Il ruolo della “Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre” – già al centro dell’attenzione in occasione della nota intercettazione Iodice Lotito – ricopre un ruolo centrale nella relazione del subcommissario Bernardino Feliziani che attribusice “Gravi criticità gestionali attribuibili al regime di Mario Macalli ma anche potenziali distorsioni nella distribuzione di fondi federali riconducibili a Claudio Lotito, il grande elettore di Carlo Tavecchio”. Lo scrive oggi Il Sole 24 Ore, che ha consultato la relazione del subcommissario al quale era stato affidato il compito di analizzare bilanci e finanze della Lega Pro.
Feliziani ha informato ieri Fige e Lega serie A delle proprie dimissioni in contrasto con il Commissario Tommaso Miele, magistrato della Corte dei conti che da luglio ha l’incarico di mettere ordine nell’organo della Serie C.
Secondo le ricostruzioni di Feliziani la Fondazione è ritenuta la seconda gamba economica con cui la cordata Lotito Galliani Tavecchio eserciterebbe il controllo sul calcio italiano.
L’altra è Infront, la società di Marco Bogarelli, oggi al centro di un procedimento penale della procura di Milano.
Nella famosa telefonata che il presidente dell’Ischia Giuseppe Iodice aveva avuto e registrato con Claudio Lotito, il presidente della Lazio aveva apertamente dichiarato di avere il controllo di quei fondi.
«Potemo fa’ un’operazione sui progetti della Fondazione che decido io, perché io c’ho la maggioranza come segreteria», aveva detto. La relazione di Feliziani adesso conferma che la Fondazione veniva usata per distribuire fondi con criteri non meritori.
Ora la relazione Feliziani potrebbe avere un impatto anche su Figc e Lega Serie A anche perchè nella sua lettera di dimissioni viene accusato il commissario Miele di aver opposto resistenze alle sue richieste di accesso ai documenti contabili da esaminare, a partire da alcuni contratti di consulenza che stando a quanto riporta Feliziani sono responsabili di quelle “indubbie carenze di carattere procedurale e organizzativo” che avrebbero caratterizzato la “approssimazione gestoria” della Lega Pro nell’era Macalli.
Tra le altre criticità induviduate si trovano: La mancata verifica delle tattività di controllo dei conti svolte dal Collegio dei revisori della Lega, somme che si sarebbe dovuto distribuire come contributi ai club e che sono invece rimaste nella disponibilità della LEga, e le modalità di distribuzione dei fondi derivanti dalla vendita dei diritti audiovisivi della serie A (la famosa mutualità).
Alla Fondazione la Legge Melandri aveva attribuito il compito di assegnare alle squadre minori una parte dei ricavi dei diritti delle partite di serie A. Nelle intenzioni bisognava con questi fondi sviluppare l’impiantistica e la formazione giovanile premiando i progetti migliori.
Ma l’analisi di Feliziani fa capire che anzichè premiare i progetti quei fondi sono stati di fatto distribuiti a pioggia e senza criteri meritori. Nel 2014, si legge «pur avendo presentato progetti
per importi diversi gli uni dagli altri, le 68 società della Lega Pro hanno richiesto la corresponsione di un importo per tutti uguali di euro 44.117, detta contribuzione ha quotato euro 3 miloni che risulta tutta distribuita”.