A costo di apparire cinici e sicuramente ingenerosi nei confronti dell’impegno e dai denari profusi nell’Inter dagli Zhang in questi anni, si può dire che, giunti a questo punto, il club nerazzurro ha chiuso la questione del non ripagato finanziamento a Oaktree con la migliore opzione possibile.
Osservandolo dallo stretto punto di vista della società nerazzurra, il mancato pagamento del prestito da 275 milioni di euro (che con interessi è arrivato a valere 395 milioni) da parte di Zhang ha nei fatti significato il passaggio da un proprietario super indebitato e pieno di problemi con le istituzioni finanziarie cinesi e internazionali a una colosso dell’asset management su scala mondiale, che ha asset in gestione per oltre 190 miliardi di dollari.
Un notevole balzo in avanti per quel che concerne la solidità finanziaria di chi controlla il club, che non va scordato, dovrebbe terminare l’esercizio 2023/24 con una perdita intorno ai 40/50 milioni (per quanto in via di miglioramento nei confronti della perdita di 85 milioni dell’esercizio precedente) e un debito complessivo intorno ai 650/700 milioni.
Analizzando invece la questione in un’ottica più allargata, non si può nascondere che l’uscita di scena di Zhang in seguito a un mancato pagamento di un prestito appaia quale un finale triste per una era, quella cinese all’Inter, che era iniziata nel 2016 sulle ali dell’entusiasmo di una ipotetico interesse strategico di Pechino del calcio che però è evaporato dopo solo qualche anno. Era Zhang che, non vada scordato, è comunque tra le più vincenti della storua nerazzurra.
Non sono pochi infatti i meriti che la dinastia Zhang può vantare nella sua gestione dell’Inter:
- in primo luogo la cifra investita, pari a circa 900 milioni in poco meno di otto anni;
- in seconda istanza, e cosa non certo secondaria, i trofei vinti, ben sette di cui due scudetti. Numero che pone Steven Zhang quale il terzo presidente più vincente della storia nerazzurro dopo Massimo Moratti (16) e alla pari con padre Angelo (anch’egli 7). Zhang ha vinto lo stesso numero di trofei del numero uno della Grande Inter ma il peso specifico non è lo stesso;
- non solo, ma uscendo da un mero aspetto quantitativo, gli Zhang hanno avuto il merito enorme di portare l’Inter laddove deve stare e non dove era piombata negli opachi anni della gestione Thohir: al vertice del calcio italiano e sognare in grande e ad avere ambizioni consone a quella che la sua storia impone;
- infine, ma certamente non meno importante, ha lasciato un club che vanta il miglior management d’Italia e che negli ultimi anni sta coniugando un certo miglioramento nei conti (l’utile operativo non è poi così lontano) con una elevata competitività sportiva nazionale ed internazionale. Tanto che i nerazzurri, dopo aver vinto la seconda stella, partiranno con i favori nel pronostico in campionato nella stagione 2024/25 e si sono qualificati sia per la nuova Champions League che per il Mondiale per club.
La storia del calcio e le connesse opinioni dei tifosi avranno il compito poi di stabilire se Steven Zhang sarà considerato un martire della causa nerazzurra che ha sacrificato parte dei suoi averi sull’altare della competitività della squadra. Oppure un imprenditore imprudente che, incauto del pericolo imminente, non si è peritato per tempo di vendere i gioielli di famiglia e adottare una strategia lacrime e sangue per tenersi il club e non incappare in una perdita significativa dall’investimento Inter.
Su questo secondo punto in particolare appare evidente che economicamente gli Zhang non ne escono bene. A fronte di un investimento di 900 milioni in questi anni, Zhang su un indennizzo previsti all’interno delle norme che regolavano il finanziamento non ripagato. Queste in particolare indicano che qualora l’obbligazione non sia onorata, Zhang avrebbe diritto al differenziale tra una stima sul valore del club (stilata da un soggetto terzo) e l’ammontare del prestito non ripagato (395 milioni). Appare quindi difficile che sommando le varie componenti si vada vicino a quella cifra oltre il miliardo che Zhang considerava la soglia soddisfacente per potere vendere il club nerazzurro.
IL MONDIALE NEGLI USA E IL TEMA BOND
Quel che è certo è che ora la parola spetta a Oaktree, che non a caso in questi giorni sta accelerando sui vari aspetti tecnici concernenti il sui ingresso nel capitale. A livello strategico il fondo USA si trova nella privilegiata situazione, come si accennava in precedenza, di avere praticamente il miglior management su piazza con il trio Marotta-Antonello-Ausilio visto con la macchina Inter che sul lato economico continua a mostrare miglioramento nella gestione caratteristica (non contando quindi l’aspetto debitorio ma solo quello della gestione corrente) e sembra molto ben oliata nella gestione sportiva, con la prossima campagna acquisti praticamente quasi completata. Per altro, particolare significativo, al Mondiale per Club che si disputerà nell’estate 2025 negli Stati Uniti, Oaktree avrà l’opportunità di presentarsi come una delle soltanto due proprietà statunitensi a capo di una società europea qualificata per il torneo (l’altra è quella di Todd Boehly e soci al Chelsea).
È evidente però che prima di giungere al nuovo Mondiale per Club molte decisioni strategiche dovranno essere prese. Soprattutto perché nel 2027 l’Inter ha in scadenza un bond da 400 milioni che è in capo alla stessa società e non al suo proprietario come nel caso di quello appena non ripagato da Zhang. Quindi se l’obbligazione non dovesse essere onorata, sarebbe l’Inter stessa (e non il suo proprietario) a pagarne le conseguenze.
In questo quadro è chiaro che questo moloch da 400 milioni sia un primo punto dirimente di come potrà agire la nuova Inter targata Oaktree. Perché una cosa è certa: per quanto i conti si vadano normalizzando, l’Inter non sarà mai in grado di produrre da sé cassa per 400 milioni in tre anni. E pertanto dovranno essere trovate soluzioni straordinarie. Tra poco, quindi non appena istituito il nuovo cda e varata la stagione, il tema tornerà sicuramente sul tavolo e da li, se non dall’ormai imminente calciomercato, si inizierà a capire come Oaktree intenderà agire sull’Inter.
Sono diverse d’altronde le soluzioni sul tavolo contando sul fatto che la forza finanziaria di Oaktree consente all’Inter di approcciare i mercati con minore debolezza. Da quanto trapela la strategia iniziale potrebbe essere quella di continuare, con spalle finanziariamente più solide, quella sinora seguita da Marotta, Ausilio e Antonello: ovvero tenere alto il livello di competitività della squadra non disdegnando però plusvalenze qualora il mercato ne creasse l’opportunità, nei fatti confermando la strategia del mercato a zero delle ultime stagioni. Di qui l’ampio mandato all’attuale governance. Il punto interessante è che l’Inter da un punto di vista sportivo è a un livello molto elevato e i prossimi rinnovi di Lautaro e Barella saranno già dei nodi importanti per evidenziare le capacità di spesa.
Su un versante più tecnico da punto di vista economico e sempre nell’ottica di pagare il bond del 2027, numerose sono le opzioni sul tavolo ma niente impedisce di scegliere la via percorsa dai Friedkin alla Roma nel 2022: ovvero un parziale ripagamento del bond in scadenza e accenderne uno nuovo di minore entità e a minor costo contando sul fatto che, proprio in virtù della solidità finanziaria di Oaktree alle spalle, il nuovo tasso di interesse potrebbe essere inferiore a quanto invece la stessa Inter spuntava quando era targata Zhang.
Questo ovviamente a meno che non si palesino offerte da investitori che puntino a entrare nel capitale. Cosa che ovviamente contribuirebbe non poco ad alleviare il sempre significativo monte debiti nerazzurro.