Nella giornata di ieri è arrivata la ufficialità della cessione da parte della famiglia Moratti del 35% di Saras al gruppo svizzero-olandese Vittol per circa 595 milioni di euro, il totale delle azioni in suo possesso. Il prezzo che ha portato alla chiusura dell’operazione è stato fissato a 1,75 euro per azione per una capitalizzazione complessiva di 1,7 miliardi.
Come riporta l’edizione odierna de Il Sole 24 Ore, il mercato azionario ha visto una discesa delle azioni del 3,7% alla chiusura di lunedì, allineando il valore proprio alla quota definita per la vendita. Questa mattina, a Piazza Affari Saras ha aperto pressoché invariata a 1,725 euro per azione, dopo i rialzi di venerdì scorso che avevano visto il titolo volare fino a 1,96.
1,75 euro per azione sarà lo stesso prezzo che sarà offerto agli azionisti in caso di offerta pubblica di acquisto che scatterà quando Vitol chiuderà l’acquisizione del 35% della società petrolifera italiana (più un eventuale 5% che la holding ACM di Angelo Moratti potrebbe ricevere sulla base dell’esistente contratto derivato di funded collar). Se il prezzo fosse confermato si tratterebbe di un premio del 10% rispetto al prezzo del 6 febbraio, prima delle indiscrezioni che hanno portato al rialzo le azioni nei giorni successivi.
Ora la palla passa al Governo, che deve dare il proprio via libera in virtù del cosiddetto golden power, che scatta quando si avvia la cessione di un asset strategico per la politica energetica italiana, visto che dal sito di Sarroch, nel cuore del Mediterraneo, escono 300mila barili al giorno di prodotti raffinati, pari a 15 milioni di tonnellate all’anno e a circa un quinto della lavorazione complessiva nazionale. «Anche se la raffineria di Sarroch in Sardegna rappresenta un asset strategico per l’Italia, ci attendiamo che l’operazione possa ottenere semaforo verde», commentano gli analisti di Intermonte.
D’altra parte non mancano i precedenti a cui probabilmente guarda il mercato: la cessione della raffineria di Priolo, venduta nel 2012 da Erg a Lukoil e acquistata lo scorso maggio dal gruppo cipriota Goi Energy, affiancato dal gigante del trading Trafigura (azionista anche di Saras con il 10% del capitale), aveva visto il via libera condizionato del Governo a garanzie in tema di occupazione, livelli produttivi, tutela ambientale e tracciabilità delle forniture di petrolio. L’esito per Saras potrebbe, quindi, essere lo stesso.
«Sulle nostre stime dell’intero esercizio 2024, calcoliamo un multiplo dell’operazione pari a Enterprise value/Ebitda a 5,4 volte, nella parte bassa del range delle operazioni nel settore. Sull’Ebitda atteso per il 2024 di consensus il multiplo sarebbe quattro volte – osservano gli analisti di Equita Sim -. Riteniamo che l’adesione all’Opa possa essere abbastanza elevata, data la condizione di controllo della società e la volontà di fonderla per il delisting».