Big vs piccole, Serie A vs FIGC, Superlega vs UEFA e non solo: tutti gli scontri del calcio mondiale

Tutto il mondo del pallone è in fermento: ecco quali sono le battaglie di oggi che potranno decidere il futuro prossimo.

FIGC chiusura calciomercato
FOOTBALL AFFAIRS
Gabriele Gravina (Foto: Gabriele Maltinti/Getty Images)

Se non è un tutti contro tutti poco ci manca all’interno del calcio italiano e di quello europeo. Non c’è infatti un settore del sistema nazionale e internazionale nel mondo del pallone che possa dirsi in pace in questo momento. Segno evidente che l’intero settore sta vivendo un significativo momento di discontinuità e che le battaglie che si stanno combattendo oggi saranno decisive per i prossimi anni nel mondo del calcio.

In Italia lo scontro che desta più clamore è quello tra la Lega Serie A e la FIGC, con la prima che chiede anche a voce molto alta di avere un maggiore peso in seno alla federazione. Ma se questo non bastasse, anche all’interno della stessa associazione che raggruppa i club della massima categoria, il clima non è dei migliori: infatti le big – segnatamente Inter, Juventus, Milan e Roma – non hanno ancora abbandonato l’idea di avere una Serie A a 18 squadre anziché a 20, sulla stessa linea di quanto succede nella Bundesliga tedesca da anni e nella francese Ligue 1 dalla stagione in corso attualmente.

Infine, anche a livello internazionale la situazione non è placida, visto che oltre alla neanche tanto sotterranea guerra che la Superlega sta conducendo contro la UEFA, sono sempre presenti le tensioni tra la FIFA e le confederazioni continentali, in particolare quelle più prestigiose come la UEFA (Europa) e la CONMEBOL (Sudamerica).

LA SERIE A CHIEDE PIÙ PESO IN FIGC

Entrando nello specifico, è stato Claudio Lotito a palesare in maniera plateale il fuoco che ardeva sotto la cenere. Il presidente biancoceleste, parlando a margine del match tra la Lazio e il Milan, non ha solo criticato aspramente l’arbitraggio di Di Bello in quella partita ma ha anche parlato della possibilità di una causa legale da parte della Lega Serie A contro la FIGC. E questo in un momento non certo casuale, visto le difficoltà giudiziarie – e quindi la debolezza politica – che coinvolgono il presidente della FIGC Gabriele Gravina attualmente al centro di un caso legato ai dossieraggi emersi dalla Procura di Perugia e indagato per appropriazione indebita e autoriciclaggio.

Come si diceva, il malcontento durava da tempo tra i presidenti della Serie A. Questi infatti contestano alla federazione di avere un potere decisionale molto limitato in seno alla FIGC nonostante il fatto che il massimo campionato sia nettamente il traino economico non solo dell’intero sistema calcio ma anche dell’intero lo sport italiano: i contributi per le varie federazioni sportive italiane infatti arrivano in particolar modo dalla contribuzione fiscale e previdenziale del settore sportivo, di cui il calcio è il principale contributore (con una percentuale pari a circa il 70%).

E in effetti stando alla struttura attuale la Serie A, la massima categoria conta solo per il 12% dei voto all’interno della federazione, dove invece la fanno da padroni categorie come la Lega Pro e la Lega Dilettanti. Come sono distribuiti i delegati e i pesi in assemblea? Sono complessivamente 516, così suddivisi:

  • Serie A: 20 delegati con un peso ciascuno di 3,09 e una somma complessiva pari al 12%
  • Serie B: 22 delegati con un peso ciascuno di 1,17 e una somma complessiva pari al 5%;
  • Lega Pro: 60 delegati con un peso ciascuno di 1,46 e una somma complessiva pari al 17%;
  • Dilettanti: 90 delegati con un peso ciascuno di 1,95 e una somma complessiva pari al 34%;
  • Calciatori: 52 delegati con un peso ciascuno di 1,98 e una somma complessiva pari al 20%;
  • Allenatori: 26 delegati con un peso ciascuno di 1,98 e una somma complessiva pari al 10%;
  • Arbitri: 9 delegati con un peso ciascuno di 1,15 e una somma complessiva pari al 2%.

Questa struttura decisionale per altro, come ha svelato uno studio del CIES, è quasi un record negativo per il calcio italiano, in quanto pone la serie A al terzultimo posto nella graduatoria mondiale di quanto la massima categoria calcistica di un Paese pesi all’interno della propria federazione. Peggio dell’Italia solo Botswana e Stati Uniti, e anche la Premier League, ma quello inglese è un caso particolare perché se è vero che anche la massima serie di Sua Maestà conta poco (7%) nel processo decisionale della Football Association, è altrettanto vero che la stessa Premier gode però di ampia autonomia. Ed è proprio al modello di Oltremanica che pensava Lotito quando ha spiegato i suoi desiderata. Infatti, dopo la “scissione” dalla Football Association nel 1992, resta una larga autonomia su molti temi: a partire ad esempio da quelli legati ai criteri economico-finanziari da rispettare per il campionato, visto che in Italia è la FIGC a stabilire i criteri e a sanzionare (attraverso la Covisoc) i club, mentre in Inghilterra è direttamente la Premier League (come nel caso dell’Everton). Una autonomia legata anche ad altri aspetti tecnici, come i temi dei contratti e anche in ambito arbitrale.

L’interrogativo a questo punto e se siano oppure no giustificate queste istanze da parte della Serie A? Secondo Calcio e Finanza sì, i presidenti dei club di Serie A non hanno torto. E non soltanto per il terzultimo posto di cui sopra, ma soprattutto perché in un settore come quello del calcio ormai impegnato in una competizione mondiale tra campionati per valorizzare il proprio prodotto e garantirsi il massimo dai diritti televisivi, chi è chiamato, come la Serie A, a portare a casa i denari deve necessariamente essere più ascoltato. Anche perché più soldi incamera e più ce ne sarebbe da distribuire in valore assoluto per l’intero sistema calcio.

Questo detto, però c’è un appunto che però non si può sottacere ai presidenti di Serie A e concerne il meccanismo decisionale ei poteri all’interno della Lega.

Se infatti il massimo campionato sente l’esigenza di un maggiore ascolto delle proprie istanze, va anche detto però che le necessità e gli obiettivi sarebbero più semplicemente perseguibili se la Lega operasse come una azienda vero e propria (e quindi con un management che possa decidere in maniera autonoma) e non come un organo intermedio in cui ogni decisione viene presa a maggioranza qualificata o semplice tra i vari componenti. Specie se si deve operare in un contesto di competizione a livello mondiale.

IL CALENDARIO E LA SERIE A A 18 SQUADRE

Questo detto, non che all’interno della Lega Serie A non vi siano divisioni. Ormai da tempo infatti le squadre abitualmente impegnate nelle coppe europee denunciano un calendario sempre più ingolfato con la situazione che è destinata a peggiorare la stagione prossima vista l’introduzione del modello svizzero in Champions League che comporterà due partite in più nella fase a gironi (che però saranno disputate anche a gennaio andando a complicare anche la creazione del calendario per la Serie A).  E infatti quattro tra le big – Inter, Juventus, Milan e Roma – non hanno nascosto la volontà di abbassare il numero delle squadre della massima categoria da 20 a 18 squadre.

I benefici sarebbero molteplici, come già spiegato in un editoriale precedente di questo appuntamento.

E tra questi spiccano:

  • Quattro turni in meno di campionato e quindi calendario meno ingolfato
  • Minore necessità di rose extra-large
  • Minor pericolo di infortuni
  • Minor numero di giocatori nella massima serie e quindi maggior tasso tecnico di tutti i protagonisti
  • Minor numero di posizioni “neutre” in classifica tra quelle valevoli per le coppe e quelle per la salvezza. E quindi minor pericolo di partite inutili verso il termine del campionato

Il punto però è che sarà difficile ottenere il quorum necessario (14 voti a favore su 20), e si torna alle difficoltà di governance della Lega di cui sopra.

Alla maggioranza delle squadre infatti non conviene questa modifica perché in termini numerici sono più i club che temono di potere scendere in Serie B di quelli con presenza quasi certa nella coppe. E infatti tra quelle contrarie all’abbassamento ci sono sia le società che lottano tradizionalmente per la salvezza sia quelle che tipicamente stazionano nella parte media ma che potrebbero incappare in una stagione maledetta e quindi essere pericolanti anch’esse. Oltre alle posizioni personale di Aurelio De Laurentiis (Napoli) che da tempo vota contro o si astiene nella stragrande maggioranza delle votazioni in aperta discussione con il management della Lega ma anche con gli altri club, e di quella di Lotito che in Lega è il punto di riferimento nei fatti di molti piccoli club e che quindi trae dal numero ampio di componenti un potere maggiore.

D’altronde retrocedere non solo non conviene a nessuno, ma è in tutto e per tutto una vera e propria iattura sia in termini sportivi sia, se non di più, in quelli economici.  Come ha svelato Calcio e Finanza infatti quanto incassa un club dai diritti tv in Serie A sarà una cifra comunque superiore, indipendentemente dalla fascia di appartenenza del club che scende in B, a quanto quella stessa società potrebbe incamerare tramite il paracadute concesso (per altro per una sola stagione) ai club scesi nella categoria inferiore.

È evidente quindi che la stragrande maggioranza dei presidenti vedano come un incubo la sola ipotesi di passare a 18 squadre.

IL MONDIALE PER CLUB E IL TEMA CONTRATTI

Sullo sfondo, infine, esistono sempre le tensioni internazionali. A cominciare da quelle legate allo scontro tra la Superlega e la UEFA, con la prima che ha divulgato un sondaggio dell’istituto francese Opinion Way commissionato da A22 Sports (la società dietro il nuovo progetto) stessa secondo il quale il 72% dei tifosi europei sarebbero sostenitori di un torneo pancontinentale. E in questo quadro nell’appuntamento scorso di questa editoriale si è svelato come la strategia della Superlega sia quella di puntare sui club scontenti della situazione attuale.

Nello stesso tempo però sono sempre presenti anche le tensioni tra le confederazioni continentali come la UEFA o la CONMEBOL, soprattutto per quanto concerne nuovi tornei e gli spazi nei calendari. Tanto che queste ultime hanno di nuovo istituto la Coppa Intercontinentale, dopo che questa manifestazione in sede FIFA era stata sostituita dal vecchio mondiale per club (che includeva dal 2005 anche i campioni di Asia, Africa Nord America e Oceania). Inoltre UEFA e CONMEBOL hanno anche istituito la Finalissima, che altro non è che la Coppa Intercontinentale per squadre nazionali tra la selezione vincente degli Europei e quella della Copa America.

Per altro proprio il nuovo Mondiale per club a 32 squadre, ideato dalla FIFA e previsto per il 2025, sarà un ulteriore banco di prova nelle relazioni tra la federazione mondiale e quelle continentali. Il nuovo torneo, che tra le italiane vedrà impegnate sicuramente l’Inter e una tra Napoli e Juventus, si disputerà negli Stati Uniti tra giugno e luglio e ancora bisogna stabilire numerosi criteri. Tra questi quello, importantissimo, di come considerare i giocatori convocati per il Mondiale in scadenza al 30 giugno 2025 e che magari nel frattempo si sono accordati per giocare la stagione successiva in un altro club.

Potranno giocare l’intero torneo e cosa succederà se dovessero infortunarsi?