AlixPartners: Serie A, tagli al monte ingaggi fino al 15%, ma costi aziendali ancora alti

Le principali squadre di Serie A hanno lavorato su un’ importante riduzione del monte ingaggi, ma i costi “corporate” restano ancora molto alti.

Serie A monte ingaggi
ANALISI
(Foto: Marco Luzzani/Getty Images)

Fino a qualche anno fa i principali club della Serie A erano posseduti da imprenditori italiani facoltosi, mossi dalla passione per il calcio e pronti a investire molto denaro per il raggiungimento di obiettivi prestigiosi. Quell’era sembra ormai superata dall’arrivo di nuove proprietà, guidate da fondi di investimento stranieri, che ha posto la sostenibilità economica e finanziaria dei club come la principale priorità. L’avvento dei Private Equity ha inoltre affermato un maggiore rigore manageriale con una forte focalizzazione sull’ottimizzazione dei bilanci, in particolare dei ricavi e dei costi, sia dell’area sportiva che di quella “corporate”.

Secondo un’analisi realizzata per Calcio e Finanza da AlixPartners, società globale di consulenza manageriale che supporta le aziende nelle sfide più complesse (dal miglioramento delle performance economiche e finanziarie fino a programmi olistici di trasformazione e ristrutturazione), le principali squadre di Serie A, a eccezione dell’Inter e dell’Atalanta, hanno lavorato su un’ importante riduzione del monte ingaggi dei tesserati: tra la stagione 18/19 e la stagione 22/23 la Juventus ha registrato un calo del 15%, passando da 301 milioni di euro a 255 milioni, e rimanendo comunque il club con monte ingaggi più alto.

Il Milan ha segnato una riduzione del 12%, raggiungendo i 149 milioni, e il Napoli addirittura un’ottimizzazione del 20%, avvicinandosi ai 100 milioni di euro. Inter e Atalanta hanno invece puntato sul rafforzamento e sull’ampliamento della rosa per raggiungere obiettivi prestigiosi in Italia e in Europa, incrementando il costo dei tesserati: Inter (+21%), Atalanta (+42%).

«Guardando alla base costi “corporate”, tuttavia, si nota come nonostante gli sforzi effettuati per ottimizzare la spesa, molti club abbiano registrato un significativo aumento, parzialmente dovuto all’inflazione e all’incremento dei ricavi», evidenzia Edoardo Persenda, Senior Vice President della Practice TMT, AlixPartners Italia. «Ad eccezione del Milan e del Napoli che, seppur avendo accresciuto significativamente la base costi, ne hanno ridotto l’incidenza sui ricavi operativi, tutti gli altri club hanno registrato una maggiore incidenza».

Nel 22/23 la Juventus ha sostenuto costi “corporate” per 168 milioni di euro, comprensivi di alcune voci di costo straordinarie legate alla vicenda extra-calcistica, registrando un incremento dell’incidenza sui ricavi operativi del 7% rispetto alla stagione 18/19. Nello stesso periodo l’Inter ha incrementato la propria base costi del +34%, registrando un +8% di incidenza sui ricavi operativi, così come la Roma (+13%) e l’Atalanta (+14%).

Le voci di costo che hanno subito un maggiore aumento sono relative al personale non tesserato, secondo Persenda parzialmente dovuto a un «rafforzamento dell’organizzazione commerciale con l’obiettivo di massimizzare i ricavi commerciali, incluso le sponsorizzazioni»,  coadiuvato dall’impatto inflazionario sui salari; i materiali tecnici; i servizi tra cui l’organizzazione e le gestione delle partite (catering, stewarding, hospitality, accomodation) che hanno visto una crescita parzialmente dovuta all’inflazione e all’incremento dei ricavi (costi semi variabili).

«Per raggiungere l’obiettivo di sostenibilità finanziaria, i club dovranno proseguire la strategia di riduzione del monte ingaggi, pur mantenendo competitività sportiva che permetta alle squadre di ottenere diritti TV e sponsorizzazioni remunerative», spiega Piero Masera, partner & managing director di AlixPartners.

«Ma dovranno anche agire in maniera più incisiva sui costi “corporate”, attraverso programmi di trasformazione. Secondo la nostra esperienza, attraverso programmi mirati, alcune categorie di costo come la gestione del settore giovanile, le spese varie di organizzazione gare, i costi dei materiali tecnici e kit, le spese IT generali e amministrative, ed altri servizi possono essere ottimizzate fino al 20%», conclude Masera.