Dice di sentirsi tranquillo e che rifarebbe tutto quello che ha fatto, il dirigente della Juventus, Fabio Paratici, a proposito del «caso Suarez».
E aggiunge, commentando i contatti con la sua amica ministra Paola De Micheli: «Non credo sia inopportuno chiedere un’informazione. Fare delle domande non è un reato».
Paratici resta però indagato per «false informazioni al pubblico ministero». Come riporta il Corriere della Sera, al procuratore di Perugia, Raffele Cantone, che l’11 novembre scorso gli ha chiesto se si fosse mai interessato attraverso personaggi delle istituzioni o della politica a proposito della possibile acquisizione della cittadinanza italiana da parte del centravanti uruguaiano, il capo dell’ area tecnica juventina ha risposto sicuro: «Assolutamente no».
Non era vero, e adesso gli inquirenti si chiedono il motivo della bugia. E si domandano come mai, dopo le ripetute interlocuzioni tra l’avvocato Luigi Chiappero e il viceprefetto Antonella Dinacci (anche il legale è indagato per «false informazioni» sulla genesi di quei rapporti), alla vigilia dell’ esame «farsa» di Suarez i rappresentanti della Juventus siano improvvisamente spariti.
Anzi, da un certo momento in poi, quando dal Viminale chiamavano per spiegare che la pratica del calciatore uruguaiano (pendente da tempo) poteva avere esito positivo in tempi brevi, non rispondevano più.
Perché la repentina retromarcia? Solo per mutate strategie di mercato sull’ attaccante da acquistare, o c’ erano altre ragioni?
L’ indagine della Procura di Perugia prosegue per trovare risposte credibili a queste domande.
I magistrati intendono inoltre accertare «se il compimento dei reati (falso e violazione di segreto, ndr )» da parte di dirigenti e docenti dell’Ateneo «sia stato frutto di un unilaterale asservimento dei protagonisti della vicenda, dato il rilievo e la notorietà degli interlocutori (il calciatore e la squadra di calcio), ovvero sia stato ispirato dalla promessa di utilità».
Il gip Piercarlo Frabotta, spiega ancora il Corriere della Sera, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari ordinando la sospensione dal servizio dei dirigenti universitari e professori inquisiti, sottolineando però «l’assenza di qualsivoglia spunto investigativo che lasci fondatamente accreditare la sussistenza di intese corruttive tra gli odierni indagati e soggetti appartenenti all’ entourage della Juventus».
Tuttavia la Procura ritiene che «per potersi confermare l’ipotesi corruttiva, non necessariamente deve individuarsi la promessa di un corrispettivo da parte di un corruttore extraneus rispetto all’Ateneo».
Gli indagati potrebbero aver organizzato la «farsa» dell’esame a Suarez, contestata anche all’ avvocata Maria Turco che se n’è interessata per conto della Juve, «semplicemente nella prospettiva di ottenere i vantaggi promessi, anche implicitamente, dai rispettivi superiori gerarchici, anche solo in termini di benefici per la propria carriera».