Giuntoli: «Equilibrio finanziario e competitività per riportare la Juve dove merita»

Managing Director Football bianconero ha parlato della situazione in casa bianconera. Un unico argomento non è stato affrontato, quello relativo all’ex tecnico Massimiliano Allegri.

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Cristiano Giuntoli (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Cristiano Giuntoli è stato un grande protagonista del mercato estivo, portando alla Juventus diversi calciatori che sono andati a completare la rosa di Thiago Motta, dando inoltre un taglio netto alla precedente gestione sportiva, che lo ha visto partecipe, ma in una sorta di periodo di apprendistato.

Un arrivo in bianconero fortemente voluto dall’ex Napoli, come ammette lui stesso: «La Juve è un punto d’arrivo, il massimo». Ma ora tocca al campo parlare, ma vanno tenuti sempre sotto controlli le spese, vista anche la situazione di bilancio che il CdA bianconero si appresta ad approvare. La stagione 2023/24, senza la partecipazione alle coppe europee, ha portato con sé un rosso vicino ai 200 milioni di euro.

Bilancio in perdita, ma mercato importante quello portato avanti da Giuntoli per lanciare la nuova era firmata Thiago Motta. «Non c’è nessun trucco – commenta il Managing Director Football della Juve a Il Corriere della Sera –. Bisogna solo fare i conti, e tener presente la prospettiva di cinque anni. Prima potevi avere un giocatore, faccio un esempio, che guadagnava 13 milioni di euro lordi, ora ne hai uno che hai pagato 10 milioni ma che di stipendio pesa meno di un quinto: alla fine, tra ingaggio e ammortamento, risparmi oltre 30 milioni di euro. E così via, per tante operazioni fatte quest’anno. Non c’è nessun metodo Giuntoli: dovevamo abbassare il monte ingaggi e l’età media della rosa. E l’abbiamo fatto».

E ora bisogna affrontare la prima stagione di questo nuovo corso: «Puntiamo a costruire mattone dopo mattone il nostro percorso, siamo fra le squadre più giovani del campionato e abbiamo un progetto importante. Sono molto ottimista e anche contento di come è cominciata questa stagione. Vincere?  Certo, la Juve è una società che deve vincere. Non è la sola cosa, ma quella più importante. Noi dobbiamo mantenere l’equilibrio finanziario e una competitività elevata per riportare il club dove merita. C’è il risultato, ma anche il modo con il quale ci si arriva. Bisogna partire dalle prestazioni, sta qui la differenza».

«Pressione? Qui ce n’è di più. Ma più che di pressione parlerei di senso di responsabilità. Questo è quello che ho avvertito appena arrivato. La consapevolezza di essere in un club che ha fatto la storia, e di avere sulle spalle il peso di una mission importante. Non amo far trasparire le mie emozioni, anche la pressione è qualcosa che sento dentro, fuori prevale la lucidità, la serenità del manager che deve sempre prendere decisioni di testa e mai di pancia. Forse è questo il pregio che mi riconosco: la serenità in qualsiasi situazione».

Giuntoli parla anche del modo in cui sceglie un calciatore da portare in squadra: «I numeri rappresentano lo storico di un giocatore, ma ho bisogno di sentire l’emozione, di vederlo e capire cosa mi trasmette. Ed è una valutazione imprescindibile alla quale associ tutti i dati che vuoi, ma senza il sentiment non ho il quadro completo della situazione. Ma c’è sempre un margine di rischio quando prendi un calciatore».

Su Thiago Motta: «È evidente che con il Bologna aveva fatto così bene che non eravamo gli unici ad avere gli occhi su di lui, ne eravamo consapevoli e abbiamo giocato le nostre carte, sposando evidentemente in toto il suo progetto di calcio. Piano B? Non dico il nome, ma è un allenatore straniero che esercitava ed esercita ancora in Europa».

Certamente non sono mancate le occasioni di mercato non sfruttate: «Avevamo l’esigenza di fare un buon mercato e mettere i conti in ordine. L’obiettivo era fare una squadra giovane, ma con uno storico che rappresentava la base. Calafiori? È un rimpianto per tutto il calcio italiano, non della Juventus. Bisogna interrogarsi sul fatto di non aver avuto la forza di tenere in Italia un giocatore della sua portata. Le grandi squadre hanno preso tutte un difensore, non lui».

I casi Vlahovic e Chiesa: «Con Dusan non c’è nessun problema con il rinnovo. Un calciatore come lui con prospettive ancora importanti non può mai essere un problema, il rinnovo è un obiettivo, lo faremo. Un giocatore che vale tanto e guadagna tanto per noi rappresenta un patrimonio. Inizio difficile? Nulla di particolare. Chiesa fuori da progetto? Con il giocatore e il suo entourage siamo stati sempre molto onesti, tutti insieme abbiamo cercato la soluzione più giusta per il giocatore, che è molto forte e gli auguriamo tutto il bene possibile. McKennie, invece, non era fuori dai piani. Con lui c’era un problema con il rinnovo, ma non è mai stato fuori dal progetto».

«Thiago Motta ha avuto un grande impatto all’interno della Juve. Modi gentili, carini, con tutti. Lui è un predestinato, molto empatico con la squadra. Ha grandissima personalità. Dà tutto, vive per questo lavoro. Allegri? Mi spiace, ma di questo non parlo».

Sul campionato: «Presto per dire chi lo vince, ma Inter e Napoli sono le favorite. Lo dice la storia, vince sempre la squadra più esperta. L’Inter lo è, il Napoli per il cambio strategia che ha fatto lo è diventata. La Juve?  Abbiamo cambiato tanto, e quando lo fai rischi sempre. Abbiamo modificato completamente il modo di pensare calcio, partiti da zero. Non sappiamo ancora quello che possiamo fare, siamo alla scoperta di noi stessi. Adesso c’è anche la curiosità di capire, vedere cosa facciamo».

Un’ultima battuta sulla trattativa più complicata condotta in carriera: «Forse Victor Osimhen. Ci ho messo quattro mesi per portarlo a Napoli. Andava forse venduto prima, ma Aurelio De Laurentiis è un imprenditore intelligente e astuto. Gli devo tanto, gli voglio bene. Anche quella di Koopmeiners è stata una trattativa difficile. È speciale nelle giocate, nella tecnica. Un calciatore a testa alta, sa sempre dov’è la palla, sa a chi darla. È uno tosto».