Mercato naming rights – L’ultimo studio del Football Benchmark di KPMG prende in analisi il mercato dei naming rights degli impianti sportivi. Gli accordi per i diritti di denominazione dello stadio sono considerati la terza fonte di entrate più redditizia per i club nel campo degli accordi commerciali, dietro le sponsorizzazioni delle maglie e gli accordi con gli sponsor tecnici che producono le divise.
La monetizzazione dei diritti di denominazione degli stadi è stata una tendenza in crescita a livello globale in quanto permette di portare entrate extra ai club. Una tendenza che ha avuto origine negli Stati Uniti dove ormai è molto comune per gli impianti sportivi. Il primo accordo fu firmato a Boston più di 100 anni fa: l’apertura del Fenway Park nel 1912, sede della squadra di baseball dei Boston Red Sox, coinvolse la Fenway Realty Company, la società immobiliare del proprietario dello stadio, che capitalizzò sul valore promozionale della denominazione al momento.
Da questo punto di vista il mercato del calcio europeo è ancora sottosviluppato, ad eccezione della Bundesliga, i cui stadi sono sponsorizzati per il 78%. Il campionato tedesco si piazza addirittura davanti alla MLS americana (77%). Prendendo in considerazione tutte le 98 squadre nei primi cinque campionati del calcio europeo, solo il 30% di loro ha partner per i diritti di denominazione degli stadi. Solo un quinto degli stadi è sponsorizzato in Premier League, Serie A e nella Ligue 1. Ultima tra le Top League è la Liga con soltanto il 15% degli stadi sponsorizzati. È interessante notare che la Süper Lig della Turchia e la Championship, la serie cadetta inglese, hanno più sedi con uno sponsor di denominazione rispetto ai principali campionati europei, escluso quello tedesco.
Considerando tutti i principali accordi, Etihad Airways detiene il più grande accordo individuale, pari a 17,1 milioni a stagione, per la sponsorizzazione dello stadio del Manchester City. Secondo il gruppo Wanda che detiene i diritti per la denominazione del nuovo stadio dell’Atletico Madrid, ottenuti con un accordo annuale da 9,6 milioni di euro. Da notare come sia però Allianz lo sponsor che spende di più per i diritti di denominazione. Il gigante assicurativo tedesco ha costruito un portafoglio globale di club supportati, sponsorizzando otto stadi in quattro continenti, tra cui sei squadre di calcio, pagando un totale di circa 30 milioni di euro all’anno per tali diritti.
Esaminando gli sponsor principali per settore, tra i settori il settore finanziario è quello principalmente coinvolto in questo tipo di sponsorizzazione. In Germania, il mercato europeo più sviluppato a tale riguardo, più di un quarto (28%) degli accordi sono con società finanziarie, seguite da quelli con le case automobilistiche (21%).
Nonostante il potenziale guadagno finanziario, molte delle migliori squadre di calcio in Europa hanno esitato a vendere i diritti di denominazione del loro stadio finora. Il mercato rivela che le entrate sono la prima considerazione tra molte altre quando un club si avventura nella prospettiva di invitare uno sponsor a rinominare il proprio terreno di casa.
Considerato quanto guadagnano i Citizens dall’accordo con Etihad, è probabile che i cugini del Manchester United, o il Real Madrid e il Barcellona, potrebbero probabilmente guadagnare ancora di più se decidessero di cambiare il nome dei loro stadi per includere uno sponsor. Tuttavia, sono stati riluttanti a vendere i diritti e quindi rinominare la loro sede iconica. Old Trafford, Camp Nou, Bernabéu, San Siro, Anfield sono marchi già di per sé consolidati, nomi radicati nella psiche dei fan e del pubblico in generale, che sarebbe difficile inserire il nome di uno sponsor a causa dello storico attaccamento al nome originale della struttura.
Quando nel 2006 l’Arsenal ha lasciato Highbury, che poteva ospitare 38.000 tifosi, e si è trasferito all’ Emirates, il nuovo stadio con una capienza di oltre 60.000 posti, il manager dei Gunners Arsene Wenger ha commentato così: “Abbiamo costruito un nuovo stadio ma … abbiamo lasciato la nostra anima a Highbury”. Le sue parole dimostrano l’importanza della componente emotiva attorno al terreno di casa di un club, il che implica anche che la vendita dei diritti di denominazione non è solo una considerazione finanziaria.