Lo shock delle scommesse online non ha certo dato una bella immagine del calcio italiano in patria e a livello internazionale e tutto questo proprio nel momento in cui la Serie A sta tentando con molta fatica di trovare una soluzione per i diritti tv interni per le stagioni 2024-2029.
Le trattative proseguono da questa estate ma l’esito non è stato esaltante per i club. Per il momento le offerte sono ferme sui 900 milioni di euro a stagione proposti da parte dal tandem Sky-DAZN per una soluzione sulla falsariga di quella odierna: tutti i match per l’emittente online ma tre dei quali in condivisione con Sky.
Strategicamente per i due broadcaster l’offerta ha senso: DAZN potrebbe offrire l’intero campionato così come fa ora, condizione quasi necessaria per la sua esistenza (altrimenti la sua offerta non convincerebbe chi vuole abbonarsi) e Sky nonostante non avesse più l’intero campionato da trasmettere ha dimostrato di tenere un buon livello di abbonati contando su sport diversi e produzioni in house.
Mediaset invece, inizialmente tra le pretendenti, è uscita di scena e quindi l’ipotesi di una partita in chiaro sembra tramontata. Il punto però è il prezzo e quindi non è da poco. Non v’è dubbio, infatti, che sinora le offerte pervenute non possano essere considerate soddisfacenti da parte della Lega che era partita in estate con l’obiettivo di incassare quantomeno 1 miliardo a stagione.
Non solo, ma le offerte sono inferiori ai 927,5 milioni a stagione del triennio 2021-2024 e questo nonostante l’allungamento del pacchetto su cinque anni (e non più su tre) che in teoria avrebbe dovuto alzare il valore vista la possibilità di sfruttare l’investimento per un tempo più lungo e quindi spalmare meglio i costi fissi.
Nello stesso tempo va detto che il problema non è solo italiano. A conferma che non è un bel periodo per questi tipi di mercato, per esempio, in Francia la Ligue 1 che era partita con velleità importanti per la vendita del pacchetto 2024-2029 (825 milioni a stagione) non ha ricevuto proposte sinora. E sarà interessante vedere che cosa succederà quando il benchmark Premier League varerà la sua asta.
I CLUB DIVISI TRA BROADCASTER E CANALE DI LEGA
Di qui la necessità per i player italiani di valutare opzioni che possano incrementare il valore delle offerte. Una di queste, per esempio, è quella del revenue sharing con DAZN per dividere il rischio investimenti tra Lega e tv.
Ma l’alternativa principale è quella di lasciare perdere i broadcaster e le offerte insoddisfacenti e partire spediti con il progetto del canale di Lega. Un progetto che rivoluzionerebbe il modello di business della Serie A per come è stato concepito finora, alzando sicuramente il livello di rischio (che normalmente rimane in capo ai broadcaster), ma con l’idea di provare a incassare di più rispetto ai contratti con le emittenti tradizionali.
Ora dando per buona che si tratti di intenzioni vere e non del tentativo di spaventare gli offerenti (è lecito domandarsi infatti che cosa trasmetterebbe DAZN per esempio se non possedesse i diritti tv del calcio e quindi chi pagherebbe per i contenuti della piattaforma) è evidente che l’ipotesi del canale di Lega, per quanto intrigante non sarebbe semplice da concretizzare. Non sarebbero poche infatti le incognite.
Innanzitutto, vi è da dire che come spesso è successo in passato la Lega Serie A sembra divisa sul da farsi. Su un lato vi è gruppo di società, guidate da Lazio e Torino (ma anche il Sassuolo sarebbe favorevole) cui non dispiacerebbero le offerte pervenute dai broadcaster e quindi intascherebbero i 900 milioni per cinque stagioni, visto che il contesto internazionale non sembra essere incoraggiante. E quindi nei fatti non sono entusiaste del progetto canale di Lega.
Sul fronte opposto invece vi è chi considerando insoddisfacenti le offerte spinge per il canale interno. E in questo secondo gruppo, da quanto trapela, vi sono società importanti se non importantissime del nostro calcio quali Juventus, Milan, Fiorentina, Napoli e Roma, oltre alla Salernitana di patron Iervolino.
Questo significa che anche escludendo quelle che non si sono schierate tra coloro che spingono per il canale interno vi sono squadre che da sole superano ben oltre la maggioranza dei tifosi italiani. E quindi l’opzione canale di Lega è sul tavolo più che mai. Questo detto è evidente che tecnicamente il progetto non è semplice da realizzare, soprattutto considerando che bisognerebbe essere pronti per l’estate 2024.
Entrando nello specifico, probabilmente il problema minore sarebbe quello del palinsesto. La Lega Serie A da quest’anno ha lanciato Radio Serie A (radio tv ufficiale del massimo campionato italiano con cui collabora stabilmente questa testata, ndr) in partnership con Radio Dimensione Suono che come ha spiegato il presidente della emittente Eduardo Montefusco sta ottenendo un ottimo successo.
L’ipotesi insomma potrebbe essere quella di trasportare l’esperimento in televisione e la stessa Lega all’interno del bando per il canale ha già proposto – seppur in maniera sommaria – un palinsesto di riferimento. Ovviamente ci sarebbero tecnicalità diverse da mettere in campo e costi superiori, ma insomma non sembrerebbe un problema insormontabile.
Il punto vero concerne i mezzi con cui mettere in piedi l’operazione perché una cosa è certa: i club non sono disposti ad assumersi l’intero rischio di un progetto che ha un impatto così rilevante sui loro conti. I presidenti vogliono avere una garanzia di incasso minino e pertanto si dovrà necessariamente trovare un partner industriale o finanziario con cui implementare il tutto. Si dovrà quindi cercare un finanziatore e poi di sviluppare in house oppure tornare alla media company con l’ingresso di un partner nel capitale societario.
Entro il 14 giugno scorso erano arrivate in via Rosellini sei manifestazioni di interesse per la commercializzazione e la distribuzione del canale della Lega Serie A e queste verrebbero svelate alle società e soprattutto prese in considerazione solamente nel caso in cui l’assemblea dei club rifiutasse definitivamente le offerte delle emittenti tradizionali.
Inoltre, nelle settimane scorse è emerso che il fondo statunitense Oaktree (quello che ha in essere un prestito obbligazionario da 275 milioni in favore di Suning per finanziare l’Inter), ha presentato una proposta da 950 milioni di euro garantiti a stagione per la creazione del canale di Lega. Nella lettera Oaktree ha messo sul piatto un investimento minimo come parte di un accordo pluriennale e in particolare vorrebbe contribuire a finanziare la realizzazione del canale per offrire le partite della Serie A direttamente ai consumatori anziché attraverso un tradizionale broadcaster come Sky o DAZN. Nella proposta l’accordo potrebbe durare fino a 10 anni ed eventuali ulteriori investimenti da parte di Oaktree sarebbero legati al numero di abbonati.
Attualmente, tuttavia, l’offerta non è valutabile in quanto non è conforme al processo per la vendita dei diritti televisivi del campionato e potrebbe tornare in corsa soltanto nel caso in cui, dopo il no alle offerte dei broadcaster rimasti in corsa, i club dicessero no anche a queste sei manifestazioni di interesse per il canale di Lega.
Insomma, in teoria le proposte ci sarebbero. Ma poi bisognerebbe correre molto in fretta per organizzare il tutto. Non ultima molto importante è la questione governance nel caso in cui si realizzi il canale con ingresso dei fondi. Una cosa che già in passato ha creato non pochi litigi.
Infine, ma non certo meno importante bisognerà poi capire se la Lega abbia in sé la capacità di costruire offerta adeguata al pubblico in così poco tempo soprattutto nel caso in cui dovesse scegliere di indirizzare la propria offerta direttamente ai consumatori. Questo imporrebbe una potenza di fuoco commerciale tutta da implementare e a maggior ragione se il piano fosse quello di affiancare soluzioni in abbonamento a quella pay-per-view, che consentirebbe al tifoso di pagare solo per la partita che interessa o per quelle della propria squadra del cuore. In questo quadro va detto che la Lega ha già sviluppato un progetto avanzato con l’advisor Lazard, che permetterebbe di arrivare a produrre utili in tre anni (finanziandosi nel periodo aprendo una linea di credito con fondi o banche d’affari).
Il tutto mentre si ipotizza anche una formula “ricaricabile”: si spende a seconda di quante partite si guardano e se si arriva al prezzo dell’abbonamento mensile non si paga più. Insomma, le variabili sono molte ma il tempo non lo è.