Forse i momenti di massima crisi sono quelli più indicati per provare a pensare al futuro, e già nell’istante in cui si prova a dare una risposta all’emergenza si può programmare un futuro migliore.
Partendo da questo spunto, Flavio Tranquillo, giornalista Sky e commentatore Nba, lancia la sua proposta di ripensare un sistema sportivo che sia innanzitutto sostenibile, che garantisca lo sport di base per tutti e metta ordine in un ginepraio di poteri, ruoli e competenze.
Lo fa con un libro Lo sport di domani, sottotitolo Costruire una nuova cultura, pubblicato da add editore e in uscita mercoledì 28 ottobre (160 pagine, 14 euro).
Tranquillo comincia con una lucida e dettagliata analisi dello status quo in cui, e la situazione attuale ne è la conferma, lo sport italiano si muove tra problemi irrisolti da anni, opacità, contraddizioni a tutti i livelli e in cui la politica si schiera di volta in volta come si trattasse di un gioco da tifoserie.
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A perdere, sempre, è la cultura sportiva, intesa come una reale e concreta formazione allo sport a partire dai più giovani, il cui rapporto con lo sport spesso si limita alle due ore settimanali passate in una palestra scolastica non sempre “all’avanguardia”.
Eppure rendere lo sport davvero per tutti dovrebbe essere uno dei compiti dello Stato, che non solo farebbe così il suo dovere (come da Costituzione), ma si garantirebbe anche una miglior salute pubblica, una maggiore responsabilizzazione dei cittadini e un’educazione civica e valoriale che lo sport da sempre porta con sé.
Dopo questo primo e fondamentale passaggio, il libro di Tranquillo si sposta al mondo dei dilettanti e dei professionisti, mettendo a nudo le tante ambiguità di un sistema che non è ancora stato in grado di organizzare un settore in modo chiaro e razionale, nascondendosi spesso dietro definizioni e scorciatoie in cui si annidano i grandi mali dello sport italiano.
Chi sono i professionisti? Che cosa vuol dire “dilettanti”? Perché lo Stato deve occuparsi di un mondo che, come quello professionistico, dovrebbe essere gestito dai privati e regolato dal mercato? Come mai buona parte del mondo sportivo vive di “rimborsi spese” quando si tratta a tutti gli effetti di stipendi? E soprattutto, alla fine, chi paga tutto questo?
L’attualità sta dando una risposta chiara: pagano coloro che di sport vivono e che nello sport credono, coloro che non hanno contratti milionari, ma che proprio per la propria passione spesso fanno molto più di quanto è loro richiesto, ma ai quali, per esempio adesso, molto poco viene riconosciuto. Come fossero invisibili pur essendo la vera forza e i pilastri del nostro sistema sportivo.
Lo sport di domani è un libro che dovrebbe far nascere un dibattito in Italia, e dovrebbe farlo perché non si tratta di “attività ricreative”, né di “quattro amici che giocano a calcetto” come spesso è stata trattata una parte del mondo sportivo, ma di una fetta consistente della nostra società, di un’economia che ha il diritto (e il dovere) di diventare sostenibile, e di qualcosa che riguarda tutti. Da mercoledì 28 ottobre sarà in libreria, con le palestre e le piscine chiuse e milioni di italiani in attesa di un qualche soluzione sempre più difficile da raggiungere.