I tetti di affollamento pubblicitario più bassi per le pay tv rispetto alle tv in chiaro – già previsti dal decreto Romani del 2010 – sono stati ribaditi dalla Cassazione con una sentenza di ieri (numero 210).
L’idea è quella di tutelare gli interessi finanziari delle tv ma al contempo quelli dei telespettatori.
Il dlgs Romani (44 del 2010) ha cambiato il testo unico della radiotelevisione (177 del 2005) e ha previsto un progressivo abbassamento dei limiti orari per la pay tv: 16% nel 2010, 14% nel 2011, 12% dal 2012 in poi. Questi limiti si aggiungono a quelli già presenti nell’articolo 38 del testo unico che differenziavano la Rai dai privati: per il servizio pubblico il limite orario è del 12% (4% su base settimanale) per le tv nazionali free il 18% orario (15% al giorno).
Tutto era partito – come scrive Italiaoggi di oggi – dal ricorso al Tar del Lazio dell’operatore satellitare che chiedeva di annullare una sanzione da 10 mila euro decisa dall’Agcom nel 2011 dopo che Sky Sport 1 aveva superato il limite orario del 14% degli spot, arrivando a 16,8% (16,4% netti).
I giudici del Tar si erano rivolti prima alla Corte di giustizia europea che si era espressa in maniera sfavorevole a Sky e infine, a febbraio dello scorso anno, avevano sospeso il giudizio per rivolgersi alla Consulta, convinti che la questione di legittimità costituzionale non fosse infondata.
Invece la Corte costituzionale ha giudicato in parte infondati e in parte non ammissibili le questioni proposte e ora la palla ritorna al tribunale amministrativo che diffi cilmente si potrà pronunciare in senso opposto.
Il problema ovviamente non risiede nei 10 mila euro di multa ma nell’effetto di una sentenza diversa. Se i giudici della Consulta si fossero pronunciati contro la differenziazione dei tetti, Sky e le altre pay tv avrebbero potuto raccogliere quanto le televisioni gratuite. In questo modo sarebbero potute cambiare le posizioni nel mercato pubblicitario e non solo degli operatori più grandi ma anche di quelli emergenti, da Discovery (che ha canali free) a Fox (che non ce li ha).
Una interpretazione questa confermata dal fatto che davanti alla corte costituzionale non sono andati soltanto gli avvocati di Sky, ma anche quelli di Rti-Mediaset, che ovviamente difendevano le ragioni dei tetti differenziati, e l’avvocatura dello stato in rappresentanza del presidente del Consiglio dei ministri, sempre a sostenere i limiti.