“La situazione che sta vivendo Leonardo Bonucci è paradossale: è oggettivamente fuori rosa, subisce condotte illegittime e vietate dall’ accordo collettivo, viene calpestata la sua dignità. La Juve lo deve reintegrare subito, sta subendo danni professionali gravi”. Con una lunga intervista all’ANSA del suo presidente Umberto Calcagno, il sindacato dei calciatori scende in campo al fianco “del capitano della nazionale, al quale questa vicenda sta precludendo opportunità importanti, compresa la maglia azzurra. Tra l’altro Bonucci è la punta dell’iceberg di numerose situazioni che ci sono in tante squadre. Poi c’è chi, come lui, ha le spalle larghe e va avanti a petto in fuori, e chi invece subisce”.
Ma la Juve, squadra nella quale Bonucci ha avuto una storia importante, dice che il giocatore è trattato come da accordi collettivi… “Non è vero – replica Calcagno – non è possibile sostenere che far allenare costantemente alcuni calciatori a parte e in orari diversi dal gruppo squadra non costituisca una chiara violazione dell’accordo collettivo. Le differenze che possono esistere all’interno degli allenamenti devono essere temporaneamente dettate da esigenze tecnico-sportive. Il famoso lodo Abete determina proprio questo: ad esempio è normale che prima o dopo una partita si allenino determinati gruppi all’interno di una squadra ovvero che, durante il lavoro settimanale, ci sia una diversa organizzazione degli allenamenti per ruoli. Ciò che con certezza non può avvenire è che sistematicamente uno o più giocatori si allenino con uno staff differente rispetto a quello della prima squadra o addirittura in orari differenti, senza mai aver indicazioni tecniche dall’allenatore della prima squadra”.
“Ciò che sta avvenendo oggi a tanti calciatori che subiscono queste situazioni particolari è proprio una mancanza di rispetto della loro professionalità. Un calciatore non può pretendere di giocare perché la scelta tecnica è insindacabile, ma ha il diritto di essere preparato in parità di condizioni con gli altri compagni di squadra, perché deve poter avere le stesse opportunità. E poi secondo me queste scelte tecniche, il più delle volte da parte degli allenatori che emarginano, creano dei danni anche alle società. Un calciatore dovrebbe essere pronto a cambiare squadra se non rientra nel progetto sportivo: dunque si deve allenare come tutti gli altri. Ma se lo fa da solo, o con un ristretto numero compagni, senza poter fare una seduta completa, ditemi voi se sarà pronto ad entrare in campo qualora trasferito ad altro club … Così finisce che nel caso di Bonucci la Juve avrà più difficoltà a cederlo in questa finestra di mercato. E si ritroverà anche, con ogni probabilità, con una causa milionaria di risarcimento”.
“Bonucci si è rivolto al proprio avvocato di fiducia, ma noi come Aic gli daremo tutto il supporto necessario. Con la Juve non ho parlato, non c’è interlocuzione, ma auspico che ci sia buon senso, che significa cercare di andare oltre i rapporti personali se si sono incrinati; qui stiamo parlando di professionalità ad altissimo livello”.
Ma certi atteggiamenti passati di Bonucci possono aver determinato la situazione attuale? Tutti sanno che ci sono stati attriti con il tecnico Allegri. “Se, e sottolineo se, ci fossero stati comportamenti da cui dovevano scaturire sanzioni disciplinari, il divieto di allenarsi con gli altri compagni non può essere la punizione; se c’era qualcosa da rimproverare a Bonucci lo si doveva fare in un’altra maniera. Non dovrebbero esistere rapporti personali non ricucibili dal punto vista professionale che, in ogni caso, non possono incidere sul regolare svolgimento dell’attività lavorativa. L’attuale situazione potrebbe far perdere a Leo anche la possibilità di essere convocato dal nuovo ct azzurro. Stiamo parlando del capitano della nazionale che potrebbe perdere anche questa chance.”
Questo può rilevare nella causa di lavoro? “Certo che rileva. Inoltre, le squadre attualmente interessate a Bonucci vogliono un giocatore allenato e subito disponibile e lo stesso ragionamento potrebbe potuto farlo il nuovo ct azzurro. Mancini in passato ha convocato atleti che nel club non giocavano, ma si allenavano regolarmente con gli altri, non in solitaria o quasi. L’allenamento è il fulcro dei diritti e della dignità professionalità di ogni calciatore, per essere pronto come tutti gli altri, altrimenti si va a creare un danno all’atleta, ma anche alla società. È assurdo – conclude Calcagno – che si arrivi a questo punto in un contesto professionale di alto livello, dove tutti hanno da perdere da una situazione di questo tipo”.