La sfida Tra Paris Saint Germain e Chelsea è lo scontro tra due big che apre, di fatto, la caccia a un posto ai quarti di finale di Champions League. È Zlatan Ibrahimovic contro Diego Costa, certo. Sono le stilettate in conferenza stampa tra Josè Mourinho e Laurent Blanc. Ma è anche, dal nostro punto di vista, un match tra due modelli economici differenti. Da una parte, un capillare sfruttamento del brand; dall’altra, una più attenta gestione dei costi in ottica Fair Play Finanziario.
Psg: + 29% di crescita grazie al brand
Se siete già “in trincea” per vedere la partita, o invece state ancora rientrando dal lavoro, vi proponiamo un piccolo gioco. Nessun rompicapo, tranquilli. Il gioco è questo: guardate l’immagine qui sotto, postata dall’account Twitter del Psg e “dedicata” agli avversari inglesi del Cheslea, e vedete che c’è di strano.
Esatto, c’è la regina inglese con la sciarpa del Paris Saint Germain. O sarebbe meglio dire del PARIS Saint Germain. Già, perché i più attenti tra voi avranno notato che, nel simbolo del club, la parola Paris è più grande. Un’operazione che fa parte del restyling del logo voluto dalla nuova proprietà qatariota del club. L’intento è chiaro: usare il club come veicolo di sponsorship di un’intera nazione (il Qatar) attraverso il fascino di una città internazionale come Parigi. Una volontà di recente spiegata dal presidente del Psg, Nasser Al-Khelaifi, che in un’intervista al Financial Times fu molto chiaro: “Abbiamo una visione molto chiara delle cose, ad essere onesti. Vogliamo diventare uno dei migliori club in Europa, vincendo la Champions League. E portare il nostro brand a valere 1 miliardo di euro”.
Per il momento, il brand vale “solo” 324 milioni di dollari. Quello del Bayern, primo nella classifica di Brand Finance, ne vale 896. Ma il club parigino è entrato per la prima volta nella top ten del ranking dei club dal brand con il valore più alto in Europa. Con un balzo dal 24° al 10° posto. Un risultato ottenuto grazie a un lavoro costante nel tempo. Secondo i dati di Deloitte, dal 2010 al 2014 i ricavi totali del club sono cresciuti da 82 a 474 milioni di euro. Il tutto grazie all’apporto dei soldi incamerato dal comparto commerciale: 327 milioni di euro nel solo 2014, 73 milioni in più (ovvero il +29%) rispetto all’anno precedente. Per dire: il Bayern Monaco, che nei ricavi commerciali non ha nulla da imparare, nel 2014 ha guadagnato tra contratti e magliette 291 milioni di euro, 36 in meno del Psg.
Obiettivo 400 milioni dal commerciale
Un risultato nel quale la questione del contratto con la Qatar Tourism Authority, punito dal Fair Play Finanziario, ha quindi influito solo in parte. Il Psg ha stipulato contratti con Panasonic, Microsoft, Hublot, Heineken, Oooredoo e Qatar National Bank. Per non parlare di quelli legati alla maglia. Per capire l’importanza dell’immagine, il Psg, nel febbraio 2013, ha esteso la sponsorship con Emirates come Jersey sponsor, prolungando il contratto di 4 anni a partire dalla stagione 2014/15 (cioè quella attuale) per 125 milioni in tutto fino al 2018, solo qualche giorno dopo aver presentato il nuovo acquisto David Beckham. A questi, vanno aggiunti i 20 milioni annui dal rinnovo dell’accordo, sempre a partire dal 2014, con la Nike fino al 2021/22. Si tratta di 45 milioni di euro a stagione, che in caso di mantenimento del trend positivo, potrebbero avvicinare il Psg alla soglia dei 400 milioni di ricavi entro poche stagioni.
E il Chelsea si scopre virtuoso grazie al player trading
Esiste un filo comune che lega il Psg e il Chelsea. E non è solo il campo che le vede opposte in questi ottavi di Champions League. Parliamo della voglia della cosiddetta “periferia” del calcio di emergere. Parigi non ha mai vinto una Champions e in generale non ha una bacheca molto ricca. Il Chelsea è stata la prima squadra di Londra a vincerla. Se si esclude Madrid, spesso le capitali europee non hanno avuto una gran fortuna calcistica. Il Psg sta provando ad invertire la tendenza. Il Chelsea ci è riuscito, ma ora a cambiare è il modello economico.
Le sanzioni inflitte dalla Uefa in ottica di Fair Play Finanziario, benchè non particolarmente dure con le big, hanno fattio filare dritto persino il Chelsea di Roman Abramovich. Uno famoso non solo per gli “?” inviati ad un ogni allenatore dei Blues dopo ogni sconfitta via sms (si dice che Ancelotti una volta gli abbia risposto con un “!”), ma anche per essere stato in passato di manica larga in tema di calciomercato. E con l’acquisto recente di Juan Cuadrado per 32 milioni di euro, le cose non sembrerebbero cambiate. Ma non è così. Mentre Brand Finance fa retrocedere il brand del Chelsea dal 5° al 7° posto con un valore di 502 milioni di dollari, il bilancio dei Blues ha preferito guardare altrove.
Se si guarda il saldo dell’ultimo mercato (comprensivo di finestra estiva e invernale 2014/15), si scopre che il Chelsea ha chiuso in positivo con +8,5 milioni di euro (146,20 milioni incassati contro 137,70 spesi). Per fare alcuni esempi, gli onerosi acquisti di Diego Costa (38 milioni di euro), Fabregas (33 milioni di euro) e Juan Cuadrado (32 milioni) sono stati bilanciati dalle cessioni di David Luiz (49 milioni), Lukaku (35 milioni) e Schurrle (32 milioni). Un bel balzo rispetto alla stagione precedente. Nel 2013/14, il saldo totale del mercato fu negativo: -50,24 milioni di euro (76,88 incassati/127,12 spesi). Un dato, quest’ultimo, che però era già in miglioramento se incrociato con i valori relativi all’ammortamento: il Chelsea è passato in una stagione da un risultato di gestione del player trading di -44 milioni a uno di -7 milioni.
Un risultato necessario da raggiungere, per due motivi. Uno: la capienza dell’attuale stadio da 44mila posti non permette ulteriori ricavi dal matchday (84 milioni nel 2014). Due: i ricavi commerciali sono sì schizzati a 135 milioni nell’ultimo anno, ma la fine del contratto con Samsung come jersey sponsor rappresenta una sfida e al contempo un’incertezza per i Blues.