Se il Tottenham incassa 7 milioni a partita dal nuovo stadio mentre Inter e Milan meno della metà

L’impianto londinese, inaugurato nel 2019, si è trasformato in un “gigantesco bancomat” per gli Spurs: in Italia intanto i club sono alle prese con lungaggini burocratiche e problemi economici.

Liberty Media interesse Tottenham
FOOTBALL AFFAIRS
(Foto: Julian Finney/Getty Images)

La notizia ha avuto l’effetto di smuovere le acque sempre impantanate nel nostro Paese sulla questione stadi: il nuovo impianto del Tottenham, inaugurato nel 2019, è diventato una vera e propria macchina da soldi per il club londinese. Il Tottenham Hotspur Stadium infatti porta circa 7 milioni di euro d’incasso a partita e questo al netto degli eventi non legati al calcio, come la boxe, le partite europee della NFL, la lega statunitense di football americano, e i concerti. Nei fatti diventando una fonte di entrate che pochi altri club al mondo possono vantare e non è un caso che il Tottenham abbia segnato incassi record nella scorsa stagione dallo stadio, per quanto questa non abbia impedito agli Spurs di chiudere il bilancio 2022/23 in perdita per circa 100 milioni.

In un lungo articolo di The Athletic, in particolare è stato analizzato come il Tottenham riesca a generare incassi notevolissimi da uno stadio costato circa 1,5 miliardi di euro. Se il vecchio White Hart Lane portava circa 1,3 milioni di euro a partita in media, oggi, scrive il magazine USA, il nuovo Tottenham Hotspur Stadium è un “gigantesco bancomat” da 62.000 posti, che genera circa 7 milioni di euro di ricavi a partita e una fetta corposa di questi arriva dai vari bar e ristoranti all’interno dello stadio, che garantiscono circa 1,2 milioni di euro a partita anche nel post-gara, quando restano aperti a lungo.

Inoltre, le partite di calcio, come si diceva, sono solo una parte, perché il Tottenham punta a riempirlo anche quando non giocano gli Spurs. La NFL paga per essere ospitata nello stadio londinese ed è prevista per il club inglese una percentuale dei milioni di sterline derivanti da cibo e bevande, che si stima siano tre volte maggiori rispetto ad una singola partita degli Spurs, oltre ad una percentuale sul merchandising. Poi anche rugby e boxe sono state protagoniste nell’impianto del Tottenham e soprattutto, c’è il tema dei concerti. Nel 2022 ha ospitato due serate ciascuna di Lady Gaga e Guns N’ Roses, e Beyoncé alla fine della scorsa stagione. Concerti che hanno portato ricavi per l’affitto, oltre ad una percentuale su merchandising, cibo e bevande per il Tottenham.

Il tutto senza dimenticare altre leve su cui il Tottenham può puntare, come il tema dei naming rights: il club è impegnato a trovare il partner giusto ma non è stato facile con la pandemia e la Brexit. Intanto, la scorsa settimana il Tottenham ha ottenuto l’approvazione per il nuovo hotel di 30 piani che verrà costruito accanto allo stadio.

Infine, ma non certo meno importante, il nuovo impianto ha avuto anche un impatto sull’area: secondo un rapporto di EY il Tottenham ha contribuito con un “valore aggiunto lordo di 344 milioni di sterline” all’area tri-borough nel 2021-22, portando 3.700 posti di lavoro. Con più eventi e più visitatori previsti, si prevede che questa cifra aumenterà a 585 milioni di sterline contribuiti nella stagione 2026-27.

IL CASO TOTTENHAM E LA DISTANZA CON L’ITALIA

Sono cifre che evidentemente non possono non fare riflettere sulla situazione italiana, che vede solo pochissimi stadi moderni e di proprietà (in ordine alfabetico Atalanta, Juventus, Sassuolo e Udinese) e soprattutto vede le due città principali impelagate in un trattative annose e che non sembrano mai prendere un via decisivo: nella Capitale abbiamo ormai superato i dieci anni da quando James Pallotta presentò, nel marzo 2014, il primo piano per il nuovo stadio della Roma nell’area di Tor di Valle, mentre a Milano il balletto sui nuovo stadi di Inter e Milan dura ormai da quasi cinque anni. Per quel che concerne la Capitale, con l’acquisto dei giallorossi da parte di Dan Friedkin la scelta è stata quella di interrompere definitivamente i piani per lo stadio a Tor di Valle puntando sull’area di Pietratalata e vedremo se questa volta il nuovo stadio si costruirà. Mentre Lotito dice di voler valutare lo Stadio Flaminio per la sua Lazio.

A Milano invece la situazione appare, se possibile, più complessa. Inter e Milan dicono di avere due progetti separati per uno stadio di proprietà: i nerazzurri a Rozzano e i rossoneri a San Donato. Con questi ultimi che, a dire il vero, sembrano molto più avanti avendo acquistato i terreni sui cui eventualmente edificare l’impianto.

Nello stesso tempo però entrambe le società non disdegnano di osservare con interesse al nuovo progetto per San Siro che la società di infrastrutture WeBuild sta preparando. «Ho sentito e apprezzo le parole di pragmatismo di Gerry Cardinale. La cosa positiva è che Inter e Milan hanno mandato a WeBuild le loro necessità e ce l’hanno comunicato formalmente, in maniera tale che WeBuild le possa considerare nella costruzione del progetto. Quindi io sospendo ottimismo o pessimismo in attesa di giugno (quando si avrà lo studio di fattibilità di WeBuild, ndr)», ha spiegato il sindaco di Milano Giuseppe Sala confermando come l’ipotesi San Siro sia ancora molto presente sui tavoli delle negoziazioni di entrambe le società.

La tesi dei due club, infatti, è che le entrate che i nuovi impianti assicurerebbero alle casse societarie offrirebbero loro quel plus che gli consentirebbe di tornare a competere come favorite anche in campo europeo, e non solo come outsider come è successo nella passata stagione.

Stando ai numeri la tesi non pare fuori luogo. Nel 2022/23 Inter e Milan (si veda tabella sottostante) hanno incassano rispettivamente 79 e quasi 73 milioni dal proprio stadio, per una media di 2,8 milioni a partita (la Juventus ha uno stadio molto più piccolo di San Siro e questo può spiegare l’incasso inferiore). Quel che è certo è che si nota una differenza notevole con i 7 milioni assicurati ogni partita dal nuovo stadio del Tottenham, visto che quanto incassato dalle milanesi è meno della metà di quanto introita il club londinese.

Questo detto, è vero che Milano non è Londra. Nel senso che se il capoluogo lombardo è il centro economico/finanziario italiano, la capitale inglese ne è il punto nevralgico europeo con tutto quello che comporta per gli incassi da corporate hospitality. Inoltre il costo della vita nella megalopoli sul Tamigi è superiore e quindi ne consegue che anche il prezzo delle bevande e dei servizi serviti allo stadio del Tottenham è più elevato di quelli che eventualmente sarebbero venduti nei nuovi stadi a Milano.

Ciò non toglie però che la differenza di incasso è notevole. E quindi è ipotizzabile che un nuovo impianto, ideato apposta per ottimizzare gli incassi, darebbe un boost notevole alle entrate e quindi alle ambizioni delle due squadre milanesi. Non solo, ma non ci sono nemmeno dubbi sul fatto che un nuovo impianto di proprietà consoliderebbe i due club da un punto di vista patrimoniale.

Insomma a poter pagare la struttura l’investimento, più o meno si parla di 1,2 miliardi, sarebbe senza dubbio un affare. Ma il punto è proprio questo: bisogna avere i soldi per costruirlo.

NUOVO STADIO A MILANO: IL TEMA DEI COSTI

Entrando nello specifico, va notato che in teoria sia il nuovo stadio dell’Inter sia quello del Milan, così come nel progetto iniziale del nuovo San Siro nella stessa area dell’attuale, sarebbero in project financing e si pagherebbero di fatto da soli con gli introiti che lo stadio garantirebbe nel corso degli anni. La cosa se da una parte limiterebbe la possibilità di spendere questi incassi sul mercato, dall’altra non pone grandi ostacoli economici affinché una società parta e si costruisca il proprio stadio, magari fuori città evitando i passaggi burocratici che sinora hanno stoppato qualsiasi iniziativa.

Nonostante questo però e malgrado i proclami sui nuovi stadi separati da entrambe le parti si continua a strizzare l’occhio all’ipotesi San Siro stando molto attenti al piano di fattibilità che sta stilando la società di costruzioni WeBuild presenterà. La verità probabilmente è che il costo di un nuovo impianto (più o meno un miliardo) preoccupa non poco le due proprietà.

Quella dell’Inter in primo luogo perché tra non molto, ovverosia il prossimo 20 maggio, scade il prestito con Oaktree e l’assetto proprietario potrebbe non essere più lo stesso con la conseguenza che l’intero universo nerazzurro potrebbe cambiare direzione o strategia nell’arco di qualche anno (della questione se ne è ampiamento parlato nell’editoriale di settimana scorsa).

Ma anche quella del Milan sembra essere più aperta di quanto non fosse prima. Se a Bloomberg il numero uno di RedBird Gerald “Gerry” Cardinale ha spiegato di volere un nuovo stadio «sullo stile americano, con 70.000 posti a sedere. Porteremo la musica a Milano e un campus di intrattenimento per Milano, davvero legato alla squadra». Pochi giorni prima aveva anche spiegato a Fortune: «Se lo stadio non si farà, rimarremo a San Siro». Parole che gli sono valse l’apprezzamento per pragmatismo del sindaco Sala. E per quanto concerne l’ammontare monstre della spesa per l’investimento va notato anche che nell’intervista a Calcio e Finanza lo stesso businessman newyorchese aveva prima aperto a una possibilità di uno stadio congiunto con l’Inter a San Donato e poi aveva spiegato la possibilità di trovare dei soci di minoranza nei Paesi del Golfo.

Invece il presidente Paolo Scaroni dal canto suo non aveva mai precluso la porta all’ipotesi San Siro. E tanto meno sembra non chiudere ora visto che il nuovo progetto sarà targato WeBuild, il cui General Manager è l’ex componente del cda milanista Massimo Ferrari.

Va notato per altro che l’ipotesi San Siro non è necessariamente in contrasto con la strategia di Cardinale. L’uomo d’affari statunitense ha spiegato più volte di avere un progetto di medio-lungo periodo sul Milan. Ciò detto, è evidente che un fondo, per sua natura, prima o poi dovrà uscire dall’investimento. In questo quadro è ovvio che se al momento dell’uscita il club rossonero avrà uno stadio di proprietà la società varrà molto di più di quanto possa essere prezzata ora. Nello stesso tempo però bisognerà vedere di quanti soldi e quanto tempo (e quindi capitale immobilizzato) questa nuova operazione avrà necessità. E non è detto che nell’analisi tra costi e benefici la soluzione low cost del nuovo San Siro targato WeBuild potrebbe essere la più conveniente per entrambe le società.

Anche perché in linea puramente teorica la permanenza a San Siro non esclude, nel caso giungessero nuovi soldi nei due club o nuovi proprietari, di portare avanti su una o sull’altra sponda nel medio-lungo termine il progetto nuovo stadio in solitario.