C’è un comitato di cittadini che lo stadio al Portello non lo vuole, e sostiene che la Fondazione Fiera abbia fatto un favore ad un amico (cioè a Berlusconi). C’è un consiglio comunale che sarà chiamato a votare, mentre la polemica monta: sembrava che “il sogno di Barbara” (e dei milanisti) piacesse a tutti, finché si trattava solo di un sogno. Ora che può diventare realtà, emergono le magagne. Tocca al presidente dell’ente che ha concesso i terreni al club, Benito Benedini, difendere l’operato del Comitato esecutivo e la correttezza dell’assegnazione.
“Il progetto è avveniristico, è uno stadio – racconta a Repubblica – ma anche molto di più. La nostra aggiudicazione al Milan è anche un incentivo verso questa svolta culturale”, per un calcio per famiglie e meno violento. Che succederà ora? Il Milan dovrà cercare di ottenere “tutte le autorizzazioni, in questa Italia dove ci vuole più tempo per avere le carte in regola che a costruire. Noi dobbiamo soltanto firmare il contratto con il club. Sarà qualcosa di unico al mondo questo stadio, noi controlleremo che facciano le cose come previste”.
Il calendario prevede che a gennaio la Fondazione consegni le aree al Milan. Poi, racconta il presidente Benedini, ci saranno “16 mesi per le autorizzazioni”, che in realtà – grazie al Decreto “Sblocca Italia” – dovrebbero essere al massimo 6 dal momento in cui il progetto sarà depositato in Comune. Se entro quei 6 mesi il Comune non voterà, passerà il “silenzio assenso”. Se darà l’ok, si cercherà di chiudere i lavori “nel 2018, se si riuscirà. Noi controlleremo”. E a proposito di clausole nel contratto, il numero 1 di Fondazione Fiera spiega che “a nostro insindacabile giudizio c’è la possibilità futura di una permuta: noi ci prendiamo l’albergo e a loro va il resto”.
E se il Comune dicesse di no? “Si perderebbe una grossa opportunità, per Milano e l’Italia. E anche per far vivere sette giorni su sette un’area che oggi è un mortorio e dove c’è da aver paura ad andarci la notte. In tal caso, comunque, nel contratto prevediamo un utilizzo diverso dei padiglioni 1 e 2. Quale? È da definire. Se non sarà uno stadio potrebbe essere un centro servizi, un centro benessere, o qualcos’altro. Chiaramente a carico del Milan”.
Qui viene la parte interessante: “Il Milan in ogni caso ci pagherà l’affitto dal 1° gennaio 2016 per 50 anni – assicura Benedini – non ci cambia nulla. Ma non vorremmo che l’area resti vuota”. Sarebbe tutt’altro che un bell’affare per i rossoneri: 200 milioni di euro di canone in mezzo secolo, senza nemmeno avere lo stadio. Il presidente spera che le istituzioni non si “mettano di traverso. Non mi piacciono le prese di posizioni a priori, il partito del no non lo concepisco. Ho apprezzato invece le parole del vicesindaco De Cesaris, “aspettiamo di vedere il progetto e valutiamo””. Quelle parole che al comitato dei residenti non sono piaciute. “Dovrebbero pensare che diventerà un polo di attrazione. Non si può non andare oltre il proprio naso”, dice Benedini.
A chi lo accusa di aver ricevuto pressioni, il presidente di Fondazione Fiera risponde: “Io sono un imprenditore indipendente e libero. Su di me non sono state fatte pressioni. La scelta dello stadio è stata fata unicamente nell’interesse della Fondazione Fiera”. Ma conferma di aver incontrato Maroni, presidente della Regione favorevole allo stadio rossonero (nonché principale sponsor della candidatura di Benedini a presidente, due anni fa – alla vigilia del voto: “Ci siamo visti lunedì scorso, ho illustrato al presidente le due candidature rimaste in gara. E lui mi ha detto di scegliere in piena autonomia. Così abbiamo fatto”.
Anche con il presidente del club rossonero ci sono stati contatti. “Con Silvio Berlusconi ho un certo rapporto personale, ci sentiamo spesso. Ma del progetto ne ho parlato solo con Barbara Berlusconi, con la quale ho un rapporto esclusivamente professionale”.
E la Citroen? Potrebbe traslocare nei padiglioni 3 e 4 della Fiera, per lasciare l’area allo stadio. “Oggi i padiglioni 3 e 4 restano a servire il MiCo, ma non si esclude che in futuro possano essere occupati diversamente”.