Non solo Inter e situazione del calcio all’epoca del Covid, l’ad nerazzurro Beppe Marotta ha parlato anche del tema nazionali, intervistato nel corso di Glocal 2020, il Festival del Giornalismo organizzato da VareseNews.
“La prima cosa che abbiamo dovuto gestire è la brutta figura fatta come Italia nell’ambito della disponibilità che i club hanno dato ad altre federazioni per questa finestra – le sue parole -. Come sapete la decisione del direttore dell’asl di Firenze e di Roma 1 ha fatto sì che alcune squadre non hanno concesso la disponibilità di alcune federazioni. È stata l’unica nazione in cui è successo, a dimostrazione di come già nel nostro interno esistono problemi nei problemi. Il fatto che vengono applicati protocolli diversi crea difficoltà”.
“Il mio intervento non era certo destinato a privare le nazionali del loro valore, è qualcosa che unisce ed emoziona. Il problema è valutare questa situazione in una stagione anomala e in un calendario molto compresso. Il dialogo tra le nazionali e i club non è mai esistito e non esiste ancora oggi. In primis vorrei che venisse rafforzato il dialogo, per far sì ad esempio che i ct parlino con i tecnici dei club: non sono contrario alle nazionali, ma servirebbe un uso diverso. Cercare di valutare meglio le situazioni dei singoli atleti anche alla luce delle competizioni che devono disputare”.
“Se ci sono amichevoli di poca importanza, i giocatori vanno dosati. Soprattutto che davanti al fatto in ua situazione di emergenza anche le competizioni vengano ridotte. Quando si parla di Mondiali e Europei non si dice nulla, ma quando vengono fatti tornei che non hanno rilevanza anche dal punto di vista dello spettacolo allora cerchiamo di limitare le convocazioni. L’obiettivo è che le leghe recepiscano queste difficoltà, portando la discussione al tavolo della Fifa e dell’Eca, questo era il mio messaggio, a tutela anche degli stessi giocatori. Perché poi ci si trova davanti a un caso come Croazia-Turchia, con un giocatore positivo messo in campo perché non era ancora arrivato il tampone”.
“In questi mesi c’è stata paura, giocatori si sono spaventati perché prima cosa che volevano mettere in sicurezza erano le loro famiglie. C’era paura di dover subire il contagio da parte di compagno o addetto ai lavori. Nella gestione vera e propria, forse oggi stiamo subendo maggiormente il condizionamento della pandemia. Tanti contagiati ci sono stati in questa seconda ondata, la difficoltà oggi dell’allenatore è quella di capire i giocatori che sono a disposizione, da un tampone all’alto si passa da squadra disponibile a squadra senza sei giocatori”.
“Venerdì ci siamo trovati con Gagliardini positivo e siamo partiti con l’incertezza, per fortuna il tampone sabato era negativo ed è arrivato domenica mattina a Bergamo. La grande difficoltà per gli allenatori è gestire la programmazione sportiva e la pianificazione degli allenamenti. Da un punto di vista sportivo siamo in grande difficoltà, senza entrare nella questione dei tamponi che è fatta di cronaca, non mi azzardo ad essere giudice. Sono perché venga centralizzata con un unico laboratorio la Serie A per non dare adito a sospetti e che venga creata una authority per dirimere le eventuali situazioni che vengono create”.
“Un altro aspetto negativo che si è verificato è quella di giocare in cattedrali nel deserto, stadi da 70mila spettatori senza tifosi se non gli addetti ai lavori. Questo ha portato secondo me al fatto che i giocatori non hanno la concentrazione e la pressione che incute la presenza del pubblico. Il pubblico ha vantaggi, è 12° giocatore in campo e soprattutto incide sulla concentrazione. Da qui arrivano anche i recenti punteggi, che non deriva solo dalla questione tattica ma che vediamo tanti gol che in stadi pieni non vedremmo”, ha concluso Marotta.