Fininvest e Mediaset vogliono 3 miliardi da Vivendi

Sale a circa 3,5 miliardi l’importo delle richieste di risarcimento presentate da Mediaset, dalla controllata Rti, e da Fininvest nei confronti di Vivendi per la rottura dell’accordo su Mediaset Premium dell’aprile 2016…

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Sale a circa 3,5 miliardi l’importo delle richieste di risarcimento presentate da Mediaset, dalla controllata Rti, e da Fininvest nei confronti di Vivendi per la rottura dell’accordo su Mediaset Premium dell’aprile 2016 e per la successiva scalata ostile alle tv del biscione.

La cifra è emersa dalle pieghe della relazione trimestrale della stessa Vivendi. Lo scorso 9 giugno, Mediaset, Rti e Fininvest, che già avevano intentato una precedente causa, hanno depositato al Tribunale di Milano un nuovo atto di citazione contro i francesi per ottenere il pagamento di danni e interessi per un ammontare totale di 2 miliardi a Mediaset e a Rti e di 1 miliardo a Fininvest. Complessivamente le società del gruppo Berlusconi chiedono a Vivendi circa 3 miliardi di euro.

A questi 3 miliardi si aggiungono i 570 milioni che la sola Fininvest aveva chiesto prima della scalata, solo come danni per il mancato acquisto di Premium legati al presunto danno subito per la variazione del titolo Mediaset tra il 25 luglio e il 2 agosto del 2016 e per il «danno al processo decisionale di Fininvest e alla sua immagine». Il conto sale così ad oltre 3,5 milioni.

Nel nuovo atto di citazione il gruppo Berlusconi accusa Vivendi è di aver acquistato titoli Mediaset nel corso dell’ultimo trimestre 2016. «Secondo Mediaset, che ha chiesto di unire la procedura con la prima (cioè l’atto di citazione depositato un anno fa sempre a Milano), questa operazione costituirebbe una violazione dell’accordo dell’8 aprile 2016, una infrazione della regolamentazione italiana sui media e un atto di concorrenza sleale».

La richiesta di risarcimento è l’ultimo asso, in ordine di tempo, che il gruppo Berlusconi cala: nei mesi scorsi Mediaset aveva chiesto ai giudici di obbligare Vivendi alla vendita dei titoli acquistati in violazione delle norme e, in attesa, di congelare i diritti di voto (ma i francesi non si sono presentati all’assemblea degli azionisti dello scorso giugno).