Allegiant Stadium, il gioiello da 1,9 mld per l’esordio della Juve a Las Vegas

Analisi a cura di arch. LUCA FILIDEI

(Master PCGdIS)

Ci sono eventi che, sebbene siano calendarizzati “fuori stagione”, richiamano l’attenzione di media e tifosi. Uno…

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La sfida tra Juventus e Chivas all'Allegiant Stadium (Photo by FREDERIC J. BROWN/AFP via Getty Images)

Analisi a cura di arch. LUCA FILIDEI

(Master PCGdIS)

Ci sono eventi che, sebbene siano calendarizzati “fuori stagione”, richiamano l’attenzione di media e tifosi. Uno di questi è certamente El Clásico, ovvero l’infinita sfida tra le due grandi rivali spagnole: Barcellona e Real Madrid, recente vincitore di Liga e Champions League, ma anche la partita tra Juventus e Chivas de Guadalajara, una delle squadre più storiche del Messico, andate in scena negli ultimi giorni. Sfide disputate non nei rispettivi stadi di casa, bensì nell’avveniristico Allegiant Stadium, inaugurato nel 2020 a Las Vegas.

Progettato da MANICA Architecture in collaborazione con HNTB e ARUP, l’impianto è la “casa” dei Las Vegas Raiders, squadra NFL in procinto di iniziare la preseason. Per qualche notte, però, le luci dello stadio della città hanno illimunato alcune tra le più grandi stelle del calcio internazionale, dando risalto non solo a delle partite comunque interessanti, ma anche ad un progetto, quello dell’Allegiant, che sottolinea l’importanza delle infrastrutture sportive.

La costruzione del nuovo stadio di Las Vegas rientra infatti in una sorta di “restyling” della NFL, certamente sottolineato anche dalla inaugurazione, praticamente simultanea, del SoFi Stadium di Inglewood (in cui si disputeranno alcune partite del Mondiale 2026 e le Olimpiadi 2028).

Nel caso della struttura di Vegas, ovviamente il concept è caratterizzato da un profilo obbligatoriamente iconico e addirittura impattante, distante da quella “scala umana” a cui l’ultima generazione di stadi cerca di ambire. Tuttavia, essendo a breve distanza da quella Strip descritta perfettamente da Robert Venturi in Learning from Las Vegas (1972), l’intera genesi progettuale può essere ricondotta ad una logica condivisibile, descrivendo l’Allegiant Stadium come un’architettura-esempio del paradigma reticolare, ovvero costruita per essere vista dall’Interstate 15, magari a bordo (e di sfuggita) di un veicolo sfrecciante verso sud.

In fondo, questo impianto da circa 65.000 posti costruito con 28.000 tonnellate di acciaio strutturale e costato circa 1,9 miliardi di dollari, definisce proprio il modello di “stadio digitale”, non solo per i grandi display che ne identificano la presenza, ma per la sua stessa morfologia, studiata per essere fotografata e successivamente condivisa e commentata tramite i social.

Poi, ovviamente, vi sono anche le particolarità tecniche. A cominciare dal vasto terreno di gioco in erba naturale traslabile al di fuori dell’impianto grazie a 72 motori: una tecnologia, quest’ultima, che consente l’organizzazione di eventi extra-sportivi evitando le problematiche dovute al calpestio del campo di gioco, oltre a garantire un’ottimale esposizione alla luce del terreno. La struttura è però dotata persino di un secondo campo di gioco in erba sintetica, utilizzato principalmente nel campionato NCAA.

Per quanto riguarda la copertura, l’Allegiant Stadium si inserisce in quella categoria di impianti di ultima generazione contraddistinti da un involucro principalmente chiuso ma reso trasparente grazie all’impiego di pannelli in ETFE. Questa soluzione, per certi aspetti simile a quella del SoFi Stadium (Inglewood, 2020) e dell’U.S. Bank Stadium (Minneapolis, 2016), consente la realizzazione di un ambiente protetto e climatizzato ma al tempo stesso permeabile alla luce, evitando quindi l’installazione delle sofisticate tecnologie necessarie per la movimentazione della copertura. Ad aprirsi nell’Allegiant Stadium è solo il lato nord, con una parte dell’involucro scorrevole in modo da permettere una diretta continuità visiva tra lo spazio indoor e quello outdoor, facendo apparire all’esterno la grande torcia-tributo al coach e proprietario Al Davis (1929-2011).

Una struttura imponente che, se non dal punto di vista urbanistico, è anche caratterizzata da un buon rapporto con la sostenibilità, grazie ad una serie di procedure concretizzate sia a livello progettuale che gestionale.

Il recupero alimentare, ad esempio, è una priorità della società che gestisce lo stadio, in grado di raccogliere per ogni grande evento circa 5.000 kg di scarti poi deviati, dopo opportune trasformazioni, ad alcune fattorie locali per essere utilizzati come mangime (una pratica che, secondo l’U.S. Environmental Protection Agency è preferibile rispetto ai biodigestori o al compostaggio). Allo stesso tempo, è stato avviato uno dei primi programmi per raccogliere i mozziconi di sigarette e convertili in energia, ottenendo oltre 7.488 watt sino ad ora. Dei traguardi resi ancora più interessanti dall’attenzione nei confronti dell’efficienza energetica (l’impianto è dotato di un controllo “domotico” all’avanguardia) e idrica, con dispostivi idrici studiati ad hoc e un sistema di drenaggio delle acque studiato per ridistribuire quello che ormai viene comunemente definito “oro blu”.

Simultaneamente, sono state attivate politiche “green” anche per gli acquisti interni e favorito l’innovazione locale sostenendo collaborazioni con organizzazioni no profit sempre incentrate sullo sviluppo sostenibile. Una partecipazione, particolarmente attiva, che ha coinvolto anche gli stessi tifosi dei Raiders durante l’evento “Get Caught Recycling” in cui sono stati promossi importanti concetti relativi al riciclaggio, distribuendo gadget come premio per il corretto smaltimento dei rifiuti. Inoltre, trecento alberi autoctoni sono stati piantati come “compensazione” nell’area del Las Vegas Wash coinvolgendo lo staff dell’Allegiant Stadium, interessato anche alla Giornata mondiale della Terra 2022 attraverso la promozione dell’agricoltura locale e la difesa degli animali.

Delle iniziative, quest’ultime, che sommate alle performance dell’architettura rendono questo stadio ispirato ad una futuristica “luxury car” una moderna infrastruttura sportiva costruita per Las Vegas: una città che, dal 2020, può considerarsi ancora più “The Entertainment Capital of the World”.