Moratti: «Ho sbagliato perché non ho mai considerato l'Inter un'azienda»

L’ex proprietario della società nerazzurra ha aggiunto: «Ricomprare la società? No, sinceramente sono bravi quelli che ci sono. La cessione non la reputo una ferita aperta o un rimpianto, anzi».

Moratti
Massimo Moratti (Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Massimo Moratti non è più proprietario dell’Inter dal 2013 e non figura più nella società dall’anno successivo, ma continua a seguire con particolare interesse le vicende in casa nerazzurra, ma solo da semplice tifoso. In una lunga intervista a Radio Serie A con RDS, l’ex numero uno della società milanese ha ripercorso la sua gestione rivelando quale sia stato il suo più grande errore.

«Sono lo stesso di prima, non c’è più l’Inter che sentivo come un dovere e una passione. Sono preso dalle altre attività e dalla famiglia. Ho la fortuna di avere tre figli e dei nipoti che danno un significato a tutto – ha ammesso Moratti -. Quando sei presidente di una società come l’Inter e quando non lo sei sono due modi diversi di viverla. Prima sei responsabile e senti il senso del dovere. Da tifoso ti arrabbi con società e giocatore, ma porti a casa tutto molto più serenamente. L’Inter resta molto importante, chiunque pensi a noi ci lega all’Inter. Però era più facile prima, era il mio ambito. Adesso mi sento come uno a cui è capitata una cosa meravigliosa, ma è alle spalle ed è più difficile giustificare questa passione».

Moratti ha poi ammesso cosa gli manca e il suo più grande errore della sua gestione: «Essere proprietario dell’Inter non mi ha tolto nulla. Mi ha regalato emozioni e sorpresa. Non ho mai considerato l’Inter un’azienda, sbagliando. L’ho sempre considerata un’attività fortunata da seguire e a cui dover dare il massimo della generosità. Uno non lo fa per scelta, ma per carattere. Di sicuro non manderei via il povero Simoni dalla sera alla mattina. Poi Roberto Carlos, ma era una cessione obbligata per il bilancio. Avrei dovuto difendere di più Pirlo».

«Da presidente speri sempre di trovare qualcuno che ti faccia vincere e stravincere – continua Moratti -. Nei giocatori cercavo soprattutto la classe, poi preso Samuel ho capito che la classe era importante ma arrivato lui abbiamo aggiustato la squadra. Rimpianti? Tantissimi. Tante volte sono legati al non poter fare qualcosa, per cui Cantona sarebbe stato un cambio di marcia. Poi Pirlo al Milan, piuttosto che allenatori che potevo trattare meglio o peggio. Ma tutto quello che fai è per il bene della società».

Poi ci sono calciatori speciali come Recoba e Ronaldo: «Recoba era semplicemente classe. Era un fatto calcistico. Tanta classe e tanta potenza era difficilissima da vedere assieme. Non avesse avuto tanta pigrizia… Quando l’ho acquistato mi è stato venduto da un famoso manager sudamericano e mi disse che alla prima partita avrebbe fatto cadere lo stadio. Così è stato. Ho pensato fosse un predestinato. L’idea di avere in panchina uno che se lo metti fa qualcosa di potente, bello. Un altro così era Kanu, grandissimo giocatore, ma dopo il problema al cuore gli allenatori avevano paura. Ronaldo è molto intelligente, sveglio. Eccezionale. Non ha avuto fortuna perché avrebbe dovuto vincere tanto, ma si è fatto male. Era un allegro, sapeva anche adattare il momento della serietà».

Un altro grande calciatore dell’Inter di Moratti poteva essere Messi: «Lo avevo visto nell’Under 19 argentina. Questo ragazzo vinse la partita da solo. Mi aveva impressionato per il carattere e per la classe. C’erano giornalisti che mi chiedevano cosa pensassi, se volevo prendere Ronaldinho e io dissi che mi piaceva Messi. Lui lo seppe e si mise in contatto con noi, ma era stato curato e cresciuto dal Barcellona. Mi spiaceva. Però tutti gli anni mi mandava la sua maglietta, tutti gli anni. Lo vedevo all’Inter, ma Messi dove lo mettevi stava. Si vedeva già da ragazzino che era una cosa diversa».

Non può mancare, infine, una considerazione sull’eroe del Triplete Mourinho, il nuovo ruolo di Thiago Motta e un commento sulla situazione attuale dell’Inter: «Mou è adatto alla Roma. La società ha un grande potenziale, tutto da esprimere e lui inventa qualcosa ogni giorno. Mentre non mi aspettavo che Thiago facesse l’allenatore. È sempre stato intelligente e molto pratico, cose che lo hanno fatto diventare bravissimo. Il Bologna gioca bene e vince. Motta è quello che mi piace di più, a parte Inzaghi che è bravissimo. L’Inter? La squadra è fortissima in tutti i settori. Davanti, a metà campo. In porta si pensava fosse andato via il più bravo del momento e questo lo fosse meno, invece è bravissimo. Poi coi cinque cambi puoi graduare bene la fatica. Lautaro è proprio bravo, ha il carattere da centravanti e fa gol bellissimi. E poi Thuram è una grande sorpresa. E poi in panchina c’è Inzaghi che è bravissimo, tiene costantemente un low profile e la squadra gioca benissimo. Non lo conosco personalmente, ma è bravo ed è migliorato. Una dote non da poco».

«Ricomprare l’Inter? No, sinceramente sono bravi quelli che ci sono. La cessione della società non la reputo una ferita aperta o un rimpianto, anzi. È stato un passaggio di responsabilità dopo tanti anni, mi sembrava fosse il momento giusto».