Alessandra De Stefano è la prima donna alla guida di Rai Sport. In una lunga intervista a Repubblica, la giornalista si racconta e racconta anche come può cambiare la gestione dello sport in televisione, non solo per la rete pubblica.
«Credo che in questo momento siamo diventati spettatori più impazienti. Forse il Covid ha cambiato il nostro rapporto con la tv, spesso foriera di brutte notizie, dato che l’informazione primaria si è concentrata sulla diffusione del virus. Sul modo di narrare lo sport, anche nelle telecronache, vorrei più immagini e meno verbosità. Ogni sport ha una sua geografia: suoni, rumori, atmosfere. Chi guarda deve poter respirare un po’ quel clima, non ha bisogno di sovrapposizioni di parole. A volte troppa voce può distrarre. Tamberi che vola, Tortu che nella staffetta si butta sul traguardo, vorresti essere lì con loro. Il telespettatore vuole condividere, non essere sopraffatto».
«Telecronache a due voci? Vanno bene se tra i due commentatori c’è sintonia, condivisione e feeling, non solo somma di analisi e di statistiche. Non bisogna sempre dire tutto, a volte le troppe parole ti fanno perdere l’azione che è già finita mentre la stai raccontando. Cosa copierei dalle tv estere? L’essenzialità e il minimalismo nella scelta degli studi televisivi, la fluidità dei raccordi tra i vari segmenti, la compostezza e la qualità degli interventi».
«Diritti tv? Se chiede a me io vorrei tutto. Ma è l’azienda che fa le grandi trattative e abbiamo una concorrenza con poteri economici molto forti. Però questa Rai allo sport ci tiene, anche se non bisogna ripetere Tokyo dove abbiamo preso i diritti basic e non full, quindi solo con alcune ore e senza web. Il tennis delle Atp Finals di Torino su Rai2 è andato in diretta in prima serata, ne sono soddisfatta perché questa è una stagione eccezionale per i giocatori italiani, anche se Berrettini si è fatto subito male e il match di Sinner contro Medvedev era inutile ai fini della qualificazione».
«Ma questi eventi vanno preparati e accompagnati prima, magari con qualche striscia quotidiana. Non si può pensare di fare buoni ascolti così all’improvviso. Ogni trasmissione, a me non piace chiamarla prodotto, ha bisogno di semina, di creare un’offerta. Il pubblico va fidelizzato, al Giro all’inizio puoi mettere le montagne più belle del mondo ma non farai mai i grandi ascolti che fai nell’ultima settimana».
«Se la mia direzione è scelta di genere o di merito? Credo tutte e due. Sicuramente è libera da vincoli politici. Sicuramente sono una che ha sempre lavorato molto. Tante ragazze mi hanno fermata a Saxa Rubra per dirmi: è bello sapere che si può arrivare in alto. Mi sono data un anno per guardare e provare a cambiare qualcosa, che non significa cancellare, ma aggiungere un altro pezzo. Il modo di raccontare, la grafica, il linguaggio devono andare verso il pubblico che è esigente. Bisogna capire dove va quello giovane a cercare lo sport. Si tratta di modificare certi equilibri, Rai Sport ha 115 dipendenti, siamo una testata che ha una rete e fa anche programmi. Chi lavorerà con me discuterà molto: prima e dopo. È giusto fare i conti con le idee delle altre persone».
«Saluterò il pubblico con “Il circolo degli anelli sotto l’albero” il 21 dicembre? Sì, è una trasmissione già decisa prima della mia nomina. Accetto ma non condivido la regola per cui con un alto incarico non vai più in video. I direttori della carta scrivono sui loro giornali. Da piccola volevo restaurare quadri e scrivevo su un giornalino che avevo chiamato Una finestra sul mondo. La mia finestra si è allargata, ma la voglia è rimasta quella: aprire le imposte, guardare con curiosità e fantasia a tutto quello che c’è fuori».