Nel febbraio 2015 il brand New Balance è entrato, prepotentemente, nel mondo del calcio. Sostituendo Warrior, marchio di cui proprio NB è diventata proprietaria nel 2004, e che nella stagione 2012-2013 aveva siglato un agreement per essere sponsor tecnico del Liverpool.
In quella stagione, i Reds sottoscrissero un accordo di 25 milioni di sterline a stagione con l’azienda americana. Accordo che, ai tempi, era considerato vantaggioso. Dopo il Liverpool, anche le maglie di Siviglia, Stoke City e Porto furono firmate da Warrior.
Nel febbraio 2015, però, la decisione di cambiare da parte del management dell’azienda americana e il passaggio a New Balance. Brand certamente più conosciuto in Europa rispetto a Warrior. Con l’obbiettivo di investire forte nel mondo del calcio.
Il binomio fra la società di Boston, nata nel 1906, e il mondo del pallone ha, però, radici lontane. Nel 1984, infatti, New Balance realizzò le scarpe da gioco di Bryan Robson. In quegli anni uno dei giocatori più rappresentativi del calcio inglese e icona del Manchester United.

Il ritorno nel calcio
Come già scritto, all’inizio del 2015 New Balance, completando il passaggio di consegne con Warrior, è ritornata nel mondo del calcio. E lo ha fatto ripartendo dal Liverpool e importanti testimonial come Fellaini e Ramsey.
Per New Balance sfidare i colossi Nike e Adidas sembra molto complicato. Al contempo, però, l’obbiettivo sembra essere intaccare il terzo gradino del podio, attualmente occupato da Puma. Il mondo social, in questo, può essere utile per valutare la bontà degli investimenti fatti.
Questo perché, i followers (e tifosi) delle società sportive sono gli stessi clienti target dei brand che sponsorizzano l’abbigliamento tecnico. Se prima era difficile misurare l’effettivo potenziale a livello di clienti, il mondo digitale diventa un parametro di riferimento.
Come riporta l’ultimo report “The European Football Club” di IQUII Sport, pubblicato a metà novembre (CLICCA QUI PER ACCEDERE AL REPORT) negli ultimi anni NB ha conquistato una buona fetta di mercato.
Come si evince dal grafico, tramite gli accordi commerciali firmati, New Balance può vantare un ottimo bacino di utenza rappresentato dai followers delle principali squadre di calcio europee di cui firma le maglie.
Questo gli permette di consolidare il quarto posto in questa speciale classifica e cercare di avvicinarsi al suo principale contender, rappresentato da Puma.
Tutto questo nonostante, sempre secondo i dati riportati nel report, la percentuale di squadre sponsorizzate dal marchio di Boston sia di poco superiore al 2,5%. Ovviamente tra le società prese in esame all’interno delle analisi, che comprendono, comunque, le prime due categorie dei principali campionati europei.
Il colosso americano, oltre a sottoscrivere l’agreement con il Liverpool, ha sottoscritto importanti accordi commerciali anche con altre squadre europee. Tra le principali Nantes e Lille in Francia, Fc Porto in Portogallo e Athletic Bilbao in Spagna. Pesa l’assenza in mercati importanti come Italia e Germania, dove si fortifica il distacco da Puma. Quest’ultima in questi nazioni può vantare nel suo portfolio squadre come Borussia Dortmund e Milan.
New Balance sfrutta, come detto, la visibilità concessa sui profili delle squadre. Legandosi al brand calcistico e cercando di attirare potenziali clienti. Rappresentati dai tifosi.
Nel post pubblicato sul profilo del Porto è chiara l’intenzione di concedere visibilità al brand americano. Ed inoltre si possono sottolineare altre iniziative specifiche, come l’accordo raggiunto con il calciatore Sadio Manè del Liverpool. Uno dei giocatori più rappresentativi del calcio africano e testimonial per la nuova linea di scarpe da calcio rilanciata da NB.
Questo post, pubblicato tramite il profilo dei Reds, rappresenta l’esempio, a livello commerciale, di come un brand abbia la possibilità di non essere solo uno sponsor tecnico per la squadra. Ma di trovare in essa anche un partner commerciale per la diffusione dei propri prodotti.
Le scelte di New Balance evidenziano, quindi, una strategia specifica e intelligente.
Le possibilità di competere con Nike e Adidas, regine del mercato, sono difficili e diventa impossibile pensare di colmare il gap nel breve periodo. Pertanto puntare su piccoli segmenti e su calciatori emergenti, che comunque rappresentano icone nei paesi di riferimento, è utile per costruire e accrescere la propria quota di mercato. Pochi investimenti, ma buoni.
Dall’altro lato, le società calcistiche possono, grazie allo strumento dei social network, avere un parametro di riferimento per contrattare contratti di sponsorizzazione tecnica, e non solo, sempre più ricchi. Garantendo visibilità e numeri certi. E offrendo la possibilità di veicolare un messaggio verso i propri tifosi, che quindi diventano potenziali clienti per lo sponsor.