Inter, Moratti: «Si parla di 19 scudetti? Senza tutto quello che sappiamo saremmo a 25»

L’ex patron nerazzurro ha aggiunto: «Il derby È sempre una partita speciale. E il match dell’andata aveva insegnato che se l’Inter gioca da Inter non c’è partita».

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Massimo Moratti (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Dopo 58 anni dalla prima stella, conquistata dalla Grande Inter di Helenio Herrera con Angelo Moratti come presidente, l’Inter della famiglia Zhang festeggia il 20° scudetto. A celebrarlo non poteva mancare Massimo Moratti, il presidente più vincente della storia nerazzurra con i suo 17 trofei fra cui proprio 5 campionati di Serie A e una Champions League.

E non poteva mancare qualche frecciatina verso chi sottolinea come gli scudetti in realtà siano solo 19 per l’Inter per via dell’assegnazione a tavolino di quello del 2006. Moratti risponde così a queste insinuazioni: «Senza tutto quello che sappiamo saremmo già a quota 25. Vincere la seconda stella nel derby? È sempre una partita speciale. E il match dell’andata aveva insegnato che se l’Inter gioca da Inter non c’è partita». Ha dichiarato Moratti al La Gazzetta dello Sport.

Sulla stagione in generale e sul gioco espresso dalla squadra di Simone Inzaghi: «Per come sta in campo, questa Inter è abbastanza unica. Ti diverte sempre, non regala un calcio lento e noioso come fanno altre. Anche se un paragone tra epoche così lontane è impossibile, tanto che non ne ho mai fatti nemmeno tra i singoli giocatori di allora e di oggi, quello di Herrera per certi versi era il calcio più bello del mondo. Andava in porta con tre passaggi. È una stagione molto positiva. La seconda stella al termine di un campionato dominato mitiga la delusione della Champions, competizione crudele in cui si può andar fuori per un nulla. Delusioni che bisogna accettare. Pensiamo al City che col Real ha attaccato per 120 minuti ed è uscito. Uomo simbolo? Barella. Forse anche perché è il primo che viene in mente, essendo ovunque in campo. Ma è davvero di tutti, di Dimarco che è l’interismo fatto persona, di Calhanoglu e Mkhitaryan che hanno fatto una stagione stupenda, di Lautaro che è una forza della natura».

Poi non poteva mancare un tuffo nel passato fino alla prima stella conquistata nel 1966: «È arrivata in un momento di grandi vittorie, in quei giorni avevamo vinto da pochi mesi l’Intercontinentale e perso la semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid. Alzare trofei era abbastanza un’abitudine, anche se resta un’emozione meravigliosa».

Su quella squadra e sul rapporto con alcuni di quei calciatori: «Avevo un affetto speciale per Mario Corso, persona squisita e molto legata alla nostra famiglia. Oltre che calciatore straordinario. In quel campionato poi Facchetti segnò 10 reti, quasi tutte in partite importanti. Col Cipe poi si creò un rapporto ancora più speciale. Un vero amico che mi manca ancora tanto».