La Kings League, la competizione creata dalla Kosmos di Gerard Piqué, è pronta a sbarcare in Italia. È solo l’ultimo tassello che dimostra quanto il fenomeno sia ormai diventato grande protagonista a varie latitudini.
Come riporta L’Economia de Il Corriere della Sera, la Kings League vedrà protagonista anche Lamine Yamal, l’ultimo grande talento sfornato dalla cantera del Barcellona e uno dei protagonisti dell’Europeo vinto dalla Spagna, che sarà proprietario di una delle squadre che parteciperanno alla competizione.
«Non mi aspettavo che potesse piacere così tanto — racconta lo stesso Piqué—. È iniziata più un anno e mezzo fa, un’idea per vedere se funziona mischiare il mondo digitale con quello tradizionale del calcio. Siamo andati oltre alle attese, siamo diventati globali». Un successo che gli ha garantito un finanziamento di ben 60 milioni di euro da parte di fondi internazionali per espandere il movimento.
Nel torneo, come detto, si sfidano diverse squadre, che vedono il coinvolgimento in prima persona di grandi stelle del calcio, presenti e passate, come Francesco Totti, che guida gli Stallions, e Andrij Shevchenko. «È piaciuto il progetto e questi soldi ci consentono di replicare il successo che abbiamo avuto in Spagna e in America latina anche in altri Paesi, Italia inclusa», ha spiegato Piqué.
«Ho sempre avuto questa vocazione – ha continuato l’ex difensore spagnolo oggi 37enne –. Ho cominciato a creare aziende a 24 anni. Quando giochi a lungo in una squadra obbligata a vincere, com’era il Barcellona, cresci con lo spirito del perfezionista. Aiuta anche nella vita. Mi piaceva vedermi imprenditore, pensare una cosa e realizzarla. Alla Kings League ho lavorato dopo il ritiro dal calcio, ho potuto dedicarci molto più tempo. Seguivamo le comunità di streamers e creatori di contenuti digitali, che hanno un loro pubblico molto fedele. Volevamo coinvolgerli nel mondo vero del calcio, fare in modo che avessero la propria squadra: una via di mezzo fra vita reale e videogame. Possono comprare giocatori, ingaggiare allenatori o cacciarli, protestare con l’arbitro, creare regole. Ogni mossa viene amplificata attraverso i loro canali di comunicazione e diventa virale».
Un binomio che ha portato al sodalizio, di grande successo, formato da Totti e Blur, lo streamer italiano di riferimento su piattaforme come Twitch. Un esempio citato dallo stesso Piqué: «Francesco è una leggenda. Quelli della mia generazione hanno tutti sognato di essere almeno un giorno come lui. Era l’emblema di un capitano ed era uno spettacolo in campo».
Ancora sul progetto generale che sta continuando a prendere forma, mentre macina successi: «Il nostro progetto è complementare al calcio tradizionale, uno non esclude l’altro. Le nuove generazioni vogliono contenuti rapidi e divertenti. Noi mixiamo lo show e la competizione sul campo. Chiunque abbia figli se ne rende conto. I ragazzi ora guardano il calcio, e tutto il resto, in maniera diversa, quando vogliono e come vogliono. Bisogna adattarsi a loro. Bisogna essere convincenti».
La causa della Kings League è stata sposata anche da Zlatan Ibrahimovic, nominato “il presidente dei presidenti”: «Si sa com’è Ibra, non è stato difficile convincerlo a unirsi a noi. Quel ruolo gli calza a pennello. Quando gli ho spiegato il progetto, gli è piaciuto e ora è super coinvolto. Non solo lui: ci sono Neymar, Casillas, Hazard, Rio Ferdinand». Ma il sogno si chiama Lionel Messi, vecchio compagno di Piqué al Barcellona e con cui ha vinto tutto più volte: «Leo è in attività quindi è complicato. Appena smette lo aspetto a braccia aperte».
Piqué ha un animo da imprenditore, ma non tutto è filato sempre liscio. In Spagna è in corso un procedimento penale che lo vede fra gli indagati per presunti illeciti riguardanti l’assegnazione della Supercoppa all’Arabia Saudita. E poi ci sono i fallimenti, come quello relativo alla Coppa Davis di tennis: «Da questa esperienza ci siamo resi conto che era meglio realizzare un prodotto da zero per potere essere flessibili, cambiare le regole. Quella lezione ci è servita a capire che cosa non volevamo».