La Coppa Italia per lunghi anni è stata considerata un trofeo molto secondario ed è stata molte volte snobbata. Tanto per fare un esempio nel 1978 la finale tra Inter e Napoli (2 a 1 per i nerazzurri) si disputò all’Olimpico di Roma mentre la nazionale era già impegnati con il ct Bearzot nei Mondiali d’Argentina, tanto che nel girone di semifinale la Juventus (che conquistò lo scudetto in quella stagione) dovette scendere in campo con riserve e primavera perché i titolari erano alle prese con la preparazione per il torneo in Sudamerica.
Nelle ultime stagioni però, magari per non cadere vittima del celebre anatema di Josè Mourinho “zero tituli”, o più probabilmente perché i club si stanno rendendo conto quanto sia difficile conquistare trofei di qualsiasi tipo (con susseguenti premi in denaro che non fanno mai male) , la coppa nazionale ha acquistato sempre più prestigio. Ovviamente non siamo ai livelli inglesi, Paese in cui la FA Cup ha da sempre una grandissima valenza e forse nemmeno ai livelli della Coppa di Spagna o della Coppa di Germania, anch’esse molto sentite.
Tuttavia è indubbio che la coppa nazionale anche in Italia sia cresciuta di interesse. Dietro questo incremento vi è sicuramente anche il grande lavoro svolto sul tema dalla Lega Serie A che istituzionalizzando la finale all’Olimpico ha fissato un appuntamento non solo per le due squadre finaliste ma anche per l’intero movimento calcistico nazionale.
Tra le righe di questo appuntamento settimanale si è più volte sottolineato come la finali di Coppa Italia – proprio perché la manifestazione ha un atto conclusivo e si presta all’evento climax (cosa che non può avere il campionato) – siano diventate ormai un evento imperdibile per tutti gli addetti ai lavori. E anche un grande veneto sportivo per la nostra Capitale che beneficia, sia in termini di esercizi commerciali che di hotellerie, dell’arrivo in massa di tifoserie spesso da altre città.
Da ultimo non va certo nascosto il grande merito che ha avuto Mediaset negli ultimi tre anni da quando cioè nel 2021 l’azienda guidata da Pier Silvio Berlusconi ha acquisito i diritti perla coppa nazionale trasmettendo tutte le partite in diretta e in chiaro dai primi turni sino alla finale all’Olimpico, dando grande visibilità alla manifestazione.
IL TORNEO CHE STRIZZA L’OCCHIO ALLE BIG
Non sorprende quindi che se nella vendita dei diritti televisivi per il campionato la Lega Serie A abbia dovuto subire una “sconfitta”, costretta ad accettare per il quinquennio 2024/2029 una intesa a cifre inferiori a quella ottenute per il triennio 2021/24 (900 milioni l’anno contro i 927,5 milioni del triennio precedente), per quanto concerne quelli della coppa nazionale (che inclusi anche quella della Supercoppa allargata) la situazione invece è stata opposta: si è passati dai 48 milioni l’anno del triennio 2021/24 ai 58 milioni annui (comprensivi di bonus e costi di produzione) con cui Mediaset ha conservato la possibilità di mostrare in chiaro la manifestazione. Nel complesso quindi la cifra totale annua che la Lega Serie A incasserà dai diritti tv interni sarà di circa 958 milioni l’anno per il quinquennio 2024/29 contro i 975,5 milioni del triennio 2021/24. Con il contributo della Coppa Italia (e Supercoppa italiana) che ha limitato un po’ i danni legati alla cessione dei diritti per il campionato.
In questo quadro è quantomai evidente che la Coppa Italia ha un’arma che il campionato non può avere: ovvero un format flessibile che si può piegare alle esigenze di questa o quella necessità. E in questo senso non v’è dubbio che la Lega ha scelto una formula che palesemente favorisce i grandi club a scapito dei più piccoli o meno blasonati: le prime otto del campionato precedente non solo entrano in gioco dagli ottavi ma hanno il diritto di giocarli tra le mura amiche.
Si tratta evidentemente di una formula che cerca di evitare le “sorprese” tipo la Cremonese dello scorso anno con l’idea di fondo di poter arrivare ai quarti di finale con tutte le grandi ancora in lizza in modo da offrire al pubblico televisivo le partite più interessanti possibili.
Quest’anno per esempio se tutto va secondo i pronostici si potrebbero verificare il derby della Capitale ai quarti insieme a Napoli-Juventus, Milan-Atalanta e a una Inter-Fiorentina in una sorta di “rivincita” quest’ultima per la finale della scorsa edizione. E poi magari il derby di Madonnina in semifinale e una finale tra una delle due milanesi e la Juventus. Una vera e propria manna dal cielo per chi come Mediaset trasmetterà tutte queste partite in chiaro con la possibilità di incrementare i prezzi della torta pubblicitaria legati a questi eventi.
STORTURE SPORTIVE E FORMAT TELEVISIVO
Non v’è dubbio d’altro lato che sotto il puro aspetto sportivo questa formula presenta più di una stortura e suscita interrogativi: perché alle grandi deve essere dato il vantaggio di giocare in casa gli ottavi? Perché non si fa come in Inghilterra dove nella FA Cup, nella quale pure le grandi entrano dopo ma le partite sono stabilite per sorteggio così come chi gioca in casa e chi no?
Sono tutte obiezioni che hanno logica e più di una giustificazione. Ma che però nel mondo del calcio&business trovano purtroppo poco spazio se si guardano i numeri.
Entrando nello specifico gli spettatori delle gare di Coppa Italia in televisione sono in calo dal 2019/20. Quella però fu un’edizione particolare visto che semifinali e finale furono le prime sfide ufficiali disputate post-lockdown e non si poteva andare allo stadio, costringendo quindi anche le masse di tifosi più accaniti a vedere le partite sugli schermi. Inoltre nelle ultime stagioni il seguito dei match in streaming è sempre aumentato e questo può anche spiegare il decremento di cui sopra.
A crescere però è stato l’indicatore che gli addetti ai lavori considerano più importante, ovvero lo share, vale a dire la percentuale degli spettatori che vedono un determinato evento fatto cento il totale degli spettatori davanti ai teleschermi. Dopo aver toccato la quota maggiore appunto nella stagione 2019/20 (con il 20,4% di share), il valore è tornato a salire nel corso delle ultime stagioni, passando dal 16,8% del 2020/21 al 18,5% del 2022/23, con una crescita superiore al 10% nel giro di poche stagioni. Il tutto nonostante sui numeri della stagione 2022/23 abbiano influito semifinali e finale: lo share era cresciuto del 17,2% per ottavi e quarti rispetto al 2021/22, mentre le semifinali hanno visto un calo del 9% e la finale addirittura del 20%. È chiaro che in questo quadro la squadra sorpresa non paga. L’anno scorso ha infatti pesato in particolare la doppia semifinale Fiorentina-Cremonese, meno vista dal 2009/10. E nella top 10 delle semifinali meno viste c’è anche la doppia sfida Alessandria-Milan, ultima volta di una squadra di C così avanti nella competizione.
Insomma è evidente che sia un torneo apparecchiato per le grandi e per farle arrivare in fondo e possibilmente le più grandi, i club con il maggior seguito popolare, sino all’atto conclusivo. Per esempio la finale Inter-Fiorentina dello scorso anno è stata largamente inferiore a quella Inter-Juventus dell’anno precedente sotto tutto gli aspetti principali, considerando che appunto ha fatto segnare un -20% sia come spettatori tv che come share. Oltre ad essere stata meno vista anche della semifinale di ritorno tra Inter e Juventus della stessa edizione, che ha attirato davanti allo schermo 7,5 milioni di telespettatori con il 34,6% di share (rispetto ai 6,9 milioni con il 33% di share dell’ultimo atto).
Questo detto, però, c’è un elemento economico che tiene buoni tutti (grandi e piccoli) e che fa sì che la Lega non intenda muoversi da questo format. Nelle gare secche di Coppa Italia (quindi tutte tranne le semifinali), le squadre incassano ciascuna il 45% del botteghino.
Il Pordenone nel 2017/18 militava in Lega Pro e incontrò l’Inter a San Siro negli ottavi e nel bilancio 2017/18 registrò incassi da campionato (34 partite) per 150mila euro mentre in sole cinque partite di Coppa Italia, giocate in trasferta a Venezia, Cagliari e appunto a Milano (mentre in casa si scontrò con Matelica e Lecce) incassò 85mila euro, grazie soprattutto ai quasi 30mila spettatori che affollarono il Meazza nel confronto tra il club neroverde e i nerazzurri. Insomma più delle metà deli incassi da campionato nei fatto in una sola grande partita
Ora è evidente che quello succitato si tratta di un caso estremo. Per esempio ora ci sarà Juventus–Salernitana negli ottavi e sarebbe tutto da verificare se l’incasso che si otterrà allo Juventus Stadium sarà superiore di quello che eventualmente si sarebbe concretizzato se il match fosse stato giocato all’Arechi. Ma messe tutte insieme le convenienze economiche (aiutare il club più grande ad andare il più avanti possibile, diritti tv etc etc) il mondo del calcio italiano sembra preferire questa strada.
IL PESO DEI DIRITTI TV: ITALIA DIETRO SOLO ALLA FA CUP
Non solo, ma questa crescita di importanza della coppa nazionale fa sì che l’Italia sia praticamente al secondo posto in Europa per i diritti tv alle spalle della inarrivabile FA Cup inglese, il trofeo più antico della storia del calcio mondiale.
La Coppa Italia nel triennio 2021/24 vale infatti 48 milioni a stagione per la Lega dai diritti tv nazionali e salirà a 58 circa nel prossimo triennio. La FA Cup, come si diceva, che solo dai diritti esteri incasserà 152 milioni annui fino al 2024/25. Mentre in Germania i ricavi si assestano sui 55 milioni annui, in Spagna la coppa nazionale incassa 40 milioni annui tra diritti nazionali e esteri fino al 2024/25 e infine in Francia vale 16 milioni a stagione. Senza considerare che in tutti gli altri Paesi, la coppa nazionale è organizzata dalla Federcalcio, mentre in Italia è gestita dalla Lega Serie A.
Non solo ma la Coppa Italia è quella con il montepremi maggiore per il vincitore nel panorama europeo:
- Coppa Italia 7 milioni di euro;
- FA Cup: 4,5 milioni;
- Coppa di Germania 4,3 milioni;
- Coppa di Francia tra 1,5 e 2 milioni;
- Coppa di Spagna 1,6 milioni.