(Articolo di Giuseppe Quaglia) A inizio febbraio il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (TAS) ha emesso una sentenza che è passata per lo più inosservata sui media italiani. Ma che in prospettiva potrebbe cambiare gli equilibri del calcio mondiale. Aprendo nuovi scenari nel mondo del calcio mondiale.
Proprio per questo la storia merita di essere raccontata dall’inizio.
Nell’agosto 2017 i club statunitensi Miami FC e Kingston Stockade FC avevano promosso un arbitrato presso il TAS nei confronti della US Soccer Federation (la Federcalcio statunitense), della CONCACAF (la confederazione centro e nord americana del calcio, in pratica la UEFA del Centro-nord America) e della FIFA. L’azione era finalizzata a fare dichiarare l’obbligatorietà anche per gli Stati Uniti del principio di promozione e retrocessione dei campionati stabilito dall’Articolo 9 del Regolamento sulla applicazione degli statuti FIFA.
Dopo oltre due anni e mezzo di analisi e riflessioni sul tema, in data 3 febbraio 2020 il TAS ha finalmente preso la sua decisione, stabilendo che l’Articolo 9, nonostante la sua formulazione apparentemente obbligatoria, non impone alla FIFA di applicare promozioni e retrocessioni anche negli Stati Uniti. Il Tribunale arbitrale ammette esplicitamente che la regola è importante per la FIFA (paragrafo 237 della Sentenza TAS) e che il testo dell’Articolo 9 sembrerebbe di portata universale per il calcio (paragrafo 206 della Sentenza TAS). Tuttavia, stabilisce anche che la FIFA ha discrezionalità nell’applicazione dei suoi regolamenti (paragrafo 194 della Sentenza TAS).
Il collegio arbitrale del TAS non manca di notare però che un’eventuale esenzione concessa agli USA dovrebbe essere espressa più chiaramente nei regolamenti FIFA (paragrafo 244 della Sentenza TAS).
Ma soprattutto, e qui sta il punto, va notato che la FIFA e il suo Presidente, Gianni Infantino, hanno sempre dichiarato che la mancata adozione di regole di promozione e retrocessione negli Stati Uniti dipendeva da scelte della Federazione statunitense sulle quali essa, ovvero la FIFA, non aveva possibilità di intervenire. Invece con la sentenza di settimana scorsa il TAS ci dice oggi che è proprio la FIFA ad avere il potere di applicare i suoi regolamenti su tale punto.
Per il presidente della Fifa Infantino, a circa sei anni di stanza dal Mondiale 2026 che sarà organizzato soprattutto negli Stati Uniti (con la collaborazione di Canada e Messico), un problema non da poco visto che nell’agosto 2018 il manager svizzero, in visita al presidente statunitense Donald Trump alla Casa Bianca, dichiarava: “Credo in un sistema di promozioni e retrocessioni perché credo nella competizione e in un presidente o proprietario di club che può dire: Ok, voglio vincere quest’anno e voglio investire”. E quando gli venne chiesto se la Fifa avesse intenzione di forzare la mano alla federazione statunitense su questo tema, rispose: “Ho il potere di parlare con le persone e di spingere su certi argomenti ma poi sta al presidente della US Soccer Federation e ai suoi colleghi decidere. E sono liberi di scegliere quella che ritengono la soluzione migliore per il calcio americano. Ma posso essere veramente insistente quando ho qualcosa in testa”.
Ebbene, la sentenza della settimana scorsa del TAS mette quasi Infantino con le spalle al muro perché ha apertamente stabilito che toccherà alla FIFA decidere. E in questo quadro sarà interessante capire se la FIFA sarà coerente con quanto dichiarato applicando la regola delle promozioni/retrocessioni anche negli USA. La FIFA insomma non si potrà quindi più nascondere dietro il dito della Federazione americana.
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Anche perché dovrebbe essere proprio la FIFA l’organo regolatore che dovrebbe assicurare che in tutto il mondo – USA compresi – il calcio sia aperto, inclusivo, non discriminatorio, basato sul merito sportivo e non solo sul denaro. E negli Stati Uniti, senza il sistema di promozioni e retrocessioni, non è così al momento.
Infine va rilevato che una giustificazione della possibilità di mantenere un sistema chiuso al meccanismo delle promozioni/retrocessioni sarebbe che il sistema del calcio statunitense avrebbe connotazioni diverse rispetto al resto del mondo. Resta tuttavia l’interrogativo che sia davvero così. E soprattutto se tale diversità sia ancora attuale dopo un mondiale già ospitato (ben 26 anni fa), un nuovo mondiale in vista nel 2026 e lo sviluppo oramai consolidato di calcio ben organizzato, con centinaia di club calcistici professionistici e semi-professionistici attivi negli Stati Uniti.
Inoltre, resta il quesito sulla tolleranza accordata alle leghe chiuse nel continente americano, a dispetto dell’ostilità il governo del calcio ha sempre dimostrato sulla possibilità della creazione di superleghe chiuse in Europa. Un tema, quest’ultimo, che in prospettiva potrebbe avere effetti significativi se non rivoluzionari anche nel calcio del Vecchio continente.