Quanto vale la Kings League? La prima edizione della Kings League si è chiusa lo scorso weekend con le finali disputate al Camp Nou, che hanno raccolto oltre 90mila spettatori. Seppur l’ingresso all’evento avesse prezzi accessibili, si è trattato di un risultato straordinario per un torneo – quello ideato da Kosmos, la holding dell’ex difensore del Barcellona Gerard Piqué – nato appena tre mesi fa.
Un periodo in cui la competizione di calcio a 7 è riuscita a coltivare l’interesse di quasi mezzo milione di persone, il numero medio di spettatori fatto registrare ogni settimana tramite i canali di Twitch, YouTube e TikTok. Lì le partite vengono trasmesse in diretta in chiaro e con una produzione che si avvicina a quella delle partite di calcio di alto livello.
Ma dove si cela il business della Kings League? I ricavi da trasmissione degli eventi sulle piattaforme citate prima sono scarsi e il torneo di Piquè non fa eccezione. Anche sul fronte ticketing le entrate sono state pari a zero, con le finali al Camp Nou come unica fonte di reddito da questo punto di vista (i prezzi oscillavano tra i 10 e i 60 euro). La domanda quindi è: come è stato pagato tutto questo?
Quanto vale la Kings League? Il peso degli sponsor
La risposta risiede nei contratti di sponsorizzazione con i brand che, scrive il quotidiano spagnolo El Confidencial, rappresentano circa il 90% degli introiti di questo progetto. Fonti del mondo pubblicitario e di quello sportivo concordano sul fatto che i marchi stiano pagando cifre da capogiro, fino a un milione di euro, anche se ulteriori indiscrezioni sostengono che questa cifra potrebbe essere già stata superata.
«Ora è molto facile cavalcare l’onda, e siete i benvenuti, ma dobbiamo ringraziare coloro che sono entrati quando la Kings League era ancora un progetto non sfruttato», dice Álex Soriano, responsabile commerciale del torneo. Le scommesse più forti sono state fatte da InfoJobs e Cupra, che ha dato il nome al padiglione dove si giocano abitualmente le partite e ha il suo logo ben visibile al centro del campo. Anche Infojobs è ben presente sulle divise da gioco, ed è stata fondamentale nel processo di selezione dei giocatori, tutti reclutati tramite la piattaforma, come i lavoratori.
Quanto vale la Kings League? Il ruolo delle squadre
E gli sponsor non si fermano agli accordi più classici, ma vanno oltre. La divisa dell’arbitro è brandizzata da Grefusa, il VAR da Xiaomi e le carte a sorpresa – una particolarità del gioco – da Spotify. Da una parte, dunque, ci sono gli sponsor della competizione, ma non sono gli unici a gestire gli accordi commerciali. L’altra fetta di sponsorizzazioni riguarda le squadre, che non pagano nulla all’organizzazione per partecipare alla Kings League, ma allo stesso tempo non ricevono nulla indietro e devono dunque gettarsi sulla pubblicità.
Per i club, il modo più diretto per guadagnare soldi sono gli sponsor sulle divise. La parte frontale e quella sul retro sono occupate rispettivamente da InfoJobs e Xiaomi, quindi ogni club può commercializzare sostanzialmente la manica della maglia e i pantaloncini. Le società hanno anche mano libera per fare promozione in altri modi, come si può vedere dai social network di ogni squadra. Ci sono ovviamente alcune regole: nessuna azienda concorrente di InfoJobs può sponsorizzare in alcun modo le squadre della Kings League. L’altra riguarda Xiaomi, ma è più permissiva: limita solo al kit le pubblicità di altre aziende del settore.
Quanto vale la Kings League? I costi per le aziende
Ma quanto costa a un’azienda mettere il proprio logo su una maglia della Kings League? Le squadre hanno alzato i prezzi e stanno arrivando a richieste a quattro o addirittura cinque cifre. Ormai è difficile scendere addirittura sotto i 20mila euro, fa sapere un’agenzia che ha partecipato ad alcune trattative. La forbice è chiaramente ampia perché dipende da ciascuna squadra o, meglio, dallo streamer che la segue o da un eventuale ex calciatore che la presiede.
Quanto vale la Kings League? Il futuro del torneo
Compreso il modello della Kings League, vengono spontanee delle domande: quanto sono vicini questi importi a quelli mossi dallo sport tradizionale? Si riesce a guadagnare da un progetto che ha costi di produzione così elevati? «È presto per parlare di redditività, perché continuiamo a chiudere le sponsorizzazioni e per ora non abbiamo esattamente tutti i costi, perché i marchi vengono costantemente incorporati e abbiamo anche bisogno di più aiuto. Abbiamo bisogno di alcuni mesi per una fotografia globale», fanno sapere dalla Kings League.
Inoltre, va ricordato che a maggio inizierà l’edizione femminile della competizione — la Queens League — e da poche settimane è stata annunciata una versione per bambini (Prince Cup). In futuro l’azienda sarà in franchising per il marchio e le licenze di trasmissione e andrà a generare maggiori entrate attraverso le royalties, proprio come accade con i format televisivi.
Inoltre, la Kings League sta già studiando lo sbarco in altri Paesi, anche se l’organizzazione preferisce essere cauta. «Stiamo per internazionalizzare il mercato, ma dobbiamo prenderci molta cura del prodotto. Lo faremo con testa e tempo. Non inizieremo a prendere decisioni alla leggera e non saremo improvvisamente presenti in 15 Paesi», hanno fatto sapere.
L’altro punto chiave riguarda la trasmissione del campionato attraverso piattaforme diverse da quelle attuali, televisione compresa. Ad esempio, TV3 ha già trasmesso la finale di domenica dal Camp Nou, una cosa che ha aperto speculazioni per il futuro. «Si potrebbe studiare la trasmissione su altre piattaforme, purché sia concordato con tutti i presidenti e si decida che questo è il meglio. Se fosse fatto in accordo, vorremmo che fosse su una piattaforma in chiaro».