Decreto Crescita, Abodi a Calcio e Finanza: «Serve un ”tagliando” per la norma»

Il Ministro per lo Sport e i Giovani sul tema dei vantaggi fiscali per i calciatori: «Dobbiamo misurare l’impatto di questa norma e poi valutare come intervenire»

Abodi
Andrea Abodi (Image credit: Depositphotos)

Il tema del Decreto Crescita per il mondo del calcio continua a tenere banco. Un nodo tra politica e sportiva, dopo che nelle scorse settimane è emersa la possibilità di profonde modifiche alla norma che consente alle società calcistiche di sfruttare vantaggi fiscali legati agli stipendi di calciatori e allenatori che provengono dall’estero. Negli ultimi giorni, infatti, il calcio ha fatto sentire con forza le proprie posizioni, dal presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini fino all’amministratore delegato del Milan Giorgio Furlani, chiedendo di mantenere ancora attiva la norma in questione.

Il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, parlando con Calcio e Finanza ha voluto così spiegare la propria posizione sul tema del Decreto Crescita, lanciando la proposta di un confronto tra autorità istituzionali e organi calcistici per discutere sul futuro della norma: «Dobbiamo misurare l’impatto, diretto e indiretto, di questa norma e poi valutare come intervenire – le sue parole -. Ritengo opportuno coniugare nel modo migliore l’esigenza di offrire maggiori spazi ai giovani talenti calcistici italiani, con quella altrettanto importante di sostenere la competitività dei nostri club, certamente migliorata anche grazie agli effetti prodotti dal decreto crescita. Ripeto, è arrivato il momento di un “tagliando” che consenta di decidere come intervenire, senza pregiudicare valore, sportivo ed economico», ha concluso.

La norma, modificata nel 2019 per inserire all’interno anche gli sportivi professionisti, attualmente prevede vantaggi fiscali per chi sposta la propria residenza in Italia, con i redditi prodotti in Italia che vengono pesati solo al 50% in termini fiscali. Per poter godere di questi benefici, ci sono tuttavia da considerare delle condizioni da rispettare. Sono tre in particolare i parametri di accesso al regime per i lavoratori “impatriati”:

  • l’essere stati residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia;
  • l’obbligo di permanenza in Italia per due anni a seguito del trasferimento di residenza;
  • lo svolgimento dell’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Nel 2022 la soglia minima di stipendio al di sopra della quale è possibile sfruttare la norma è stata portata a 1 milione di euro per evitare che la norma venisse utilizzata per riempire di calciatori stranieri le squadre Primavera o le formazioni di Serie B. E tra le ipotesi su cui spinge il mondo del calcio c’è anche quella di alzare solo l’asticella, portandola a 2/3 milioni lordi oppure addirittura fino a ingaggi dai 15 milioni lordi a salire.

Guardando ai dati più recenti tra quelli disponibili, relativi all’anno 2021, i redditi di tutti coloro i quali hanno sfruttato in Italia i vantaggi fiscali legati al Decreto Crescita (non solo i calciatori e gli sportivi professionisti) sono stati pari a oltre 2,5 miliardi di euro per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, da spalmare su oltre 21mila lavoratori. Nel dettaglio, il settore “attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento”, che raccoglie anche i lavoratori dello sport, ha fatto registrare sgravi su oltre 415 milioni di euro (435 lavoratori complessivi), per una media di 954mila euro, la più alta tra i settori. Complessivamente, il settore è valso il 16% circa della cifra complessiva nel 2021.