Le agevolazioni fiscali garantite anche per il mondo del calcio all’interno del cosiddetto Decreto Crescita hanno incentivato le acquisizioni di calciatori provenienti dall’estero a scapito delle transazioni sul mercato interno. Ma la strada per riequilibrare il mercato non può passare dall’abolizione degli incentivi a favore dei calciatori “impatriati”, che si sono rivelati una misura efficace per attrarre talenti nel calcio italiano, ma dall’introduzione di ulteriori misure capaci di valorizzare i calciatori formatisi e cresciuti in Italia.
Ne è convinto Valerio Casagrande, esperto di finanza di settore e Chief Financial Officer del Parma Calcio 1913 Srl, nonché Direttore Didattico del Corso di Alta Formazione “Finance per non finance manager: fondamenti di gestione finanziaria nel settore del calcio professionistico” presso l’Università Cattolica di Milano e Coordinatore Scientifico del Master “Economia e Finanza del Calcio Professionistico” presso la Business School 24ore.
Come analizzato anche in un nostro recente articolo, la percentuale degli stranieri sul totale dei giocatori è in costante aumento ed ha toccato il 60,2% al debutto dell’attuale Campionato di Serie A. A suo avviso, dottor Casagrande, quali sono le ragioni di tale trend?
«Il fenomeno non è causato da un’infondata esterofilia degli operatori del settore, ma si fonda su concreti elementi di convenienza economica. Ritengo, infatti, che a tale fenomeno abbiano contributo in modo decisivo le recenti modifiche, a regolamenti di settore e a disposizioni fiscali, le quali hanno determinato un arbitraggio favorevole alle acquisizioni di calciatori residenti all’estero rispetto a quelli residenti in Italia. In particolare, per quanto concerne la tematica dei trasferimenti, mi riferisco all’introduzione del meccanismo di solidarietà anche per le operazioni tra club italiani, precedentemente applicato solo a quelle transnazionali».
«Per quanto riguarda l’ambito tributario, sono stati introdotti due istituti particolarmente attraenti sotto il profilo dell’ottimizzazione fiscale, ossia il regime di tassazione forfettaria (pari a 100.000 euro) su redditi esteri e il regime cosiddetto “impatriati”. Quest’ultimo, in particolare, si sta dimostrando decisamente efficace e prevede che i redditi agevolati, che includono tutti gli emolumenti corrisposti dal club ai propri calciatori, concorrano alla formazione del reddito complessivo (IRPEF e relative addizionali) limitatamente al 50% del loro ammontare. I requisiti ai fini del riconoscimento dell’agevolazione richiedono che il calciatore non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento nel nostro Paese e si impegni a rimanere ivi residente per almeno due periodi d’imposta».
Quali sono gli effetti di tale arbitraggio sul mercato dei calciatori?
«Abbiamo un effetto di breve periodo che è quello che stiamo osservando, ossia l’aumento della percentuale degli stranieri sul totale dei giocatori. Nel medio – lungo periodo, inoltre, l’arbitraggio sopra esposto determinerà, ceteris paribus, un disincentivo a investire nello sviluppo dei calciatori residenti in Italia e potrebbe causare un impoverimento qualitativo del parco giocatori di “produzione italiana”».
Quali sono gli interventi che potrebbero essere introdotti per azzerare/mitigare tali effetti di sperequazione?
«Ritengo fondamentale preservare i benefici generati dalle disposizioni fiscali che abbiamo menzionato. Ovviamente non è possibile intervenire sul meccanismo di solidarietà la cui implementazione è dovuta all’applicazione di direttive internazionali. Quindi, per esclusione, ritengo opportuno ragionare su interventi sul mercato domestico a fini perequativi, tra cui:
- l’introduzione di sgravi fiscali e contributivi in relazione ai contratti stipulati con calciatori professionisti di giovane età attraverso, ad esempio, la modalità dell’apprendistato;
- forme di tutela del settore giovanile mediante l’introduzione di deducibilità maggiorate e/o riconoscimento di crediti fiscali con riferimento alle spese sostenute, misure entrambe, peraltro, rientranti nel pacchetto di proposte presentato dalla FIGC, per conto dell’intero movimento calcistico italiano, al Governo Italiano».
«A mio avviso si pone, inoltre, la necessità di una riflessione sulla stanza di compensazione che, lasciando inalterata la tutela dei soggetti creditori, riduca i costi finanziari relativi ai trasferimenti sul mercato domestico».
In merito a quest’ultimo punto ci può spiegare meglio che cosa intende?
«Il contesto economico generale e di settore è mutato significativamente negli ultimi anni. L’accesso al mercato delle fideiussioni è diventato progressivamente più oneroso e limitativo, in particolare per le società di proprietà straniera – sempre più numerose – che sono proprio quelle che hanno maggiori possibilità di investire in questo momento storico e, dunque, di immettere risorse nel sistema».
«Alcune di queste società, tra cui il Parma Calcio – società per cui lavoro -, hanno avuto una capitalizzazione veramente significativa, stanno sostenendo notevoli investimenti anche nel parco giocatori e uno dei principali obiettivi del sistema calcistico italiano dovrebbe essere quella di creare le condizioni affinché tali investimenti ricadano nel mercato domestico, con beneficio non solo dal lato della domanda ma anche di quello dell’offerta».
«La funzione – in principio assolutamente meritoria – della stanza di compensazione attualmente risulta inefficiente rispetto a tale sfida, comporta indirettamente un drenaggio di risorse al di fuori del settore calcistico (verso quelli bancari e assicurativi) ed è, peraltro, parzialmente depotenziata dal ricorso sempre più frequente ad operazioni di acquisizione temporanea con obbligo di riscatto, subordinato a condizioni sostanzialmente certe».
«Esiste, dunque, l’opportunità – e vi è certamente la possibilità – di definire una soluzione innovativa che, preservando la tutela dei soggetti creditori, scoraggiando contemporaneamente pratiche contabili caratterizzate dal disallineamento tra la forma e la sostanza giuridica delle operazioni di mercato, migliori l’efficienza del processo di regolamento dei corrispettivi dei trasferimenti e generi benefici per il calcio italiano nel suo complesso».