Eredità Agnelli: Exor e l'Opa da un miliardo "per scherzo"

In un volume commissionato da Margherita e mai pubblicato si ipotizzano le origini del patrimonio offshore di Gianni Agnelli.

Exor
John Elkann e il team manageriale di Exor (Foto: ufficio stampa Exor)

La vicenda legata all’eredità di Gianni Agnelli è contorta e riguarda un patrimonio potenzialmente miliardario. Se mai dovesse rivelarsi autentica, come ha cercato di illustrare Margherita Agnelli – prima nel procedimento civile del 2007 contro sua madre Marella Caracciolo, poi in un secondo contro i figli John, Lapo e Ginevra Elkann nel 2020, e infine con un esposto alla Procura di Torino –, molte altre verità potrebbero venire alla luce.

A proposito di cifre, secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano si parla almeno di 1 miliardo e 44 milioni di euro, sulla base di una stima più prudente fatta 16 anni fa nella ricostruzione di un patrimonio avvolto dal mistero. Tuttavia dal 2004 a oggi la stessa enorme somma di 1 miliardo è riapparsa più volte nella saga dell’eredità Agnelli: sempre all’estero e sempre in contesti legati alla Famiglia.

Segreti importanti sarebbero inoltre nascosti in un volume di 369 pagine, stampato in lingua francese e in sole cinque copie, che Margherita Agnelli non ha mai pubblicato. Lo aveva scritto, per conto della figlia dell’Avvocato, il belga Marc Hürner: titolare della Financial Intelligence & Processing (Fip) di Bruxelles, un’agenzia di investigazioni finanziarie. Il titolo è esplicito, “Les Usurpateurs. L’histoire scandaleuse de la succession de Giovanni Agnelli” e l’immagine di copertina è il rilievo architettonico del palazzo di corso Matteotti 26 a Torino.

Hürner ha scavato in trust, finanziarie e offshore di Svizzera, Liechtenstein, Lussemburgo e USA, e nei paradisi fiscali dei Caraibi: 30mila pagine di documenti. L’obiettivo era dichiarato: dimostrare che, accanto al patrimonio italiano di Gianni Agnelli, ne sarebbe esistito anche uno estero. Il “tesoro” al quale la figlia del Signor Fiat non ha mai smesso di dare la caccia.

Per l’analista francese, il sancta santorum della ricchezza estera di Gianni Agnelli sarebbe da identificare in una clamorosa operazione finanziaria del novembre 1998: l’Offerta pubblica d’acquisto (Opa) di Exor Group Lussemburgo. La sua ricostruzione prende le mosse dal Lussemburgo. Là, da tempo, esisteva una sorta di “salvadanaio” estero della Famiglia: una società quotata nella Borsa del Granducato, Exor Group. Una denominazione sino ad allora quasi sconosciuta, quantomeno in Italia.

In realtà, operava in Lussemburgo sin dal 1966 come filiale dell’italiana ed era stata creata da Gianni Agnelli e dal cugino Giovanni Nasi. Con il passare degli anni, però, le partecipazione dell’Ifi e dell’accomandita di famiglia, la Giovanni Agnelli & Sapaz, diminuiscono progressivamente, sino a scendere all’inizio di quel 1998 adappena il 19,74%, mentre oltre il 60% è in mano ad “azionisti anonimi”, rappresentati da fiduciarie.

La società del Granducato è strategica per gli Agnelli nel 1998 è già ricchissima grazie alle numerose filiali negli Stati Uniti e in altri Paesi: al 31 dicembre 1997, il patrimonio netto è indicato in 737 milioni di euro, ma il consolidato ammonterebbe a 2 miliardi e 286 milioni. A questo punto, nello scenario descritto in “Les Usurpateurs”, la società mette in vendita le filiali creando un maxi-dividendo pari a 1 miliardo e 750 milioni di euro sul quale i soci italiani (sia ufficiali che anonimi) dovrebbero poi versare al nostro Fisco imposte stratosferiche.

Secondo Hürner, chi comandava davvero in Exor avrebbe allora deciso di trasformare quei dividendi in plusvalenze pagabili all’estero e non tassabili. Si tratterebbe di “un’operazione geniale”, studiata da una mente raffinatissima: l’Opa lanciata dalla “Giovanni Agnelli & C. Sapaz” il 10 novembre 1998 per 2.600 miliardi di lire. In realtà, l’accomandita fonda, sempre in Lussemburgo, una nuova società. È il 12 novembre e la chiama “Giovanni Agnelli & C. International”. Sarà quest’ultima ad avviare ufficialmente l’Opa su tutte le azioni di Exor escluse quelle detenute dall’Ifi e dall’accomandita di famiglia: dunque, su tutti i rimanenti titoli degli azionisti anonimi.

L’Opa ha un effetto immediato tra gli azionisti sconosciuti: i titoli acquistati ammontano aun totale di 1 miliardo e 364 milioni di dollari finiti nelle casse degli “anonimi” i quali, da quel momento, escono per sempre da Exor Group. Il 21 giugno, la stessa Exor delibera il futuro pagamento del maxi-dividendo da 1 miliardo e 527 milioni di dollari e il 30 giugno assorbe la sua azionista, la “Giovanni Agnelli & C. International”, che sparisce. A questo punto, Exor Group decide infine di saldare il debito con Rockefeller (debito ereditato dalla società scomparsa) e lo fa utilizzando proprio il denaro del maxi-dividendo.

Al termine dell’opera zione, Ifi e accomandita controllano assieme l’84,79% della “gemella” lussemburghese anche se nessuna delle società italiane coinvolte ha dichiarato di aver ricevuto un reddito dall’Opa. Gli “anonimi”, invece, avrebbero lasciato Exor portando con sé, e all’estero, oltre 1 miliardo e 300 milioni di dollari. Secondo Hürner poi finiti in società offshore.

E i “soci anonimi” che hanno rotto il “salvadanaio lussemburghese”? Qui sta il perno della tesi di Margherita Agnelli. I fiduciari in avrebbero rappresentato, secondo le ipotesi di Hürner, Gianni Agnelli. In altre parole, il lento declino azionario di Ifi e dell’accomandita di famiglia, dal 100% di Exor Group del 1966 sino al 19,74% del 1998, avrebbe avuto un contraltare riservato: chi comprava le azioni da altri membri dell’accomandita sarebbe stato l’Avvocato attraverso delle fiduciarie.