Volano gli stracci tra Meta e Siae a pochi giorni dal tavolo convocato al Ministero della Cultura per cercare di ricomporre la lite che sta bloccando l’ascolto della musica italiana su Facebook e Instagram. Non è solo il governo a porsi come mediatore per cercare di riallacciare un dialogo che consenta alle due parti di tornare a confrontarsi per raggiungere un accordo, dopo che le trattative si sono interrotte bruscamente. E con accuse velenose, che allontanano ancora di più un possibile accordo. Anche il Parlamento, infatti, vuole vederci chiaro e ieri ha chiamato le due parti in causa alla Camera per ascoltare, in un’audizione informale davanti alle Commissioni riunite Cultura e Trasporti il responsabile degli Affari Istituzionali di Meta, Angelo Mazzetti, e il presidente Siae, Salvatore Nastasi.
Entrambi hanno scaricato la responsabilità della rottura della trattativa alla controparte. Metaaccusa la Siae di aver messo sul tavolo della trattativa richieste economiche “immotivate” e “irragionevoli” e di aver “fatto il possibile per mantenere viva la negoziazione”. Siae controbatte e parla di una ricostruzione “semplicemente falsa” e nega di aver posto “ultimatum” anzi di averlo subito: “quella che vuole imporre un proprio valore e che ha interrotto la negoziazione, creando le condizioni per la situazione attuale è e rimane unicamente Meta“.
“Ci auguriamo che Meta e Siae si risiedano al tavolo delle trattative”, si augura nonostante tutto il presidente della Commissione Cultura, Federico Mollicone, annunciando di essere al lavoro insieme alla sottosegretaria del Mic, Lucia Borgonzoni, che ha convocato le parti con l’obiettivo di porsi come “arbitri imparziali a difesa dell’industria creativa e dei contenuti originali”. Inoltre, aggiunge Mollicone, “il coinvolgimento di Agcom e dell’Antitrust servirà a garantire un campo di trattative che tuteli la creatività italiana da una parte e il libero mercato dall’altra.”
Ma allo stato i toni e contenuti della sfida sono ad altissima temperatura. Se la musica è al momento assente dai social è perché Siae si sarebbe rifiutata di “accettare una proroga temporanea dell’accordo precedente”, dice Meta che sostiene: “il punto su cui si è interrotta la trattativa è la natura dell’importo richiesto da Siae per la licenza a partire dal 2023. La prima richiesta è stata quasi 4 volte superiore” e pur avendo presentato “un’offerta significativamente più alta della royalty concordata con Siae fino a dicembre 2022, Siae si è rifiutata di accettare qualsiasi offerta inferiore ad un aumento del +310%” e “noi non siamo disposti a chiudere accordi irragionevoli da un punto di vista economico e di mercato”.
Una dichiarazione, quella sulla richiesta percentuale di aumento, “semplicemente falsa”, replica piccata la Siae sostenendo che “la nuova licenza non è comparabile a quella siglata nel 2020 e qualsiasi raffronto in percentuali è pretestuoso”. Salvatore Nastasi fa inoltre notare che non la situazione in cui era nato il vecchio accordo non è raffrontabile a quella odierna: “Meta si chiamava Facebook e non voleva occuparsi di metaverso e i suoi ricavi e sfruttamenti del nostro repertorio non erano paragonabili agli attuali”. Non solo. La dichiarazione di Meta “è falsa e pretestuosa in quanto Siae non ha mai dato un ultimatum a Meta come fatto da quest’ultima e non abbiamo mai detto che la nostra ultima offerta sia il minimo che saremmo disponibili ad accettare. Chi vuole imporre il suo valore è Meta“, punta il dito Nastasi.