Quando Galliani ricordò: «Berlusconi mi diede un miliardo e mi cambiò la vita»

L’intervista al Corriere della Sera nel 2022: «Lo ricordo come fosse ora: 1 novembre 1979. Berlusconi mi invitò a cena ad Arcore. Mi chiese se con la mia Elettronica industriale) fossi in grado di costruire tre reti nazionali».

Berlusconi uomini CdA
(Foto: Emilio Andreoli/Getty Images)

«Un miliardo che mi cambiò la vita». Così, in una intervista al Corriere della Sera nel giugno del 2022, l’amministratore delegato del Monza, Adriano Galliani, ricordò il momento in cui Silvio Berlusconi, scomparso oggi a 86 anni, gli cambiò la vita.

Galliani parte da un aneddoto che racconta il momento esatto in cui la sua vita è cambiata: «Lo ricordo come fosse ora: 1 novembre 1979. Berlusconi mi invitò a cena ad Arcore. Mi chiese se con la mia Elettronica industriale, piccola azienda che portava in Italia il segnale delle televisioni straniere (Telemontecarlo e Tv Svizzera) fossi in grado di costruire tre reti nazionali. Io dissi di sì».

A quel punto, «lui mi rispose: “Bene, il prezzo lo faccia lei”. Pagò un miliardo delle vecchie lire per il 50% della mia azienda: la cifra non l’ho mai rivelata a nessuno. Aggiunsi, però, visto che ero comproprietario della squadra: “Io sono disponibile a lavorare giorno e notte per costruire le reti, ma devo poter seguire il Monza in casa e in trasferta”. Berlusconi mi guardò stralunato».

Tra gli episodi del passato, Galliani raccontò anche di quando fece arrabbiare Berlusconi: «Mi ricordo di quando Franco Tatò era amministratore delegato di Fininvest. Il gruppo era piuttosto indebitato e, prima della quotazione in Borsa, mise un grosso freno: tutti gli investimenti dovevano essere preventivamente approvati da lui. Mandò una lettera per dire: stop. Io quella sera comprai Marcel Desailly, 10 miliardi di lire, all’insaputa di tutti. Stetti nascosto per un po’ di giorni, perché avevo fatto l’operazione senza avvertire il presidente. Ma Boban si fece male e fu l’unico anno in cui vincemmo Campionato e Coppa dei Campioni».

Berlusconi “restituì” l’arrabbiatura mettendo la figlia Barbara a capo del Milan: «Mi dimisi. Potevo andare in Cina. Berlusconi mi chiamò la sera ad Arcore e io gli dissi che un Milan a due teste era ingestibile. “Troverò una soluzione”, mediò. Era il giorno in cui Alfano lasciò Forza Italia. E Silvio mi disse: “Oggi se ne è andato Angelino, non puoi andartene anche tu”. Io risposi: “Obbedisco”, come un novello Garibaldi»