I mercati azionari sono il posto migliore per gli asset sportivi? Se lo chiede il Financial Times nella sua edizione odierna, sottolineando che il calcio è una grande passione per i tifosi, ma meno per gli investitori. Lo dimostra la Juventus, che nell’ultimo anno ha visto ridursi il suo valore di mercato a 680 milioni di euro, in calo del 35%.
Il club si trova adesso al centro dell’inchiesta della Procura di Torino, che ha preso in esame i bilanci degli ultimi anni contestando – insieme alla Consob – le contabilizzazioni di “operazioni incrociate” e le cosiddette “manovre stipendi”, accordi con i calciatori per la riduzione e successiva restituzione di alcune mensilità per alleviare il peso della pandemia.
Il club ha negato ogni illecito, ma procederà a riscrivere il bilancio 2022. Le finanze della Juventus appaiono comunque in sofferenza anche senza contestazioni contabili. Il club ha fatto registrare un rosso complessivo di 612 milioni di euro negli ultimi cinque anni. Nel mezzo, due aumenti di capitale per un totale di 700 milioni, azioni che riflettono il circolo vizioso di spesa in cui si trovano molti club di calcio europei.
Per ottenere buoni risultati, le società devono strappare i migliori giocatori a ricchi rivali. La Juventus, ad esempio, ha acquisito Cristiano Ronaldo dal Real Madrid per oltre 100 milioni nel 2018, versando al giocatore uno stipendio da 31 milioni di euro netti. I ricavi, nel frattempo, riflettono la popolarità del campionato nazionale.
Le società di Serie A generano meno della metà dei ricavi di quelli di Premier League, secondo Deloitte. Peggio ancora, si stima che proprio ai giocatori sia destinato l’80% del fatturato. Ciò solleva la questione se i mercati pubblici siano la migliore casa per le risorse calcistiche: gli azionisti di minoranza di Exor potrebbero avere dei buoni motivi per sostenere di no.