Basteranno le scuse ufficiali presentate da Volkswagen per evitare l’avvio di un’inchiesta formale da parte della Sec e Bafin – rispettivamente le market authority di Stati Uniti e Germania – per il presunto pesce d’aprile sfuggito in anticipo qualche giorno fa, più o meno volontariamente, alla casa di Wolfsburg?
E’ quanto si domanda il settimanale Milano Finanza in edicola sulla questione di marketing più discussa del momento, ovvero quella del presunto pesce di aprile orchestrato da Volkswagen.
Dal proprio sito internet infatti il gigante tedesco dell’automobile aveva comunicato di essere pronta a modificare in «VoltsWagen» la denominazione delle attività in America per promuovere la produzione di auto elettriche.
La notizia è apparsa subito credibile e anche se l’annuncio è stato rimosso dal web dopo breve, si è innescato un tam tam mediatico sulla vicenda, complici anche le spiegazioni frammentarie che arrivavano nel frattempo dall’azienda.
“A complicare la vicenda numerosi investitori hanno fiutato il potenziale upside e investito sul titolo, che alla borsa di Francoforte ha chiuso gli scambi con un apprezzamento di oltre il 5%. Ancora più marcato è stato il movimento delle adr (titoli rappresentativi di azioni quotate sulle borse non USA che possono essere negoziati negli Stati Uniti) che hanno strappato addirittura del 16% in poche ore”.
Per entrambe le classi di azioni lo storno è arrivato il giorno successivo, quando l’azienda ha chiarito una volta per tutte i contorni della vicenda, che come però fa sapere Milano Finanza tuttavia potrebbe non chiudersi qui.
In genere, infatti, in presenza di casi analoghi le autorità di Borsa avviano infatti d’ufficio attività di monitoraggio concentrate sull’arco temporale in cui le comunicazioni sono rimaste accessibili al pubblico e producono analisi approfondite per capire se siano configurabili o meno manipolazioni informative (nella più blanda delle ipotesi), aggiotaggio o insider trading.
Quanto avvenuto con Volkswagen d’altronde non rappresenta comunque un unicum. Nel 2018 il fon datore di Tesla Elon Musk annunciò via Twitter «notizie importanti in arrivo» e poche ore dopo parlò di «imminente default» dell’azienda, corredando il tutto con la foto di se stesso appoggiato svenuto alla portiera di una Model 3, ultimo modello sfornato dalla casa di Palo Alto.
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“Il tutto con riferimento a un inesistente «chapter 14 e mezzo» della legge fallimentare. Benché tutta la vicenda fosse avvenuta di domenica, all’apertura dei mercati il giorno successivo, il 2 aprile, il titolo di Tesla finì bersagliato dalle vendite e lasciò sul terreno oltre il 5%. La vicenda non passò inosservata agli occhi degli sceriffi del- la Securities and exchange commission americana: a fine settembre di quell’anno, conclusa l’istruttoria sulla vicenda, a Musk e alla stessa Tesla (per omesso controllo) fu comminata una multa da 20 milioni di dollari ciascuno”.