Il videomessaggio con cui Silvio Berlusconi ha espresso le sue preoccupazioni sui futuri assetti proprietari del Milan, auspicando che il club finisca in buone mani «preferibilmente italiane», sembra abbia suscitato l’irritazione della cordata cinese.
Da fonti vicine alla Galatioto Sports Partner, ovvero l’advisor del consorzio cinese, filtra grande sorpresa e una certa frustrazione per le parole di Berlusconi e per come sta venendo gestita la trattativa.
In pratica la controparte non riesce a capire a che gioco voglia giocare il presidente rossonero, nell’ambito di quello che da sponda cinoamericana viene considerato un piano economico molto solido, con acquirenti altrettanto solidi e soprattutto noti a Fininvest.
Anche perché – fanno notare – Sal Galatioto, che in carriera ha curato tantissime cessioni/acquisizioni di alto livello, non rischierebbe la reputazione affiancando investitori poco solidi
Tutto questo non significa comunque che la trattativa sia saltata per aria. Almeno, non ancora. Questi sono giorni fitti di contatti, sebbene alla luce delle dichiarazioni di Berlusconi e della reazione cinoamericana, i punti di domanda siano diventati enormi.
Sul tavolo c’è sempre la questione del dossier che dovrà contenere le garanzie bancarie degli investitori cinesi e ciò che continua a filtrare è uno scenario di attesa unito a una parola ricorrente: cautela. Estrema cautela perché il faldone, una volta completato, finirà sulla scrivania di Berlusconi, che deciderà se dargli seguito dando il via libera a un’esclusiva – non vincolante – con i cinesi per un mese. Di certo c’è che il cda di Fininvest fino a ieri sera non era stato convocato.
La riunione del board della holding, secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, potrebbe essere convocata all’inizio della prossima settimana.
Ufficialmente, dunque, non cambia nulla. Gli uomini Fininvest stanno predisponendo il famoso dossier sull’offerta da presentare a Berlusconi (ed è su questo che il presidente baserà la sua decisione) e cercano di raccogliere maggiori informazioni sulla composizione e sulle garanzie finanziarie della cordata cinese. Che però comincia a spazientirsi, convinta com’è di aver già abbondantemente fornito tutti i chiarimenti sull’identità dei potenziali compratori e di aver già fatto pervenire, attraverso gli advisor, tutte le prove della loro assoluta solidità finanziaria.
Insomma, Fininvest e Berlusconi — è questo il senso dei ragionamenti «cinesi» — sanno benissimo chi siamo e che abbiamo i soldi; se ancora si sollevano tutti questi dubbi forse non c’è la volontà di vendere.
Anche la pseudo apertura agli italiani non è stata apprezzata. Il che non significa che la trattativa registrerà per forza una frenata: la controparte è conscia del fatto che Berlusconi deve parlare ai tifosi e anche agli elettori. Però l’umore al tavolo non sarà dei migliori e l’esito a questo punto ancora più imprevedibile.