con cui io posso commettere un reato per cui posso anche essere passibile di un procedimento? Applicazioni che violano le stesse policy di Google. Un Tribunale in Argentina ha detto che non solo deve rimuoverle ma dovrebbe anche disinstallarle sui cellulari degli utenti. Perché non vengono disinstallate? Non voglio pensare che non vengano disinstallate e compaiono in vetrina perché su quelle applicazioni si fanno business milionari con la pubblicità. È Google stessa che lo dice, se rileva una app potenzialmente dannosa potrebbe inviarti la notifica per rimuovere l’app, disattivare l’app finché non la disinstalli o rimuovere automaticamente l’app», ha concluso.

In sostanza, per Capitanio «il sistema funziona e anche la legge funziona perché c’è una responsabilità. Gli errori di segnalazione non devono esistere. Non dico che debbano approssimarsi allo zero, non devono verificarsi. Se alcune piattaforme collaborassero e sul Play Store di Google non venissero nemmeno fatte scaricare certe applicazioni che hanno 10 milioni di download un pezzo di pirateria verrebbe sconfitto».