L'Uefa chiamata a evitare una nuova tempesta dopo PSG-Basaksehir

Articolo a cura di Luca Ferrari, Partner and Head of Sports e Stella Riberti, Senior Associate di Whiters.

La brusca interruzione della partita di Parigi PSG-Basaksehir dell’8…

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Articolo a cura di Luca Ferrari, Partner and Head of Sports e Stella Riberti, Senior Associate di Whiters.

La brusca interruzione della partita di Parigi PSG-Basaksehir dell’8 dicembre, ha riacceso i riflettori su un male sotterraneo, che colpisce tutti i paesi del mondo. Il razzismo, la mancanza di rispetto, gli scontri sono purtroppo parte del quotidiano. Spesso sono frutto di pregiudizi, incomprensioni o ignoranza.

Lo sport è stato da sempre una forza positiva contro questi fenomeni. Pensiamo alla potenza che hanno le Olimpiadi nell’influenzare il sentire internazionale. Pensiamo a storie avvenute nel mondo dello sport e che hanno avuto un impatto dirompente, come l’incontro nel 1995 tra Mandela e Francois Pienaar, capitano della nazionale Sudafricana di rugby.

Nel calcio, la UEFA (Union of European Football Associations), ha intrapreso molte azioni di coesione sociale e territoriale, anche per combattere il razzismo e agire sul vastissimo pubblico delle competizioni europee cui partecipano le 55 nazioni raccolte sotto la propria egida. Secondo quanto riportato proprio dall’UEFA nei suoi statement sulla sostenibilità sociale ed economica, tra le altre azioni, l’UEFA ha team dedicati alla formazione dei professionisti del settore, in modo che siano in grado di trasmettere, con il loro lavoro, anche i valori che UEFA condivide. Valori come inclusione e solidarietà a cui, ad esempio, il financial report UEFA 2017/18 riserva un intero capitolo.

Negli anni, l’UEFA ha dedicato energie e investimenti a campagne di comunicazione ed iniziative contro la discriminazione. Una delle più recenti, nel solco del progetto Unite Against Racism che l’UEFA porta avanti dal 2003, è il Protocollo adottato a ottobre 2019, che ha conferito all’arbitro il diritto di agire in tre step: due interruzioni di gioco con annuncio tra il pubblico (se la condotta razzista coinvolge quest’ultimo) e, da ultimo, l’abbandono del campo se la condotta prosegue dopo il secondo stop.

Secondo quando riportato da un quotidiano tedesco (link), la dinamica razzista dell’episodio dell’8 dicembre a Parigi, anche non è ancora stata chiarita. Anzi, è sempre più nebbiosa. Sembra che la parola “nero” pronunciata dall’arbitro romeno Coltescu, sia stata preceduta da provocazioni dal Basaksheir, in cui si pronunciava la parola “zingaro”.

Il Regolamento UEFA Champions League 2020/21, impone ai club un preciso obbligo di disputare la partita (art.6). In caso di rifiuto di disputare o di concludere la partita, il club viene sanzionato con la sconfitta a tavolino (3-0), la perdita deldiritto al corrispettivo UEFA per la relativa partita, nonché, nella fase a gironi, una sanzione pecuniaria di 250.000 euro (art. 28).

L’UEFA era dunque chiamata a decidere in via d’urgenza (ed in totale assenza di precedenti analoghi) se l’appellativo razzista da parte del quarto uomo giustificasse la reazione del Basaksehir di lasciare il campo, e pertanto non fossero applicabili al club turco le sanzioni sopra indicate. Oppure se il Basaksehir avrebbe potuto e dovuto attendere la sostituzione immediata del quarto uomo, e di conseguenza proseguire la partita. Tale sostituzione nel corso del match è infatti prevista dall’art. 47 del citato Regolamento (“If a referee, assistant referee or video assistant referee becomes unfit before or during a match and is unable to officiate, he is replaced by another member of the referee team”).

L’UEFA ha optato per una soluzione pratica (il posticipo il giorno successivo), idonea anche a non pregiudicare i propri proventi da sponsor e licenza diritti TV – posto che l’eventuale mancata disputa, sebbene posticipata, del match dopo l’abbandono del campo da parte delle squadre avrebbe presumibilmente portato sponsor e broadcaster ad una proporzionale riduzione del corrispettivo dovuto, in conseguenza della mancato sfruttamento dei propri diritti.

Tema separato è la verifica dell’effettiva violazione da parte del quarto uomo delle norme UEFA, ad esempio, del Regolamento Disciplinare, applicabile anche al team di arbitraggio, con conseguente possibilità di imposizione delle sanzioni disciplinari ivi previste (che in base all’art. 14 potrebbero consistere in una squalifica di minimo 10 partite, o altra sanzione ritenuta opportuna).

Auspicabilmente, questo episodio servirà a valutare l’eventuale integrazione da parte della UEFA della propria normativa, posto che né il più recente protocollo sulle misure anti-razzismo né i Regolamenti Champions League e Disciplinare prevedono espressamente il caso in cui sia un ufficiale di gara a commettere atti simili: attualmente i divieti e le relative sanzioni sono basate sulla (ben più frequente, in effetti) violazione da parte di federazioni, club, giocatori o del pubblico.