Cori razzisti a Lukaku, Procura di Torino: «Reato tenue, tifosi Juve da non punire»

Il reato c’è, ma la Procura di Torino ne chiede l’archiviazione per l’articolo 131 bis del codice penale, che prevede l’esclusione della punibilità per «particolare tenuità del fatto».

Lukaku
(Foto: Valerio Pennicino/Getty Images)

La notte di Juventus-Inter, il 4 aprile 2023, semifinale di Coppa Italia, si registrarono cori razzisti contro Romelu Lukaku, ma non sono (penalmente) punibili: durarono poco, furono fatti per «evidenti ragioni di rivalità sportiva» e i quasi 150 tifosi bianconeri indagati si «influenzarono l’uno con l’altro». Il reato c’è, ma la Procura di Torino ne chiede l’archiviazione per l’articolo 131 bis del codice penale, che prevede l’esclusione della punibilità per «particolare tenuità del fatto».

Tutto – ricorda Il Corriere della Sera – accadde in un clima di tensione, quando Lukaku esultò sotto la Curva: sull’attenti, occhi chiusi e dito sulla bocca. Celebrazione abituale per il belga, che fu oggetto di razzismo e paradossalmente squalificato dal giudice sportivo (l’esultanza fu interpretata come provocatoria, così Lukaku venne ammonito e di conseguenza espulso).

Alla fine, il presidente della FIGC Gabriele Gravina aveva «graziato» (in senso giuridico) il giocatore, rimuovendo la squalifica dopo aver considerato «gli inequivocabili insulti razzisti» di cui era stato bersaglio e «l’impegno dell’ordinamento sportivo nella lotta a ogni forma di razzismo». Davanti a una Curva juventina che si era vista sospesa la chiusura solo per la collaborazione offerta dal club.

Da qui, prima il Daspo a 171 persone, poi l’inchiesta coordinata dal pm Davide Pretti, con 144 tifosi indagati per cori razzisti e alcuni per lancio di oggetti. Che fossero grida razziste non ci piove, scrive il magistrato: «La giurisprudenza, già in passato, si è pronunciata ritenendo che l’emissione di suoni gutturali, come tipico riferimento all’ululato delle scimmie, si caratterizza per evidenti connotati di discriminazione razziale e dunque può integrare l’ipotesi che sanziona la commissione di atti di discriminazione per motivi razziali».

C’è un però: «Il fatto che tale condotta sia stata tenuta da una moltitudine di persone, che hanno evidentemente agito influenzandosi l’uno con l’altro, nonché il fatto che tale condotta non abbia perdurato per un tempo significativo e, non da ultimo, che sia stata posta in essere per evidenti ragioni di rivalità sportiva (tifosi della squadra avversaria) induce a ricondurre il fatto nelle maglie applicative dell’articolo 131 bis del codice penale». E ancora: «Il comportamento non è certo abituale ed è dunque possibile procedere all’archiviazione per particolare tenuità del fatto».