L'Arena nel 1947, San Siro oggi: la sovrintendenza fermò già Inter e Milan

I due club milanesi furono già ostacolati dalla sovrintendenza nei piani per lo stadio, con San Siro bistrattato alla stregua dei nuovi progetti odierni.

Sovrintendenza Arena Inter Milan
(Foto: Marco Luzzani/Getty Images)

In questi giorni il tema del possibile addio di Inter e Milan allo stadio Giuseppe Meazza è tornato a occupare le pagine dei giornali. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che oggi più che mai rischia di perdere le due squadre (in direzione Rozzano e San Donato), ha premuto l’acceleratore ribadendo l’ipotesi di una ristrutturazione e parlando anche di un contributo economico da parte del Comune.

«Il vincolo sul Meazza non è definitivo, è chiaro, ma quello può condizionare molto. Se una delle due squadre volesse lavorare sullo stadio, siccome è di nostra proprietà, possiamo immaginare di farci carico di una parte dei lavori. Il secondo punto potrebbe essere quello di cedere lo stadio. Le formule sono molte ma bisogna vedere qual è la volontà di rimanere lì di una delle due squadre, vediamo cosa succede», ha commentato Sala, “dimenticando” che Inter e Milan hanno già spiegato chiaramente perché una ristrutturazione dello stadio non sia vantaggiosa.

Non solo. A pesare su questa possibilità c’è anche il tema del vincolo sul secondo anello dell’impianto, che dovrebbe scattare a partire dal 2025. Lo ha anticipato la sovrintendente Emanuela Carpani, spiegando che «bisogna aspettare che maturi il requisito di legge perché non lo puoi fare prima. Sarebbe un abuso d’ufficio. Nel momento in cui maturerà il requisito di legge si valuterà».

Un ostacolo, quello posto dalla sovrintendenza, che ritorna addirittura a distanza di oltre 75 anni. Fino al 1947, infatti, Inter e Milan abitavano due “case” diverse: i rossoneri al Meazza e i nerazzurri all’Arena Civica. Fu proprio in quell’anno che le due squadre iniziarono a condividere San Siro, un binomio che prosegue ancora oggi.

La particolarità di questo “trasferimento” risiede nel fatto che nacque proprio perché la sovrintendenza – come fa oggi con il secondo anello del Meazza – bocciò il piano di espansione dell’Arena in quanto patrimonio artistico da tutelare. «I milanesi, tifosi o no, non sanno darsi pace al pensiero che la maestosa Arena, costruita dal Canonica per volontà di Napoleone, a pochi passi dalla Piazza del Duomo, rimanga deserta e silenziosa, col suo terreno eccellente e le sue scalinate a forma ellittica», recita un articolo de La Stampa del 1947.

La stessa pace che alcuni tifosi sembrano non trovare oggi all’idea di lasciare il Meazza, quello stesso stadio che all’epoca non volevano abitare: «Quanti punti in più avrebbe in classifica, l’Inter, se potesse giocare sul suo terreno! Più di una volta sono stati progettati e illustrati i lavori di ampliamento, e forti pressioni sono state esercitate per rendere esecutivi i progetti, con lo stanziamento dei capitali necessari: ma l’inesorabile veto della sovrintendenza ha stroncato ogni iniziativa, perché l’Arena è monumento nazionale e guai a chi lo tocca. Soltanto le bombe dell’agosto ’43 sono riuscite finora a sbrecciarla!», si legge ancora in questo articolo.

 

«Durante le ultime trattative, la Sovraintendenza aveva ceduto su qualche punto, ma alla condizione che il pulvinare e la porta trionfale non venissero toccati; ma l’ampliamento dei soli spalti avrebbe finito col presentare uno stadio troppo… novecento, irrazionale e inadatto. Altri ostacoli si erano poi frapposti, anche di carattere sportivo, perché l’Arena è rimasta l’ultimo rifugio dell’atletica leggera, una specie di santuario da rispettare. Dunque, l’Arena rimane com’è», concludeva questo pezzo di dicembre 1947.

Insomma, cambia l’epoca ma non cambiano i problemi. E fa riflettere pensare che quel Meazza che oggi si cerca di tenere in vita a qualsiasi costo, nel 1947 recitava la parte del “cattivo”, quella che oggi compete ai progetti per i nuovi impianti, che siano ancora a San Siro, a Rozzano o a San Donato.